2. Il ritorno

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Il ritorno

Il treno scorreva veloce sui binari così come il panorama al di fuori di esso.
Guardava il mescolarsi del verde degli alberi con l'azzurro del cielo per poi passare al marrone delle montagne.
Era fermo con la testa contro al finestrino gelido, a ogni respiro vi si creava l'alone di condensa.
Era pensieroso e ciò non era un bene.
"Fred, tutto bene?"
"Sì, alla grande" ma ciò non era vero, ogni volta che tornava nel suo paese Natale tutto cambiava, soprattutto lui cambiava.
Era scappato da quel luogo subito dopo quell'incidente, quello che gli aveva cambiato la vita.
Il suo gemello aveva deciso di seguirlo perchè, beh, nessuno poteva vivere senza l'altro.
A volte si domandava com'era possibile che, dopo quello che era successo quattro anni prima, fosse ancora al suo fianco. George aveva lasciato tutto là: la casa, la famiglia, gli studi, la sua ragazza, gli amici.
Tutto ciò che lo rendeva ciò che era.
"Sai, io non ti capisco, quello è stato un incidente, non era colpa tua..." disse George porgendogli un bicchiere contenente del caffè caldo, ma venne interrotto "Era colpa mia, è colpa mia e sarà sempre colpa mia, cos'è che non capisci?" sospirò prendendo il bicchiere dalle mani del gemello.
Non riusciva a darsi pace e sapere che il gemello non capiva il perchè lui si sentisse così lo faceva stare ancora peggio.
Il treno iniziava a rallentare, segno che erano ormai vicini. Fred, dopo l'ennesimo sospiro, si alzò prendendo il suo giaccone e il cappello di lana regalatogli dalla madre il Natale precedente.
"Fred..." disse George il quale ricevette solo un sorriso spento da parte del fratello.
Da quattro anni a quella parte non riuscivano più a capirsi come prima e entrambi, a modo loro, ne soffrivano.

Ad attenderli alla stazione, come sempre, c'erano quasi tutti i Weasley.
La madre come al solito si asciugava le lacrime, commossa dal fatto che dopo 12 mesi di lontananza i due fossero tornati, accanto a lei c'era Ginny, Fred se la ricordava un po' più piccola e paffuta. Solo allora se ne rese conto: si stava perdendo gli anni migliori della vita di sua sorella. Storse il naso, tutto questo l'aveva voluto lui. Passò lo sguardo sulla persona accanto alla sorella, suo fratello Percy li guardava con aria di disapprovo. Capiva quello sguardo, ne aveva tutte le ragioni, lui se lo meritava ma George no. La colpa era sua, non quella del gemello.
"Ragazzi, bentornati" disse il padre dandogli una pacca sulla spalla, Fred abbozzò il solito sorriso.
"Grazie" rispose George guardandosi intorno, cercava qualcuno e Fred sapeva anche chi "Angelina!" urlò poi facendo voltare mezza stazione verso di loro, Fred si poggiò una mano sul viso cercando di trattenere una risatina nervosa e impacciata.
Ora ci sarebbe stata anche lei ad accoglierlo se solo fosse stata ancora viva.
Ma il problema era proprio questo: se lei fosse stata ancora viva lui non se ne sarebbe mai andato.
"Com'è andato il viaggio?" chiese subito la madre "Una meraviglia" rispose solamente guardando il gemello che correva verso la sua ragazza, sorrise amorevolmente.
Sapeva che George doveva restare là, quella era la sua casa, era il posto adatto a lui.
Lì aveva tutto ciò che voleva: amore, amicizia e fama.
Sarebbe riuscito a continuare gli studi per poi diventare un famoso chimico, avrebbe messo su famiglia. Sarebbe riuscito ad avverare tutti i suoi sogni, peccato che era un tipo testardo e non capiva che, a causa di un problema unicamente legato a Fred, stava perdendo tutto lentamente.
"Sono così felice di rivedervi, siete mancati tantissimo a tutti" squittì Ginny allegra.
"Anche voi mi siete mancati tantissimo, piccolina" Fred strinse la sorella in un caloroso abbraccio. Ah, quanto gli erano mancati, tutti.
"Che ne dite se andiamo a casa?" chiese il padre sorridendo apertamente.
"Penso che George tornerà con Angelina" continuò poi guardando i due.

"Che ne dite se andiamo a mangiare fuori?" Fred rabbrividì all'idea, i suoi genitori non potevano permettersi molto e non voleva che sprecassero soldi inutilmente.
"No, che ne dite se restiamo a casa? Mi mancavano i manicaretti della mamma e non vedevo l'ora di poter mangiare..."
"Fred, tranquillo, per noi non è un problema, ultimamente le cose stanno andando bene a lavoro" disse il padre sorridendogli, era riuscito a capire il suo intento. Fred sorrise e annuì.
Ormai non era più bravo a mentire come una volta.

Una delle cose che gli mancava del suo paese era il mare, avevano la fortuna di averlo a pochi passi da casa.
Ogni volta, di notte, si lasciava trasportare totalmente dal suono delle onde. Lo preferiva di gran lunga rispetto al caos continuo della città.
Prese un respiro profondo e decise di alzarsi da quel letto, proprio non riusciva a dormire.
Spostò le coperte pesanti dal suo corpo rabbrividendo a causa del vento da loro provocato, poggiò i piedi sul tappeto freddo, rabbrividì al contatto. Prese i vestiti lasciati sulla sedia qualche ora prima e si vestì velocemente.
Senza fare alcun rumore scese le scale, uscì di casa e si diresse verso il mare.
Una volta arrivato sulla spiaggia storse il naso, lei odiava il mare, anzi, odiava tutto ciò che lui amava.
Non erano mai d'accordo su niente, eppure si amavano. Però, pure se con poca voglia, lui cercava di fare ciò che a lei piaceva e lei lo stesso.
E appunto per questo, per accontentare lui, che lei non c'era più.
Guardò l'immensa distesa d'acqua tinta di nero, la luna si rifletteva sullo specchio d'acqua e ciò sembrava rasserenarlo anche se per poco.
Camminò ancora fino ad arrivare sul bagnasciuga, una volta arrivato là si sedette, rimase per molto tempo ad ascoltare le onde del mare. Rimase così a lungo da poter assistere all'alba, se la Luna sembrava rendere magico il mare durante la notte, il Sole sapeva dargli quell'allegria che a lui mancava.
Quanto avrebbe voluto poter vedere l'alba in modo diverso, magari senza sensi di colpa, magari con lei.
Quanto avrebbe voluto poterla avere ancora al suo fianco.

"Fred, dove sei stato?" chiese George guardando il soffitto della camera, Fred non gli rispose. Lui non voleva ferire il gemello, anzi, gli voleva un bene incredibile ma da quel giorno tutto era cambiato e questo lo sapevano entrambi.
George era il buono, Fred il cattivo.
"Sono stanco" gli disse poi "Sono stanco di vederti così. Non è colpa tua, capisci? Tu non c'entri niente con la sua morte!" gli urlò contro. Era raro vedere George perdere le staffe, così come era raro vederlo inveire contro il proprio gemello.
"George è colpa mia, se quel giorno non avessi deciso di andare a fare un giro in barca a vela ciò non sarebbe successo. Lei ora sarebbe ancora qui, con me"
"E' stato un incidente, il mare era agitato..."
"Appunto, non sarei neanche dovuto uscire in mare aperto con la vela, capisci? Lei odiava il mare eppure l'ho costretta a seguirmi. Se solo non avessi perso il controllo, io...se solo..." le lacrime scesero calde e veloci sul viso di Fred lasciando a bocca aperta George.
Fred non aveva mai pianto in pubblico, neanche davanti a lui.
"Fred..."
"Non è niente, ora scusa ma ho bisogno di una doccia" e lo lasciò da solo in quella stanza.
George mai come in quel momento aveva provato pena per il suo gemello. Avrebbe tanto voluto poter prendere un po' del suo dolore e tenerselo per se, solo per non farlo stare così male.
Fred aveva bisogno di aiuto.

Dopo essere uscito dalla doccia si guardò allo specchio, riflesso al suo interno non c'era il ragazzino di quattro anni prima, ma solo un ragazzo distrutto dalle colpe e dai ricordi.
Neanche si riconosceva più.
Chi era lui?
Cosa ne stava facendo della sua vita?
Lui non era nessuno e nella vita non aveva mai concluso niente.
Si passò le mani sul viso, la barba gli stava ricrescendo e i capelli arrivavano appena sotto i lobi delle orecchie.
Doveva sistemarli, almeno un po'.
Tornò a guardarsi nello specchio, i suoi occhi celesti erano nascosti da uno strato di apatia, tristezza perenne. A volte sembrava aver perso ogni tipo di sentimento, ma non era così. Aveva solo imparato a controllarli, a tenerseli dentro, giusto per non far capire alla gente cosa provava lui in realtà.
Si vestì velocemente e scese al piano di sotto, giusto per mangiare qualcosa al volo e andare a trovare un vecchio amico. Di stare in quella casa non ne aveva voglia, tanto meno andare in giro per il paese.
Sperava solo che quelle due settimane passassero in fretta perchè ogni minuto che passava sentiva l'angoscia crescere a dismisura mentre la forza di continuare a fingere di essere felice calava.
"Fred, caro, cosa ti va di mangiare?" gli chiese la madre non appena il ragazzo mise piede in cucina, la tavola era ricca di vivande di ogni tipo, dal dolce al salato.
"Credo mangerò solo qualche puncake, vado di fretta" la donna annuì e posò davanti a lui un piatto colmo di puncake "Ci vuoi il miele, lo sciroppo d'acero o la cioccolata?" chiese ancora la donna, Fred sorrise, non sarebbe mai cambiata.
"Tranquilla, faccio io" prese il miele e lo lasciò cadere sopra i puncake sotto lo sguardo vigile e dolce della madre.
"Sai che se qualcosa non va puoi parlamene, vero?" Fred si bloccò per poi sorridere "Sì, lo so" rispose solamente.
Perchè tutti erano fissati nel volerlo far parlare?
Lui non ne aveva voglia, non ne aveva il coraggio, e ne aveva avuto la prova pochi minuti prima in camera con George.
Parlarne significava mettersi a nudo, dire ciò che lo tormentava, significava farlo stare peggio e lui aveva paura.
Paura che tutte quelle sofferenze l'avrebbero sopraffatto.
E lui non voleva.
Aveva bisogno di aiuto, è vero, ma lui non lo voleva.
Sarebbe riuscito ad affrontare tutto quel dolore, un giorno.

Lost in the dark of the night //Fremione\\ Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora