James amava Hogwarts. Era casa sua, e là si trovava la sua famiglia.
Lo pensava spesso, negli attimi più ingenui. Anche ora, col boccino che partiva e tornava fra le sue dita, la mente vagava sui corridoi e i prati che gli offrivano un rifugio.
Hogwarts era la sua fuga dal mondo: un tovagliolo dove poter ricamare se stesso.
Non tornava mai a casa, se non quando costretto, durante le vacanze estive. Quando era nel luogo dove era cresciuto, si sentiva pesantemente oppresso, rinchiuso fra le mura di una prigione invisibile.
I suoi genitori non erano mai stati dei tipi affettuosi, e James aveva sempre richiesto solo un pò di affetto.
La sua camera, nella villa dei Potter, era talmente impersonale da non sembrare nemmeno sua: le pareti erano bianche, le lenzuola candide, e gli oggetti immacolati erano intoccati: preferiva tenere i suoi averi all'interno del baule.
Mamma e Babbo erano soliti ignorarlo, affidandolo alle cure di una domestica che, regolarmente, stufa dei suoi capricci, scappava dopo pochi mesi. Il signore e la signora Potter partecipavano spesso ad eventi sociali, lasciando il piccolo a casa. Le stanze diventavano quindi, per il bimbo, un curioso labirinto, e i corridoi erano sentieri gelidi. Quante avventure trascorse fra le pareti apatiche... Eppure, lui odiava la villa. Perché la sera, tardi, quando mamma e babbo rientravano, senza di lui, poteva sentire le loro risate riecheggiare nelle stanze ampie. Lui si portava le gambe al petto, e piangeva. Perché era solo. Dimenticato.
Una volta, una domestica Nata Babbana, gli aveva letto un libro. Non ricordava il titolo, ma la donna lo aveva definito "un classico". James aveva passato le ore ad ascoltare la voce ruvida della domestica che, con mani rugose e vissute, sfogliava le pagine ingiallite. La storia parlava di una bambina, con una madre molto bella ma molto poco "mamma", che rimaneva orfana. Veniva allora portata nella villa di uno zio, e imparava il senso dell'amore e dell'amicizia.
La donna lo aveva paragonato alla bambina e, quando finì il libro, lasciò il suo posto -come aveva fatto, dopo tutto, ogni altra domestica. Prima di andarsene, però, aveva guardato James con un'espressione strana. Solo in seguito, seppe darle il nome di "compassione". Poi aveva sorriso, in modo triste, e aveva detto:
-"Sai, tu sei un pò come Mary (questo il nome della protagonista del racconto): tua madre è tanto bella, ma ugualmente incapace di amare. E tu, piccola peste, le stai permettendo di portarsi via la tua infanzia. Esci, corri, e impara ad amare."-
Poi si era voltata, aveva varcato i cancelli, e James, nel suo piccolo cuoricino da bambino, era già cresciuto un pò di più.
Così, aveva cominciato ad uscire, nell'immenso parco della villa, correndo e piangendo e sfogando la sua rabbia.Forse, è per questo che James fumava, combinava guai, e non studiava molto. Perché, se aveva ormai da tempo rinunciato all'affetto, non concedeva che si ignorasse la sua esistenza.
Riprese, ancora, il boccino. Lo infilò nelle tasche bucate e, con calma, accese un'altra sigaretta.
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Only Us In The World ~ Marauders
FanficJames fuma. Sirius è dipendente dalla vita. Remus si odia. Peter cerca il suo posto nel mondo. ~•~ "Chiudi fuori il resto delle persone. Ci siamo noi, e poi ci sono loro. Solo noi, siamo nel mondo. Il resto è irrilevante: se le ami, se le odi; non i...