Capitolo 4

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Finalmente è giunta sera. Saluto tutti e afferro il fascicolo del caso, non so neanche io il motivo, e mi dirigo verso casa.

Ci metto poco ad arrivare, non passa neanche mezz'ora che infilo la chiave nella toppa. La cosa più bella è l'accoglienza che ricevo... appena mi vede, Clarke, corre nella mia direzione e mi salta al collo tempestandomi di baci dappertutto.

"Grazie... Amore... Mio... Sono... Magnifici... Ti informo... Che... Sei... Perdonata...", sussurra tra un bacio e l'altro.

"Ehi... Amore... Mio... Deduco... Che i gigli siano già arrivati", riesco a mormorare sulle sue labbra.

Lei annuisce annullando la distanza tra le nostre labbra per un tenero bacio. Io le cingo i fianchi con la mano libera, stringendola più forte a me. Il bacio diventa più intenso, cerco disperatamente un varco per entrare, e quasi leggendomi nel pensiero, Clarke schiude la bocca, dandomi l'opportunità, tanto attesa, di incontrare la sua lingua e morire del suo sapore... Il nostro duello diventa sempre più vigoroso, le mie labbra tremano per l'emozione che sto provando... Non riesco a respirare, ma non importa, ho ancora bisogno di sentire quel sapore di buono... la sua lingua, estremamente esperta, contro la mia, mi manda letteralmente in estasi... Sono completamente in affanno, e anche lei non è da meno, sciogliamo il nostro legame, appoggiandoci l'una sulla fronte dell'altra. Prendiamo il tanto agognato fiato.

"Ti amo dottoressa".

"Anche io ti amo detective".

Clarke mi afferra la mano e mi conduce in cucina.

"Stavo preparando la cena!", esclama con un sorriso.

"E dal profumino sembra anche una cosa interessante", replico ricambiando il suo sorriso.

"Clarke fammi solo appoggiare questi fascicoli e sono tutta tua!", affermo maliziosamente.

Mi dirigo in salotto. Nascondo, con nonchalance, tutti i fascicoli sotto le riviste, sul tavolino da caffè di fronte al divano. Non sei stata molto furba a portare i fascicoli a casa Lexa, soprattutto se ne vuoi tenere all'oscuro la tua fidanzata... Sì ok, ok, non sono stata furba. Ecco, ci risiamo, sto di nuovo parlando da sola... con la mia coscienza.

Tempo dieci minuti e siamo sedute a tavola l'una di fronte l'altra.

La quiete ci fa da sottofondo per la prima parte della cena.

È Clarke che spezza il silenzio.

"Amore oggi com'è andata la giornata? Al telefono mi hai detto che stavate seguendo una pista", mi domanda curiosa.

"Beh... Abbiamo individuato gli spostamenti della vittima, e sembra che prima di essere uccisa, fosse uscita per una serata ragazze... Indagando siamo riuscite a scoprire che era con delle colleghe... Ma non è emerso nient'altro...". Ometto di dire la parte del fioraio per ovvi motivi. Devo cambiare assolutamente argomento.

"E in tribunale com'è andata?", le chiedo anticipando qualsiasi altra domanda sul caso.

Inizialmente è un po' sorpresa dal mio cambio repentino della conversazione, ma poi mi risponde.

"Beh è stato interessante e stancante... La prima deposizione era a favore della difesa, un vecchio caso di omicidio... praticamente è stata una passeggiata, l'accusa non aveva elementi e grazie alle domande giuste l'abbiamo disintegrata... L'accusato era solo nel posto sbagliato al momento sbagliato...".

"Purtroppo capita, e più spesso di quello che si pensi!", esclamo con un timido sorriso.

"Mentre la seconda deposizione è stata terribile, ero il testimone dell'accusa che a mio avviso non si è preparata adeguatamente... Infatti la difesa, mi ha 'estorto' le risposte che voleva, facendomi diventare implicitamente una sua teste... Ed è una cosa che non sopporto!", conclude la dottoressa leggermente stizzita.

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