7. Time to love PT1

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[ PoV Jared Leto ]

Disteso sul divano, la chitarra sul pavimento, il braccio che penzolava a sfiorare distrattamente le corde, pizzicandole per rompere quel silenzio che altrimenti lo avrebbe soffocato.

Non aveva chiuso occhio quella notte e, da quando era tornato a casa, oltre a praticamente buttarsi sul divano come se fosse stato un moribondo non era riuscito a fare altro.

Fissava il soffitto, notandone particolari che non aveva mai notato prima e, quando chiuse finalmente gli occhi, solo per riposare le palpebre stanche, gli si strinse un po' di più lo stomaco.

Non sapeva cosa fare, non sapeva come comportarsi di lì in avanti e, cosa ancora più importante, non si era mai sentito tanto vuoto, mai come nel momento in cui aveva dovuto lasciare che lei andasse via.

Era stato come camminare su un pavimento di vetro, ad ogni passo che aveva percorso dopo averla lasciata, come se allontanandosi si fosse ricercato da solo una condanna e l'ultimo passo, quello più distante, aveva mandato in frantumi quel pavimento immaginario, inghiottendolo nel vuoto.

Perché doveva sentirsi così? Faceva --- schifo, quella sensazione, quasi palpabile, al punto che si mosse appena sul divano come se avesse potuto scacciarla via.

Decise che forse poteva dormire, che se non avesse aperto le palpebre, alla fine, si sarebbe addormentato per forza di cose, ma ormai si era arreso alla triste sorte che lo perseguitava e non gli dava pace: era quasi tranquillo, le dita poggiavano adesso sulle corde della chitarra senza muoversi, quando il campanello, piuttosto fastidioso, della sua porta suonò.

Gli parve in altro modo scorretto che qualcuno giungesse alla sua porta in quel momento, come se chiunque fosse e qualsiasi cosa fosse andato a dirgli poteva solo peggiorare la sua situazione.

Per un attimo, lungo e davvero significativo, Jared prese la decisione in altro modo esagerata di non alzarsi e di ignorare il campanello; avrebbero smesso di suonare, chiunque fosse se ne sarebbe andato ad un certo punto, no?

Il campanello suonò altre due volte a distanza ravvicinata, poi la persona dall'altro lato della porta attaccò il dito al pulsante e semplicemente non lo tirò più via fino a che, sull'orlo di una crisi di nervi, l'uomo si avviò alla porta aprendola, con un cipiglio che lunga la diceva su cosa stava passandogli per la testa.

Non si sorprese di vedere suo fratello, alla porta, era l'unica persona che poteva suonare a quel modo fino a che non gli si aprisse, neanche la cosa gli fosse in qualche modo dovuta.

" Ti trovo uno schifo! "

Furono le prime parole di Shannor e Jared, sbuffando appena, lasciò la porta aperta per farlo entrare e si avviò di nuovo verso il divano, sprofondandoci, questa volta con il viso rivolto verso i cuscini.

Sentì la porta chiudersi e i passi pensanti del fratello avvicinarsi, poi non lo sentì più segno che doveva aver preso posto sulla poltrona.

" Cos'hai dietro l'orecchio? Ti lascio per una sera e ti riduci così, scherziamo? "

Jared rispose senza voltarsi, la voce ovattata dalla stoffa del cuscino su cui affondava il viso.

" E' un tatuaggio. E non sono ridotto ad un bel niente. "

Il silenzio che ne seguì gli fece sperare, vanamente, che la conversazione potesse finire lì.

" Quindi ieri sei andato ad un evento, sei scappato da una finestra, hai fatto un tatuaggio e adesso hai la faccia di uno che vorrebbe morire. Questo quadro sembra clinico persino a me che non ho di certo una laurea in psichiatria! "

Shannon, come al solito, non aveva peli sulla lingua e alla fine Jared si sistemò sul divano, mettendosi seduto con le gambe incrociate, un cuscino tra le braccia, visto dall'esterno sarebbe potuto benissimo sembrare un ragazzetto e qualsiasi sconosciuto, entrando, non avrebbe faticato a dargli più di vent'anni, nonostante all'anagrafe ne avesse il doppio o poco più.

" Sei venuto qui per accanirti sui miei fallimenti o dovevi dirmi qualcosa di importante? Sul serio, non sono dell'umore e non ho la pazienza di rispondere al tuo terzo grado, o quello che è. "

Sapeva senza bisogno che glielo si dicesse che si stava comportando male e senza motivo; di certo rivolgersi in quel modo a suo fratello, che colpe non ne aveva, non risolveva la situazione in nessun modo.

Ma poi quale situazione c'era da risolvere? Era un cliché; aveva perso la testa per la prima collega un po' più bella del normale con cui aveva lavorato e adesso languiva sul divano, come un adolescente, cercando di capire cosa ci fosse che non andava in lui e perché lei non --- lo volesse, perché era piuttosto sicuro che fosse così, con quell'ostinazione tipica solo degli innamorati e dei testardi, e lui in quel momento era esattamente entrambe le cose, anche se non lo avrebbe probabilmente mai ammesso.

" Wow. Sei più sgarbato di me, pensare che mamma dice sempre che sono quello col carattere peggiore, col cazzo! "

Jared lo guardò male, facendo il gesto di rivoltarsi, questa volta sicuro che alla fine si sarebbe addormentato davvero, ma la voce del fratello che riprendeva parola lo fermò dal compiere quel gesto.

" Sei un'idiota, Jared. Hai sempre paura di osare, quando sei innamorato. Potresti diventare il Re del mondo per le tue capacità, ostinato e perseverante, ma quando si tratta di sentimenti sei un dilettante.
Vuoi restare su quel divano con la faccia incazzata e le occhiaie per quanto? "

Lo guardò male e, sorridendogli tirato fece spallucce.

" Quanto basta a farmela passare? Posso controllarlo, devo solo capire come. "

Disse, colpito in pieno da quella breve ma efficace descrizione che suo fratello aveva fatto di lui; così orgoglioso, sempre convinto di potercela fare da solo, alle volte dimenticava di fare un salto e lasciarsi cadere nel vuoto per vedere come andava.

Sapeva e amava rischiare in tutto, mai nell'amore, ed il modo in cui l'altro glielo aveva detto semplicemente lo aveva fatto incazzare ancora di più.

" Potresti, ma non è detto che tu debba; certe cose si lasciano correre a briglie sciolte. L'unica cosa che dovresti fare è alzare il culo e correre da lei, ovunque si trovi e chiunque sia. "

Jared lo guardò come se l'altro fosse pazzo e rise appena, scuotendo la testa.

" Tu non sai lei chi sia, Shan, non si può fare sempre quello che si vuole; scoppierebbe uno scandalo e lei non lo vuole neanche, credimi, ha già qualcuno da cui tornare. "

Ammise l'ultima parte abbassando quasi la voce, come vergognandosi di quella cosa o come ammettendola e realizzandola davvero solo in quel momento, comunque neanche quello riuscì a fermare suo fratello.

" Non importa; potrebbe essere Michelle Obama in persona e non importerebbe. Importa solo cosa tu voglia e cosa credi che lei voglia, cosa credi davvero. "

Da quando quell'idiota di suo fratello era diventato così saggio? Jared si morse l'interno della guancia.

Cosa doveva fare? Avere fede? Non era lui quello che cantava che tutto ciò di cui si aveva bisogno era --- fede? Fede in cosa poi? Non lo aveva mai capito neanche lui. Forse in se stesso, in Dio e negli altri.

Guardò suo fratello per qualche secondo interminabile, poi si mise in piedi lentamente, sistemandosi i vestiti, ancora quelli della sera prima.

" Finirà male e verrò a picchiarti ma --- "

Non riuscì a finire di parlare perché suo fratello, alzandosi, gli aveva afferrato un braccio e lo stava guidando verso la porta.

" Andrà benissimo e dovrei ringraziarmi, ora fa un bel sorriso e togliti dai piedi. "

Disse, e spingendolo fuori da casa sua gli chiuse la porta alle spalle, come se fosse stato l'altro quello di troppo.

Jared fissò per un attimo la porta di ingresso della sua stessa casa chiusa, poi guardò il viale che portava alla strada, un leggero sorrido mutò i suoi lineamenti; forse una pazzia poteva farla.

Per lei. 

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