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Arlene era persino più piccola di Chesterville. La Main Street era una strada larga, costellata da piccoli edifici tutti immersi nell'oscurità. Tutti tranne uno: una catapecchia di legno con un'insegna basculante. Da una piccola finestra scaturiva una luce lattiginosa. Ripper la superò e, mentre rombava ammazzando la quiete di quel posto, si rese conto di non sapere dove dirigersi.

Rallentò, fece inversione e tornò alla bicocca con l'insegna. Sul pannello di legno erano disegnate una scarpa e un martello. Smontò e si diresse alla porta. Avvicinò il viso al vetro polveroso e sbirciò all'interno senza riuscire a vedere molto. La luce veniva fuori da un andito, in fondo, che costituiva il passaggio per raggiungere un'altra stanza. Non c'erano movimenti di sorta né sentiva rumori provenire dall'interno. Se qualcuno c'era, doveva essere maledettamente silenzioso. Decise comunque di bussare. Restò in attesa e quando decise per una seconda, energica bussata, una sagoma sbucò dal nulla e barcollò fino alla porta. Ripper riuscì a capire solo che si trattava di un ometto minuto. L'ometto si fermò a non più di tre passi dalla porta, proprio dove iniziava la zona d'ombra dell'anticamera.

«Siamo chiusi», disse.

Dalla voce sembrava anziano.

«Questo lo vedo», fece Ripper. «Voglio solo sapere se nei paraggi c'è una fattoria.»

«L'unica che mi viene in mente è la fattoria dei Miller, ma è abbandonata da un pezzo.»

«Come ci arrivo?»

L'uomo si prese qualche secondo prima di rispondere. «Devi proseguire verso est. Quando arrivi al bivio, prendi a destra. Esci dalla città e tira dritto per un paio di miglia. Te la vedrai sbucare sulla destra.»

Ripper restò a osservare l'ometto in ombra. Non riusciva a vederlo in faccia e la cosa lo innervosiva. Aveva la sensazione di parlare con un fantasma.

Dacci un taglio con queste stronzate.

«Dritto verso est, destra, e ancora dritto per due miglia. Tutto chiaro», disse e si voltò per andarsene.

«Ragazzone», chiamò l'ometto.

Ripper si congelò mentre era ancora nell'atto di girarsi. Una lama di ghiaccio gli si piantò nella schiena e la pelle gli si accapponò di colpo. Provò a parlare all'ometto che lo spiava dal suo fortino di tenebra, ma quando aprì bocca gli uscì solo un sussurro incomprensibile.

«Non c'è nulla in quella fattoria. Ci troverai solo i fantasmi dei Miller che vagano per le stanze della casa patronale.»

«Chi sei?» chiese Ripper.

Iniziava a pensare che oltre quel vetro ci fosse Red. Un Red con la gola tagliata e un buco nel cranio, grosso come una noce, dal quale si intraveda la massa spugnosa e pulsante del cervello.

«Cosa vai cercando, eh, figliolo?» chiese

(lo spettro)

l'ometto oltre il vetro.

Era Red, non poteva essere che lui. Non era riuscito a convincerlo durante il trip mentale sulla collina e aveva ottenuto un lasciapassare dal Vecchio Barbuto per tornare tra i vivi e ribadire il concetto.

«Fanculo», ruggì Ripper.

Un'espressione furente gli imprigionò la faccia mentre afferrava il pomello e iniziava a strattonarlo come se volesse sradicare la porta dai cardini. Il vetro tintinnò. La figura bruna non fece una piega per tutto il tempo, cosa che accrebbe la furia di Ripper.

«Finocchio del cazzo! Fatti vedere o giuro che do fuoco a questa bicocca di merda!»

Ripper iniziò a prendere a calci la porta. Solo allora l'uomo decise che era giunto il momento di darsela a gambe. Girò i tacchi e infilò a tutta birra l'andito dal quale era sbucato. Per un breve istante la luce lattiginosa dell'andito illuminò i suoi lineamenti. Ripper poté vedere che non si trattava di Red e da incendio che era, la collera si ridusse a un focherello sulla capocchia di un cerino.

L'ombra degli AngelsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora