Capitolo 9 - Alba

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Colin Parks è morto.
Gray mi guarda.
Sincero.
Dannazione.
“M-ma…perché?”
Perché farci questo.
Perché cancellarci.
“Pensaci: un manipolo di persone terrorizzate. Ognuna con un compito apparentemente innocuo da svolgere. Non conoscono il piano generale, non conoscono il loro aguzzino, non si conosco nemmeno tra loro. Anche venissero scoperte, non c’è modo di risalire a lui. E soprattutto,non hanno un luogo in cui fuggire. Non esistono più, semplicemente. Morti anche se vivi”.
I migliori seguaci.
I complici perfetti.
Chiudo gli occhi, lampi di ricordi esplodono dietro le palpebre.
Il cadavere.
La fuga.
Rachel.
Paul…
“Quindi tu sapevi cosa mi sarebbe successo, fin dall’inizio” Un ringhio mi sale alla gola. “Sapevi che Paul sarebbe morto in modo così…così…”
Gray deglutisce il suo disagio fin troppo facilmente. “Era necessario. Non potevo scoprirmi per così poco, rischiando…”
Le parole successive, così come la sua guancia e qualche dente, vengono investite dal pugno che gli sferro dritto in faccia.
Così poco.
Gray cade a terra, e subito gli sono sopra, nelle mani la pistola che poco fa ha lasciato cadere per slegarmi.
Gliela punto dritto in mezzo agli occhi. “Chiedilo a Paul se era ‘così poco’, la prossima volta”.
A Paul, a me, a tutti quelli la cui vita è stata distrutta, per sempre.
Lui tace. Impossibile replicare.
L’adrenalina mi fa tremare. È una notte d’inferno, e in qualche modo l’inferno è entrato anche dentro di me.
Forse hanno ragione.
Colin Parks non esiste più.
E impareranno a temere colui che ha preso il suo posto.

Gray mi guarda oltre la pistola, sguardo fermo, voce un po’ meno. “Aiutami a fermare quel folle”.
“Così come tu hai aiutato me?” l’indice scivola con facilità ad accarezzare il grilletto.
“Colin”
“Colin è morto”.
“Allora aiutami a vendicarlo. Lui, Paul, e tutti gli altri. Ora so cosa ha in mente. Se… se non lo fermiamo, sarà la fine. Quella vera. Per te e per tutti”.
“Perché? Si può sapere cosa diavolo vuole quel folle?”.
Gray respira a fondo. “Domani ci sarà un colpo di stato”.

Un colpo di stato.
Nella notte silenziosa, ogni battito di cuore sembra un’esplosione.
“Spiegati”
“Lui… non so chi sia. Ma so cosa vuole fare. Comanda un gruppo di anarchici, hanno sintetizzato quella sostanza,è incolore e insapore, ma gli effetti li hai visti anche tu. L’uomo che hai visto con Rachel ha un’importante agenzia di catering. Proprio in questo momento Quinn lo sta ricattando con le tue foto. Angela e Debra si infiltreranno nel personale. Kyle all’ingresso farà sì che possano portare dentro la sostanza”.
“Non ti seguo. Che c’entra il catering? E dentro dove?”
L’urgenza nel suo sguardo precipita in disperazione. Le sue mani stringono le mie sopra la pistola.
“Non capisci? È tutto un puzzle, un fottuto puzzle. Domani ci sarà la riunione del Congresso, la sostanza verrà distribuita nel rinfresco, come fosse niente. Tutti i nostri governanti moriranno in quel modo atroce, sotto gli occhi delle telecamere, di tutto lo stato. E lì, in mezzo a quella carneficina, farà contaminare dai suoi seguaci l’acquedotto con la sua sostanza. Nessuno sarà più al sicuro. Nessuno che non si sottometta a lui”.
Non è possibile. Non può essere vero.
Le mie mani scivolano via dalla pistola, l’orrore mi annebbia la mente.
“Se non facciamo qualcosa, da domani avremo un dittatore”.

***

L’alba.
Non pensavo l’avrei rivista.
Il sole emerge lentamente tra i grattacieli del centro.
Ancora pochi minuti e bagnerà anche il palazzo del Congresso.
Stringo la pistola tra le mani, è fredda, lucida.
Familiare.
Come se fosse sempre stata lì.
Come se quello fosse davvero il suo posto.
Gray è ancora con quel pazzo, non deve scoprirsi.
Non ancora.

Stanno arrivando. Il furgone bianco si avvicina all’entrata di servizio.
Gray fa il segnale.
È il mio momento.
In una notte, Colin Parks è morto due volte, la prima per il mondo, la seconda per il suo aguzzino.
E chissà che la terza, quella definitiva, non avvenga proprio sotto questo stesso sole.

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