"Okay, sto per interrompere la drammaticità del momento, ma lasciatemelo dire: questa casa sta diventando S.O.S Cuori Infranti!" Sbuffa Michael osservandomi mentre, stesa sul divano di casa sua, continuo a fissare il soffitto, cercando di riportare alla memoria tutti i ricordi che ho con Sydney.
Eppure, ben pochi mi sovvengono alla memoria in questo momento.
"Hai davvero la delicatezza di un elefante, Mike" sospira Luke, accovacciato sulla poltrona a leggere Le Pagine Della Nostra Vita, mentre Ashton, che non ha parlato da quando gli ho raccontato cosa è successo con Sydney, quindi da quando siamo arrivati qui, rimane in silenzio, osservando un punto indefinito della stanza.
Scorgo cosa succede attorno a me con la coda dell'occhio mentre i miei pensieri divagano, seguendo un flusso strano.
Ora come ora la disperazione ha ceduto il suo posto al disgusto.
Ma non è un disgusto generale, bensí verso me stessa.
Effettivamente sono io quella che fa schifo.
All'improvviso un movimento mi distrae dal soffitto, quando noto Ashton infilarsi la giacca velocemente sotto lo sguardo perplesso di Michael.
"Dove vai?" Domanda mentre mi metto a sedere, semplicemente guardando il riccio afferrare il cellulare.
"Syd è completamente sola. Aveva Virginie, ma ora come ora non vuole vederla ed è ragionevole. Vado da lei. Non voglio che rimanga... Sola" risponde, mormorando l'ultima parola.
Le sue parole mi trafiggono ancora ed ancora, come mille lame perchè, cavolo, è tutta colpa mia.
Io ero la sua famiglia, ed è stata tradita anche da me.
Come ho potuto per un solo secondo reputarmi vittima quando ero solo carnefice?
La porta sbatte dietro le spalle di Ashton mentre Michael sospira, scuotendo la testa tra sè e sè, prima di sedersi accanto a me.
"Dimmi che hai un buon consiglio da darmi" mormoro, raccogliendo al petto le ginocchia, portandoci sopra la testa, quando il ragazzo dai capelli colorati sospira.
"Sinceramente, non so cosa dire. Ho sbagliato a non guardare mai la prospettiva di Sydney ma sempre solo dalla tua o da quella di Calum. Ma, di nuovo, so perchè l'ho fatto e forse in fondo in fondo non me me pento. Vista da questo punto di vista, Sydney è la cattiva della storia, potremmo dire, ed io che tengo tanto a te l'ho vista come tale, non riuscendo ad essere soggettivo, e forse va bene cosí perchè anche tu eri sola nella battaglia contro il tuo nemico interno. Non so davvero cosa dire, vedi? Riesco solo a blaterare cose strane" sbotta, finendo poi per incrociare le braccia al petto, quando Luke posa il libro sul tavolino, prendendo poi ad osservarmi.
"Posso dire la mia opinione da esterno? Cioè, ovvio che volevo che tu e Calum vi metteste insieme, ma sono sempre rimasto esterno alla vicenda" domanda, cauto, ed io annuisco, girandomi leggermente verso di lui.
"Credo che tutto quanto sia un enorme groviglio e che Calum sia lo scemo del villaggio. Avrebbe dovuto lasciare Sydney non appena si è accorto di provare qualcosa per te, ma non l'ha fatto, e Dio solo sa le sue ragioni" comincia, ma Michael è veloce ad interromperlo: "Sapeva la storia di Sydney. Sapeva... Sapeva tutto quanto. Non mi ha mai raccontato nello specifico, ed io non ho mai chiesto per mio personale disinteresse, ma sapeva che aveva solo Virginie. Non l'ha lasciata per quello, non voleva farla stare male".
Un dolore purtroppo familiare mi colpisce dritto nello stomaco a quelle parole, facendomi salire quella sensazione di nausea a cui sono ormai abituata.
"Comunque sia" continua Luke dopo qualche secondo "non l'ha fatto, e questo è stato sbagliato. Tu, dal tuo, non hai assolutamente colpa per esserti innamorata o come preferisci definire i tuoi sentimenti, ma hai colpa quando hai accettato l'appuntamento sapendo che stava con Sydney. Questo è stato il tuo errore, e di questo ti si puó accusare. Anche Sydney ha sbagliato, sebbene meno di te e Calum, ma se effettivamente in cuor suo aveva il sospetto che ci fosse qualcosa tra voi due, avrebbe dovuto parlarne e lasciare Calum. Mi dispiace dirlo, ma in questa storia non ci sono nè vincitori nè vinti. Siete tutti colpevoli e siete tutti innocenti. Tranne Calum, lui è innocente a metà".
Le sue parole mi fanno pensare, mi fanno cambiare punto di vista, e non riesco che a concordare con lui.
Almeno, questo fa la mia testa, mentre il mio cuore, più riluttante nel sentir ragioni, continua a sentirsi pesante.
Il tintinnio di un mazzo di chiavi ci fa girare verso la porta da cui fa il sul ingresso un Calum trafelato dall'aria stanca.
"Virginie... Sono corso appena ho saputo, ma prima... Avevo un'altra questione da sistemare" mormora, avvicinandosi una volta chiuda la porta, avvolgendomi poi in un abbraccio da cui mi prende in braccio, ed io mi stringo alla sua giacca fredda, premendo contro il gelo del suo collo, trovando in esso e nel suo profumo un rifigio momentaneo.
Con gli occhi chiusi non mi accorgo di dove mi porta, sento solo una porta aprirsi e poi richiudersi ed infine, più forte, più intenso, il suo profumo, quel misto buono e maschile in grado di dare dipendenza.
Sotto di me, all'improvviso, una coperta morbida, e quando apro gli occhi capisco di ritrovarmi nella stanza di Calum.
"Effettivamente, avrei dovuto immaginarlo" mormoro con un leggero sorriso quando noto una collezione di barattoli speciali di Nutella vuoti su una mensolina, di cui uno a forma di pinguino.
Sulle parete, poster di numerose band si sussueguono, dandomi un'idea più precisa dei suoi gusti musicali che, in qualche modo, mi aspettavo, o se non altro immaginavo.
Con un sospiro leggero Calum si siede vicino a me, abbracciandomi in modo tale che la mia testa sia sulla sua spalla prima di accarezzarmi piano un fianco.
"È triste sapere che è stato il dolore a portarci ad essere nella posizione in cui siamo adesso" sussurra dopo qualche secondo, cogliendomi di sorpresa, e stringo la sua maglia quasi pregando che vada avanti.
Non me la sento di parlare in questo momento.
"Sono andato da Sydney quando Michael mi ha chiamato. Ero appena uscito dal lavoro e... Il mio cuore mi diceva di venire da te, ma ho deciso di dare retta alla testa. Capisco se sarai arrabbiata con me, anche io lo sarei, anzi lo sono con me stesso, ma avevo bisogno di vedere Sydney".
Rimango in silenzio davanti a questa confessione prima di annuire, facendogli cenno di continuare.
Non posso rimproverargli proprio nulla.
"È stato triste. Vedere lei in quello stato mi ha spezzato il cuore, cosí come me lo spezza vedere te cosí e sapere che alla fin fine è tutta colpa mia. Ho sbagliato, so di aver sbagliato. Le ho chiesto scusa, immediatamente, e lei non ha opposto resistenza, mi ha abbracciato, mi ha detto che in fondo sapeva, che era stata egoista, ma che voleva soltanto sapere di poter contare su un'altra persona oltre a te. Non so quante volte mi sia scusato, probabilmente cento, duecento, mille. Alla fine, quando stavo andando via, mi ha fermato. Mi ha detto di prendermi cura di te. Mi ha chiesto di prometterglielo. Gliel'ho promesso, Virginie. Ma non ne avevo bisogno. È qualcosa che avevo e che ho intenzione di fare perchè io stesso ne ho bisogno. Ho bisogno di sapere che stai bene, ho bisogno di prendermi cura di te".
Nonostante solo di oggi abbia pianto a sufficienza per i prossimi cinque anni, una lacrima riesce comunque a rigare la mia guancia a quelle parole mentre sposto ancora di più il viso nell'incavo del suo collo, godendomi tutto il calore che riesce a darmi.
"Vorrei solo che le cose fossero andate diversamente. Mi manca, Cal" confesso in un mormorio, quasi come se dette a voce più alta le parole potessero perdere il loro significato, quando la sua stretta si fa più salda attorno a me.
"E tu manchi a lei. Devi solo dare tempo al tempo".
Maledetto tempo. Dipende sempre tutto da lui.
STAI LEGGENDO
The Sis Code || Calum Hood
FanfictionTra amiche ci sono delle regole non scritte. La prima: se una sta male, l'altra deve starle accanto nonostante tutto. La seconda: in caso di delusione amorosa, non rivolgere più la parola all'ex dell'amica. La terza e più importante: mai e poi mai i...