Q; In cerchio

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Era pomeriggio, due giorni dopo l'accaduto. Avevi scoperto ciò che avevo fatto dopo aver parlato con Taehyung.

Eri rimasto in silenzio per tutto il giorno poi, dopo un film di Woody Allen, sei scoppiato.
«So quello che hai fatto». Una gran bella frase d'effetto per spezzare il silenzio. Bravo, mi complimento con te per la scelta, Jimin.

«Ah» risposi, «E... Che cosa ho fatto?».

Ti eri alzato dal divano posizionandoti davanti a me.
Mi guardavi negli occhi, coraggioso.

«Vorresti non essere innamorato di me, vero?» ti chiesi.

Ricevetti uno schiaffo come risposta. Non era la prima volta ma se eri tu, a farlo, me lo facevo andar bene.

Provai a giustificarmi, quel pomeriggio.
Provai a dirti che avevo bevuto, che se non te l'avevo detto prima era perché non l'avevo trovata una cosa rilevante, che a me non importava di Hoseok, che era solo un amico.
Ma ti avevo deluso così tante volte che ogni tentativo falliva in partenza.

Fuggivo in cerchio e ricapitavo
tra le tue braccia. Forse perché sbagliavo strada o forse perché era quello il posto in cui avrei preferito rifugiarmi.

Mi lanciavi tutto ciò che ti capitava tra le mani: dai libri ai cuscini, alle mele.
Piangevi così forte che spesso ti fermavi col desiderio di riprendere fiato. Mi urlavi contro quanto mi odiassi e cercavi di capire come mai ti continuasse ad importare così tanto di me, dopo tutto quello che passavi a causa mia.

«Vattene via».

«Scusami Jimin, ma questa è anche casa mia e non voglio andare via, lontano da te».

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