Lo guardava con quella faccia curiosa.
Tipica di una madre che riscopre le gestualità di suo figlio, dopo anni di trepidante attesa e speranza.
Era un miracolo, ogni suo gesto, era lo scorrere a ritroso degli anni.
Era la concessione di qualche ora.
Sapeva che prima o poi sarebbe scomparso da sotto i suoi occhi.
Niente di ciò che vedeva era reale.
Ma era certa che fosse una stupenda allucinazione.
Vincent camminava avanti e indietro grattandosi la testa.
Era nervoso.
Non sapeva chi era.
E ad essere sinceri, neppure Berta aveva la più pallida idea di chi fosse quella copia perfetta, quel sosia.
"Mi stai dicendo che il tempo ha un nome" ripeteva lui, sorpreso.
"Beh, non lo definirei un nome, direi piuttosto che è un modo di etichettare gli anni. Li chiamiamo millenovecentonovantatré, duemila e uno e così via"
Aveva la strana impressione che il ragazzo di fronte a lei stesse fingendo: insomma, chi non conosce la propria epoca?
"E' come se nella mia testa ci fossero dei pensieri non miei, non so come spiegarlo"
Ma lei lo sapeva: anche il suo Vincent li aveva, pensieri non suoi.
Ogni tanto pensava come suo padre, ogni tanto come il protagonista di un film e ogni tanto come il personaggio di una qualche sua fantasia.
Vincent era volubile, proprio come la sua copia.
"Se la tua mente è vuota come quella di un bambino, come facevi a sapere che con le tende del mio salotto potevi spegnere l' incendio?"
Il giovane si fermò e la guardò per qualche momento "Perché tu lo sapevi. Credo di sapere molte cose di te"
Berta fece una strana espressione "Davvero?!" parve sconvolta "E come può essere?"
"Sei stata tu a dipingermi" le ricordò lui accennando a sedersi.
"Fermo!"
Vincent si bloccò colto alla sprovvista.
"E' che... insomma, non sei ancora asciutto, non vorrai sporcarmi il divano"
Sembrava che avesse riacquistato una strana lucidità.
Non era il suo Vincent, era solo una copia, era tutto sotto controllo.
Eppure, quando lui tornò in piedi con un' aria smarrita, Berta cominciò a tirar su col naso "Ci sono dei biscotti in cucina"
Vincent storse il naso con esitazione "Non voglio sporcare la credenza"
"Oh" fece lei con un gesto della mano "Non importa, non mi interessa. Credo... credo che tu possa mangiare, no?"
Vincent fece spallucce e poi cominciò a tremare.
Alla donna si strinse il cuore.
"Non lo so" ammise lui "Ho già provato quei sapori, attraverso te, attraverso i tuoi ricordi. Ma non li ho mai davvero assaggiati"
"Allora prova" sorrise lei.
Si scambiarono una lunga occhiata carica di interrogativi, di parole non dette e di preoccupazioni.
Quante emozioni trasparivano da quegli sguardi, un verde smeraldo penetrante.
Erano in cucina e Vincent aveva assaggiato il suo primo biscotto con una lentezza disarmante, quasi volesse testare l' effetto di ogni briciola.
E qualche secondo dopo ne aveva divorata mezza confezione, accompagnato dall' incredulità della donna.
Era come se avesse improvvisamente scoperto la golosità, e al momento, poteva essere uno dei suoi vizi capitali preferiti.

STAI LEGGENDO
Over the frame
FantasyInverno. Mancano pochi giorni a Natale. La padrona di casa, Berta Moore, è una pittrice. Dopo sei anni dalla tragica scomparsa del figlio, decide di dipingerne il volto. Il ritratto viene incorniciato e posto nella parete di fronte alla quale è appe...