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La luna splendeva nel cielo con sfrontatezza. Tutte le notti, o quasi, puntava il suo occhio indagatore sul ragazzo. E Remus ricambiava quest'occhiata con lo sguardo corrucciato. Si sentiva come un pezzo di carne, una vittima sacrilega che veniva scrutata e valutata prima di un'offerta agli dei. Aveva sempre pensato che la luna fosse bellissima, nel suo abito latteo, cosparsa da difetti perfetti.
Quando arrivava il plenilunio, Remus lo sentiva. Un brivido, fugace, che passava vibrante sotto la pelle. E l'adrenalina saliva a mille, il cuore iniziava una gara che non voleva frenare.
Se Remus odiava questo lato di sé per gran parte del tempo, quando arrivava il momento, non riusciva a non amarlo. È che questa parte è irrazionale, si diceva. E allora, con ragionevolezza calcolata, usciva di soppiatto dal castello, e camminava. Metteva un piede dietro l'altro, sempre più veloce, sempre più... Oltrepassava il campo da quidditch, e il lago, e giungeva al margine della foresta, il vento che frustava violento sulla sua pelle, deturpata dalle cicatrici.
Allora, si fermava. Si sdraiava, su una cunetta verde, coperta dai ciclamini che, insolenti, resistevano al freddo. Sentiva profumo di rododendro e terra umida, e si riconosceva in questi odori; in Madre Natura.
E mentre passava le dita fra i fili di erba, rivestiti di piccole gocce d'acqua che gli solleticavano le dita, non spostava mai gli occhi dal cielo, dal perenne blu -colore cupo che dava rifugio alla sua malinconia. Le stelle brillavano con timidezza, e parevano migliaia, lì solo per lui. E poi, in mezzo a quei puntini innocui, eccola, la Signora della Notte. Remus l'ammirava quanto la detestava, e le dedicava uno sguardo colmo di rispetto e furore. Però no, non gli spostava, gli occhi. Facevano male, e bruciano, ma si rifiutava di muoverli dalla sfera bianca, causa di ogni suo problema. Che lo privava della sua meritata vita.
E poi, d'un tratto, le cose cambiavano. Remus sentiva ancora quel brivido, più forte, e non poteva che lasciarsi impossessare e trasportare completamente da esso. E lui non c'era più. Non era più Remus, bensì qualcuno a lui ignoto, una bestia in cui non si riconosceva. E correva. Non  conosceva altro, se non che la foresta era sua, e il mondo pure. Si sentiva vivo, e potente. L'odore del bosco lo animava, e il vento gelido lo accompagnava.
Sapeva solo questo: non era Remus, ma era  più vivo di lui.
E poi, in quello che sembrava un secondo, il ragazzo gentile e moderato tornava, ed era solo nel freddo della notte.
Allora si posizionava ai piedi di una grande quercia, fra le radici nodose, i ciclamini viola come una coperta su cui coricarsi. Si portava le gambe al petto, e osservava le cicatrici, i tagli freschi e quelli appena rimarginati, che dipingevano la sua pelle in modo pittoresco. Li guardava, con occhi vitrei, senza davvero vederli.
Poi alzava lo sguardo al cielo, e gli ultimi bagliori della luna erano ancora là, nell'oscurità, che lo osservavano soddisfatti. E Remus si addormentava lentamente, cullato dalla musica del sotto bosco.
Fino alla fine, continuava a sentirli, gli artigli della bestia: erano calati sulle sue spalle, e lo stringevano, ricordandogli che loro c'erano, sempre.

Only Us In The World ~ MaraudersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora