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Appena Alexandra entrò nella camera di Michael, si fiondò sul letto per distendersi a braccia aperte. La fatica di essere arrabbiata l'aveva sfinita. Pensò a Ryan, che era quasi svenuto, e un'ondata di sensi di colpa la invase. Per lei era molto stano. Normalmente non le importava nulla di quello che diceva o faceva agli altri, ma in questo momento quasi si era pentita di avergli fatto fare tutta quella fatica. In fondo lui che colpa aveva, se erano finiti nei giornali? Sapeva che era stata colpa di quel membro del club di paracadutismo, ma ancora non riusciva a perdonarlo. Fu quindi piuttosto stupita quando dalla porta della camera del suo migliore amico entrò Ryan. 

-Che ci fai qui?- Chiese con cattiveria, quasi senza volerlo.
-Ero stanco, sai. Così Michael mi ha invitato a mangiare qui- sottolineò con la voce quell'ero stanco, di proposito, o almeno così le sembrò. Non era questo comunque il suo problema ora. Perché diavolo Michael lo aveva fatto venire qui?
-Cos'è?  Adesso tu e Michael siete migliori amici?- chiese furiosa. Non avrebbe più rivolto la parola ad entrambi.
-Bè, magari sì, dato che qui il gay non sono io- le rispose, con cattiveria nascosta sotto il tono scherzoso della voce. Ma come si permetteva? Ora loro due erano così amici da poterla pure insultare?
-Ma come ti permetti?- gli rispose di scatto, uscendo dalla stanza percorrendo lo spazio che la separava dall'uscita di quella camera d'albergo ad ampie falcate. Passò accanto al suo migliore amico, che la guardò dall'alto del suo metro e novanta, troneggiando su di lei di venti centimetri buoni. Mise la mano sulla maniglia della porta e la tirò giù, senza però riuscire a spalancarla. Sentì Michael, dietro di lei, ridere.
-Pensavi davvero che avrei lasciato la porta aperta con te e Ryan  Reynolds nella stessa stanza?-
le mostrò la chiave per aprire la porta. Lei si fiondò sulla sua mano per prenderla, senza risultati. Andò in fatti solo a sbattere contro il suo petto, duro a forza dei continui allenamenti. Lui ridacchiò, e abbassò la testa per guardarla, mostrandole in contemporanea la chiave alzata al di sopra della sua testa, dove lei non sarebbe mai arrivata. Alexa gli diede un pugno sul petto, sicura che non gli avrebbe fatto male, e si girò per andare verso il bagno, assicurandosi di avergli prima mostrato il dito medio. Si rifugiò nel microscopico bagno di Michael, chiudendosi di scatto a chiave la porta. Sentì qualcuno battere i pugni contro il muro di legno che li separava. 
-Alexandra Gay, apri immediatamente la porta o sarò costretto a sfondarla- Michael.
-Tu apri quella dell'ingresso-
Lo sentì sospirare dall'altra parte, per poi sentire un click, segno che l'aveva ascoltata. Aprì titubante la porta, e cercò di correre senza l'uscita, anche se l'altro la precedette, intrappolandola all'interno delle sue braccia. La portò verso la camera, e lei si accorse con la coda dell'occhio che Ryan era sul divano a guardarli con un'aria preoccupata, ed allo stesso tempo esasperata. 
Si chiusero alle spalle la porta della stanza, sedendosi entrambi sul letto.

-Cosa fai?- mormorò Alexa, lo sguardo rivolto verso il basso.
-Voglio solo che tu sia felice. Non che tu sia perennemente stressata a causa di lui- indicò con la testa la porta. Era questo il Michael che a lei piaceva di più. Quello che si preoccupava per lei, e che era disposto a buttare via la sua vita pur di aiutarla. Non c'erano parole che potesse usare per rispondergli, così si limito a sorridere. Lui le sollevò la testa tenendole due dita sotto al mento, e le sorrise. 
-Puoi farcela. Ricordati, per i soldi-
Lei lo abbracciò, sentendo che una lacrima le stava scorrendo lentamente giù per la guancia, segno della tensione che aveva liberato all'interno di sé stessa. La asciugò prima che l'altro potesse notarla, e poi si alzò.
-Grazie- sussurrò, uscendo dalla stanza.

Dall'altra parte della porta, Ryan era preoccupato. Sperava solo che Michael non avrebbe raccontato ad Alexa tutto quello che si erano detti mentre era nella sua macchina a mettere via l'abbigliamento che usava per gli allenamenti, altrimenti lei li avrebbe odiati, ne era sicuro; e non voleva questo per quel giovane ragazzo, che non aveva fatto altro se non voler stare in compagnia della sua migliore amica.

La cena andò bene. Ordinarono del cibo cinese, che Ryan volle pagare a tutti i costi. Sembrava diverso dal solito. Non aveva fatto battute per tutta la serata, ed era sempre rimasto concentrato sul suo piatto. La ragazza ogni tanto si era accorta che gli altri due si scambiavano delle occhiate, anche se non riusciva ad interpretarle. Avrebbe chiesto il motivo a Michael.
Si impegnò soprattutto ad essere gentile. Non aveva mai risposto male a nessuno, e si era impegnata a conversare tranquilla, dimenticando per una serata di essere arrabbiata con un certo attore. Preparò perfino la cioccolata calda, che bevvero tranquilli, guardando alla  tv una replica di Friends.
Strano ma vero, per la prima volta nella sua vita  Alexandra si sentiva completamente in pace con sé stessa.

Into the storm»Ryan ReynoldsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora