Look

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Salgo la strada che mi porta in cima, verso un piccolo spiazzo di Beverly Hills.
Osservo le case, le macchine, le persone che abitano nel paese più potente del mondo senza darci troppo peso.
Non appena arrivo in cima alla strada ammiro l'immensa metropoli che si estende davanti a me.
Il cielo sfuma con i grattacieli di Down Town, il sapore di mare di Venice Beach arriva trasportato dall'aria calda, i rumori cittadini fanno da colonna sonora alla splendida Los Angeles.
Sento il vento che spiegazza gli angoli della mia maglia dei Mates, il trauma del fusorario inizia a farsi sentire. Ecco perché Giuseppe mi aveva detto che era meglio riposare. Papà ha sempre ragione. Sono la più grande tra di loro eppure sembro fisicamente la più giovane e non ho assolutamente il titolo di più responsabile, quel noioso incarico lo lascio a Vegas.
Il mio corpo é completamente sballato da questo cambio d'orario. In Italia si cena e qua si pranza! Mi rendo conto dell'orribile persona che è il fusorario e corro a casa, lanciandomi a stella sul mio letto morbido e alto.
Mentre il materasso mi ingloba, i miei occhi diventano pesanti e il silenzio della casa inizia ad influenzarmi.

-Sveglia! Los Angeles ti aspetta!
Apro gli occhi lentamente e vedo i miei amici che picchiano dei cucchiai su delle pentole, facendo il casino della vita. Mi metto a pancia in giù e mi copro le orecchie con un cuscino per trattenermi dal tirargli il letto addosso.
Loro si buttano sul letto e iniziano a farmi il solletico, quanto li odio. Mi alzo e, prima di farlo uscire dalla camera, due schicchere sulla faccia non gliele toglie nessuno.
-Aspetta! Se vuoi vestirti come una vera americana allora indossa questi.
Anima mi lancia un paio di jeans corti, una maglia azzurra con un ananas stilizzato e delle Vans dello stesso colore.
Escono dalla mia camera e io con la velocità di un bradipo epilettico mi cambio.
Mi stiracchio un'ultima volta e mi pettino i capelli rosso scuro, sembro più irlandese che italiana.
Non appena faccio la mia entrata plateale nella sala, loro sono già pronti con le maglie del loro gruppo dei rispettivi colori, giusto per vedere se ci sono loro fan anche nella terra dei cowboy.
Il mio stomaco pretende cibo. Ho fame.
-Dov'è la colazione?
-Prima regola di un americano: la colazione si fa al bar con caffè e donuts.
Mi insegna il cuginetto intelligente.
-Ma noi non siamo americani.
-Però siamo nella loro terra, dobbiamo adattarci.
Mi rassegno e consolo il mio stomaco. Usciamo e il sole è già lassù che ci fissa radioso. Raggiungiamo a piedi il primo bar e ordiniamo un buon caffè che al mattino non fa mai male e un donut a testa.
Io prendo quello farcito di cioccolato con sopra la glassa di cioccolato, la festa del diabete praticamente.
Ci sediamo e iniziamo a parlare di Hollywood, del mio lavoro, di Robert, di quando faremo una foto con lui, di YouTube, di Robert.
Siamo tutti impazienti.
Sorseggio il caffè  che, devo dire, è abbastanza buono per la mia bocca da italiana esperta di cibo.
La ciliegina sulla torta è indiscutibilmente il bombolozzo di cioccolato, ti riempie il giusto ed è una botta di zuccheri che ti fanno partire in quarta già alle nove del mattino.
Quando finiamo prendo confidenza con il mio portafoglio pieno di dollari gentilmente offerti da Vegas e pago il giusto alla cassiera.
Sto facendo ciò che sognavo sui banchi delle medie, incredibile.
Sgattaioliamo fino al garage del nostro hotel/condominio e ci fiondiamo nella macchinona bianca.
Durante il tragitto cantiamo e urliamo, facendoci sgridare da Giuseppe che soffre di esaurimento nervoso quando ci parte l'embolo della stupidera.
Osservo la vita di questo impero e guardo la nostra prima visita: il museo delle cere.
Non vi sto neanche a dire l'immagine di noi che corriamo come struzzi per entrare e prendere il biglietto.
Ci sono un sacco di star.
Oh, io ciò paura. Metti che uno di questi si gira e mi tira uno scionfolo in faccia?! E se muove gli occhi?! E se parla?!
Speriamo di no perché sono delle opere d'arte.
Faccio i grandi selfie con George Clooney e tutti gli altri, arrivando a LUI.
Nella sezione Marvel mi ci fiondo come una fionda, vedendolo sotto forma Tony Stark con le braccia aperte, il classico. I suoi occhi di cera sono così belli.
Mazza oh, lo facevo più alto.
Cioè, è più alto di me di sicuro perché sono una piccola persona, però un metro e settantaquattro non sono pochi!
Secondo me hanno sbagliato le misure quei besughi di scultori.
Mi metto dietro di lui e allargo le braccia in diagonale, facendo una faccia stupida.
Risultato? Io che spunto da dietro la sua spalla con tanto di effetto figo delle braccia.
Smetto di accarezzargli i capelli e vado a vedere Ironman, nel suo spazio personale. Non appena metto piede la musica del film, cazzuta più che mai, inizia il suo ritornello leggendario, gasandomi troppo.
-O mio Dio!
Ed eccola lì, l'armatura rossa e oro  gigante rispetto a me che si erge in tutta la sua bellezza.
Il selfie è d'obbligo.
Faccio un selfie con Hulk, Captain America e tutti gli altri Avengers.
Il primo giorno passa in fretta e furia, come la vita di questa città. Ho comprato un pupazzo morbidoso di Ironman, una collana con lo scudo di Cap e una maglietta con il logo della Marvel.
Si tranquilli, la statuetta dell'Oscar l'ho presa.
È bello sentirsi felici quando torni a casa a Beverly Hills, quando sei felice e triste.
Felice di aver visitato uno dei tuoi posti preferiti e triste di dover mettere la parola fine a questa felicità.
Meglio riposarsi, perché domani non vedo l'ora di vedere da vicino la scritta di Hollywood.

*buongiorno! Domani è mercoledì e io non ho matematica🎉. Non so se riesco ad aggiornare anche la ff su Benedict stasera, ho troppo sonno. Ci vediamo domani va la. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.

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