Il peggio

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<<Fate silenzio!>> comanda Riccardo dal fondo del corridoio vicino all'ascensore.

Vicino a lei, la misteriosa Julie si fa avanti.

<<Domani uccideremo ogni Fedele. Domani conquisteremo la nostra libertà. La libertà nostra e di tutti coloro che soffrono. Poiché la fuori c'è il mondo. E il mondo esplode, il mondo grida, piange e soffre. Ma non demorde.>> il suo viso una fitta di serietà. <<Esso infuria nonostante le sue ferite. E fa guerra.>> continua passando in rassegna con lo sguardo tutti noi, che la stiamo accerchiando e ascoltando come se lei fosse una divinità e noi sui discepoli.

Jasper vicino a me fissa i due leader, come me. <<E sarà con una guerra...>> continua Julie <<... che noi impediremo al mondo di distruggersi.>> dice. Il suo sguardo incontra il mio sparando dritto sul mio mento i ricordi di ciò che ho fatto con lei alcune ore fa. Il mio corpo si veste di brividi e la mia mente sussurra al nulla del suo udito <<Traditore. Traditore.>>

<<Perchè noi cerchiamo la pace. Perchè noi, da essere suoi figli, adesso la disprezziamo, la madre guerra.>> si interrompe. Sta dritta come un soldato sull'attenti. Non osa scomporsi, il suo fiato regolare e impercettibile. Riccardo accanto a lei, con lei mani dietro la sua schiena. Sembra un quadro. Altri secondi di silenzio. <<E per uccidere Madre Guerra, dobbiamo prima uccidere Padre Guerra.>> dice misteriosa. Sia io che Jasper ci scambiamo sguardi interrogativi per circa due secondi, anche se Jasper sembra aver capito qualcosa. <<Il padre di Matteo!>> grida Julie, la sua esclamazione come una tromba di guerra pervade nel piano. I soldati rispondono a quest'appellativo e iniziano ad esultare, innalzano grida, battono le mani, fischiano. E piano piano io inizio ad essere circondato da un involucro d'ombra, al di fuori tutti fanno festa, e io dentro. Sono prigioniero, fottutamene prigioniero in questa gabbia oscura, che è l'inconsapevolezza. Mi sembra che tutti in questi mondo sappiano, che tutti in questo mondo siano consapevoli. Tutti sanno cogliere il doppio senso di certe parole, io no. Tutti conoscono lo stato del mondo fuori da questo palazzo, io no. Pieno di imbarazzo, come se chiedere fosse sintomo di ignoranza, anche perchè lo è, mi volto con l'intensità di un mormorio verso Jasper, pronto ad avere chiarimenti su ciò che Julie ha appena detto.

Sento il richiamo della debolezza dentro di me, che scorre come un veleno nelle vene. Vorrei mettermi a piangere come la più frignona delle bambine. Ma non posso farlo. Perchè diamine, sono forte. Sono ancora in piedi. E sto ancora combattendo. Perchè io rivoglio Francesca. <<Jasper.>> mormoro imbarazzato anche se preso di coraggio. <<Cosa intende dire Julie?>> cerco di farmi il più piccolo possibile tra gli schiamazzi dei Ribelli, così che nessuno possa vedere la mia condizione. <<Matteo.>> abbozza Jasper. Poi si fa serio. <<Perchè ti ostini a non capire?>> chiede fissandomi gli occhi. <<Tutto questo...>> dice roteando gli occhi per guardare tutto intorno. <<Tutto questo è qui perchè tuo padre l'ha voluto.>> dice con un tono che lascia presagire di non aver finito il suo discorso. E io lo ascolto cercando di tenere a bada le mie emozioni. <<Tu, Francesca, Chiara, Davide. E' stato tutto stabilito.>> la consapevolezza che Jasper sta toccando temi davvero molto importanti sta smuovendo montagne dentro di me e la mia pancia è inondata da brividi e fitte di dolore a causa di questo. Le mie ginocchia tremano anche se impercettibilmente e nei miei denti nasce lo stimolo di iniziare a battere uno sull'altro, superiori contro inferiori. <<Ma perchè!? Perchè volevano che io e Francesca diventassimo omosessuali!?>> come quella di un pazzo la mia voce <<E perchè cazzo avevano bisogno di controllarci mentalmente come schiavi!? Parliamo di mio padre , di mio zio.>> chiedo esasperato portandomi le mani a coprire gli occhi e a strizzarli. Nella mia gola si accumula un urlo che esige di essere espulso. Jasper mi sta difronte impietrito. Così mi calmo in un sospiro, riportando le mani al loro posto. Jasper è evidentemente rimasto senza parole, non sa più cosa dirmi per tranquillizzarmi, pensa con estrema attenzione alle sue parole ma la mia espressione lo scoraggia. Però mi impegno a soffocare l'urlo nella mia gola, voglio ascoltare quello Jasper ha da dirmi. <<Tutti gli esperimenti su di te e Francesca... .>> abbozza cercando nei miei occhi il mio consenso per farlo parlare. Sta camminando su un lago ghiacciato, ma il ghiaccio si sta sciogliendo sotto ai suoi piedi, un passo falso basterà ad ucciderlo. <<Servivano a tuo padre... per il giorno. Quel giorno. Il giorno dell'evento.>> ha fallito, il ghiaccio si è spezzato e si è aperto in una voragine mortale sotto di lui. Non posso credere alle mie orecchie. Mi ero messo di impegno per dimenticare quelle due fottute parole messe vicine "giorno" ed "evento". E adesso Jasper me le ha risputate tutte in faccia. Il mio colorito della pelle si fa di un rosso selvaggio ma nello stesso tempo di un bianco cadaverico. <<Lo sapevo questo! Jasper!>> esplodo in un urlo soffocato di rimprovero, coperto dal rumore dei soldati e dei loro leader che nel frattempo continuano ad incoraggiarli per gli eventi di domani. I miei occhi si dissetano delle loro lacrime, ma il mio viso non è quello di uno che sta per piangere. Lo leggo negli occhi Jasper, sono lucido, consapevole e incazzato, profondamente incazzato. <<Lo sapevo già.>> ripeto un'altra volta con un tono di voce più basso ma dosando con il contagocce l'intensità su ogni singola parola affinché fuoriesca cristallina e forte nella sua ira. <<"Il giorno dell'evento" tutto questo è stata solo una preparazione per quel giorno, ok. Ma cos'è questo giorno di cui mi parlano da tutta la vita!?>> chiedo senza fare una piega anche se riducendo il mio tono violento ad una supplica. Le mie pupille balzano avanti e indietro alla ricerca nel suo viso di un qualcosa che possa essere riconducibile ad una risposta. <<Lo sai cos'è?>> chiedo come una supplica, come una preghiera che lui lo sappia. Ma il silenzio spegne la speranza nella mia preghiera e assalta la luce nei miei occhi. <<Posso solo dirti, Matteo, che c'entra con la guerra. La guerra fuori dal palazzo.>> mormora dispiaciuto di potermi dire così poco, con voce irregolare e tremolante. <<Non so altro.>> sussurra triste. Le sue calde pupille si lucidano del suo dispiacere, così scelgo di sorridergli, in segno di gratitudine.

STORIA DI UN PECCATODove le storie prendono vita. Scoprilo ora