Capitolo 1

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Alexander si sistemò la tracolla sulla spalla, osservando il ragazzo che l'aveva colpito. Non aveva mai visto in vita sua un uomo così stravagante, con i capelli acconciati in quel modo e due occhi così stranamente scuri.
 «Stavo fissando... uhm... il cielo!»
Il moro si grattò distrattamente la testa, vergognandosi tremendamente di quella risposta che aveva dato all'estraneo. Sicuramente risultava oltre ogni modo pazzo. Inizialmente Magnus aveva corrugato la fronte, per poi sorridere e poggiargli distrattamente una mano sulla spalla. Quell'innocente gesto fece fremere Alexander.
«Tranquillo, io stavo guardando l'asfalto. Siamo pari!»
Alexander sorrise titubante, passandosi una mano tra i capelli come ogni volta che era nervoso per qualcosa.
«Scusami ancora, davvero. Beh... allora... buona gioranta.»
Si allontanò di tutta fretta, intimidito da quella figura nettamente più alta di lui, con due occhi che lo scrutavano, limitandosi ad agitare la mano in segno di saluto. Magnus alzò un sopracciglio sorpreso, perché pensava che l'avesse riconosciuto. Tutti in città sapevano chi era, possibile che quel ragazzino ignorava l'esistenza del magnifico fotografo Magnus Bane? Soprattutto un ragazzino gay, visto che riceveva molti apprezzamenti dai giovani. Alzò le spalle e proseguì il suo cammino, avviandosi a passo spedito verso l'agenzia di modelle che era solito frequentare. Non voleva volti già noti ai più, lui voleva qualcuna che ancora doveva sbocciare, qualcuna che nessuno conosceva, il cui nome era noto solo a chi le era vicino affettivamente. Non vedeva l'ora di sfogliare le varie fotografie che avrebbe trovato, di trovare quello sguardo sexy e felino che cercava, quella donna accattivante e sicura di sé che avrebbe mandato il messaggio giusto di bellezza.
Si incamminò evitando accuratamente di cozzare ancora contro qualcuno, soprattutto perché le strade iniziavano ad affollarsi sempre di più e lui era stato totalmente sciocco a non farsi accompagnare dal suo autista, o perlomeno da un tassista. Però passeggiare gli era mancato, sentirsi una persona normale e qualunque gli era mancato. La fama a volte lo faceva arrabbiare, perché ogni cosa che diceva o faceva veniva osservata in ogni minuscolo dettaglio. Aveva sempre tenuto alla sua privacy, ma pian piano era stata scoperta. Aveva rotto tutti i rapporti che aveva con i suoi vecchi amici, piccoli e arroganti avvoltoi che si erano arricchiti vendendo i suo segreti, il suo passato. Solo qualche mese prima un vecchio conoscente d'infanzia aveva rivelato ai giornalisti che era rimasto orfano, che aveva vissuto un'infanzia infelice in Europa, paese da dove veniva. I paparazzi lo avevano seguito ovunque, era stato costretto ad assumere una guardia del corpo per potersi difendere da tutti quelli che volevano un pezzo di lui dopo quella storia. Era sempre stato attento ad evitare quelle domande, su chi era prima di essere famoso, sulla sua famiglia. Alla fine aveva rilasciato un'intervista con una rivista di gossip alla quale aveva lasciato l'esclusiva, era stato costretto a farlo, almeno avrebbero smesso di inseguirlo ovunque. Aveva raccontato che suo padre era morto quando ancora era piccolo, mentre la madre si era suicidata per il dolore della perdita del marito. Lui era rimasto solo, cresciuto in un orfanotrofio. Quando era diventato maggiorenne era emigrato in America, a New York, dove aveva iniziato a lavorare in uno studio fotografico come aiutante. Poi era stato notato e il resto era storia che tutti conoscevano. Non era entrato nei dettagli, non avrebbe riaperto quella ferita che ormai si era rimarginata, non voleva che altro sangue sgorgasse inutilmente dal suo cuore. Il passato doveva restare alle sue spalle, ormai lui era un adulto e pensava solo al suo presente, il futuro sarebbe restato per sempre un mistero.
Sospirò, stringendosi nelle spalle mentre si avvicinava al palazzo dove c'era lo studio che gli interessava. C'era ancora chi gli poneva certe domande, ma preferiva non rispondere per evitare spiacevoli emozioni. Scosse il capo, sorridendo tristemente e passando attraverso le porte scorrevoli che si erano aperte. Si avviò all'ascensore e aspettò che scendesse al piano, per poi entrarvici e salire fino al numero 22. Le porte si aprirono direttamente nello studio, dove una segretaria stava seduta dietro ad una scrivania, indaffarata al telefono. Appena vide Magnus gli sorrise, indicandogli con un cenno del capo dove si trovava il suo capo. In risposta lui gli fece l'occhiolino, infilando le mani nelle tasche del suo cappotto e avvicinandosi alla porta. Prese un profondo respiro e vi entrò, osservando quell'ambiente che per lui era famigliare, dove le pareti erano colme di fotografie famose di modelle che avevano conosciuto la gloria, ma che prima erano passate in quell'ufficio, alcune delle quali diventate famose grazie a lui. La donna era al telefono e alzò l'indice a Magnus, avvisandolo che aveva quasi terminato quella telefonata. Lui ne approfittò per riguardare quelle foto, restando a fissarne una in particolare: una giovane donna dai lunghi capelli biondi, che ricadevano leggeri come aria sulle spalle delicate e bianche, gli occhi che perforavano quello scatto, dove lei era completamente nuda, avvolta da un leggerissimo e trasparente lenzuolo bianco; l'unico ornamento che aveva era una collana con un incantevole rubino rosso sangue. Sospirò e sorrise ripensando a quel giorno ormai lontano.
«Camille era radiosa in quel servizio, tu hai saputo cogliere la sua bellezza. E ora state persino insieme!»
Magnus si voltò ghignando verso la donna, di poco più bassa di lui, dai lunghi e crespi capelli castani.
«Tu l'avresti mai detto?»
La donna si mise a ridere, sedendosi su una sedia per gli ospiti e osservandolo dal basso.
«Ne eri tremendamente innamorato, Magnus, ed entrambi sappiamo che ottieni sempre ciò che vuoi.»
Magnus annuì, tornando a guardare la fotografia. Sì, lui era stato innamorato di Camille, ma non avevano mai avuto un contatto fisico. Non perché non voleva mischiare lavoro e vita privata, ma perché sapeva che Camille non amava nessuno. Era quel tipo di donna che riusciva ad amare solo se stessa, mentre gli altri venivano usati come e quando voleva lei. Il fatto che nessuno avesse capito che la loro relazione era tutta una messinscena era rassicurante.
«Allora, che tipo di modella vuoi? Ne ho un paio nuove, belle fresche.»
Storse il naso pensando che in ogni agenzia le ragazze venivano trattate come carne da macello, ma ci aveva fatto l'abitudine. Lui da solo non poteva sconfiggere nulla, soprattutto se in primis erano le ragazze a farsi trattare in quel modo.
«Niente di fresco, dammi qualche foto di ragazza che useresti per... Non per sfilate di moda, ma come modelle temporanee su qualche rivista per teenager.»
La donna sorrise e si alzò, facendo il giro della scrivania e aprendo il primo cassetto. Estrasse un book bianco, porgendolo poi al ragazzo, che lo prese e si sedette davanti a lei, aprendolo e iniziando a sfogliarlo. Tutte le ragazze all'interno di quell'album meritavano una chance e lui avrebbe voluto offrire i suoi servigi a tutte loro, ma nessuna aveva quel qualcosa che l'aveva letteralmente lasciato a bocca aperta. Pensò che era del tutto inutile, che probabilmente avrebbe dovuto passeggiare a Central Park e scegliere una ragazza che avrebbe catturato la sua attenzione. Ci stava davvero rinunciando, perché tutte quelle ragazze sembravano comunque uguali e lui voleva qualcosa di diverso. Finché, verso la fine, notò quella ragazza, trovandola assolutamente perfetta: lunghi capelli neri e lisci, pelle chiara, due labbra piene e rosse, occhi scuri e grandi, un piccolo neo sopra il labbro a destra. Il fisico era mozzafiato, perché era assolutamente normale, ma aveva un seno prosperoso e glutei perfetti, tondi e sodi; l'espressione era sensuale e felina, la pelle sembrava fine porcellana. Lesse velocemente la descrizione accanto al suo nome e notò che era bassa, arrivando a malapena al metro e sessanta. Ma non gli importava, si era immediatamente innamorato di quella ragazza e il suo desiderio di fotografarla era cresciuto, facendogli fremere le mani.
«Dammi il suo numero, per favore.»
La donna lo guardò con le sopracciglia alzate, incredula di quello che aveva appena sentito.
«Magnus, ma sei sicuro? È bella oltre ogni dubbio, ma...»
«Niente ma, ho già così tante idee di foto che non posso stare fermo con le mani in mano.»
La donna si arrese, cercando il numero della ragazza dal computer e dandolo a Magnus, che sembrava un bambino alla quale avevano appena regalato una fornitura a vita di caramelle e dolcetti. Uscì dallo studio tremendamente soddisfatto, sentendo che quella giornata sarebbe stata buona sotto ogni punto di vista, così non perse tempo e subito chiamò la ragazza.


Autumn in New York | Malec AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora