15: Family.

76 14 5
                                    


All'una di notte sono sempre in camera, sveglia come non mai, mentre ascolto la musica con gli auricolari e leggo un po': "Gangsta" risuona nelle mie orecchie e mi assopisce, anche se so che devo rimanere sveglia nel caso in cui arrivasse lui, nel caso in cui abbia deciso di ascoltare il mio invito. Io non ho mai chiesto a nessuno divenire di nuovo, di rimanere con me, e non capisco come mai mi sono attaccata con prepotenza a questo sconosciuto. Un'ora dopo, sono stanca e annoiata, e appoggio la testa sulla scrivania:-Che mi succede?- mi chiedo poco prima di addormentarmi, pensando al fatto che non chiederò mai più a qualcuno di venire di nuovo a casa mia solamente per non sentire la delusione spremere i miei polmoni.


-Ele-sento un sussurro, un tocco leggero sulla guancia. Due dita fredde percorrono i miei zigomi, e mi domando se sia tutto un sogno:-Ehi, sono io- riconoscerei questa voce tra mille, e il suo tocco è talmente strano e terapeutico che resterei in dormiveglia solo per sentire le sue dita di nuovo su di me. Invece apro gli occhi e mi trovo davanti due pozze di petrolio rassicuranti. -Gerald- sussurro mentre mi schiarisco la voce, leggermente roca. -Già- mi dice, sorridendo con trionfo. "Chissà perché". -Non sapevo se svegliarti o no, ma ho seguito l'istinto- si scusa grattandosi la nuca. Mi alzo e stiracchio le braccia, sentendo tutta la schiena scrocchiare: musica per le mie orecchie. -Che si fa?- gli chiedo, vedendolo di fronte a me: tutti gli uomini con cui sono stata non sono mai stati più alti di me di qualche centimetro, dato che sono un metro e settantacinque, ma la sua figura alta e magra mi sovrasta, e mi crogiolo vicino a lui sentendo il suo odore di sapone e mentolo. -Due passi?- mi propone, e prendo la mia amata felpa nera. Lui sorride:-Ne ho una uguale- e mi mostra quella che ha appoggiata all'avambraccio. Sorrido anche io e in un momento di coraggio la prendo e me la metto, ottenendo un sorriso molto sensuale da Gerald: le maniche si protendono all'infinito e il cappuccio è troppo grande, ma dentro questa felpa mi sembra di essere tra le sue braccia e mi piace. Sorride caldamente e mi fa strada: stavolta non scenderà dall'albero ma bensì dalla porta, e mi mordo il labbro al pensiero divertente. "Da quando pensi che qualcosa sia divertente?" usciamo per strada, e lui si accende una sigaretta:-Anche tu fumi- gli dico, e mi guarda, scrutandomi negli occhi per un attimo:-Quando ho voglia- e ridacchio. -Hai una bella risata- mi dice, e arrossisco inaspettatamente:-Mi racconteresti qualcosa sulla tua famiglia?- gli chiedo incerta. E se avesse una famigliola perfetta? Se non sapesse cosa vuol dire perdere un membro familiare? Sospira sonoramente e mi guarda:-Odio raccontare della mia famiglia, e dovrai promettermi di non dirlo a nessuno- annuisco e mi preoccupo. Che vuol dire? -Mio padre e mia madre si sono lasciati quando frequentavo la prima elementare. Quando avevo dodici anni scoprii l'omosessualità di mia madre, e lì tentai di suicidarmi per la prima volta, perché non capivo il motivo per il quale aveva creato una famiglia con un uomo per poi mandare tutto a puttane e innamorarsi di Mills, una donna che poi mi è risultata simpatica perché sapeva tirarmi su di morale. Così vissi con loro e con mio fratello James finché non trovai il cadavere di Mills – si era suicidata – così decisi di prendermi una casa tutta mia, che adesso è quasi sempre occupata dal mio amico Rich e da una pazza di nome Madison, e mi sa che tra loro c'è qualcosa- cazzo. È morta la compagna di sua madre e lui è stato il primo a trovarla. -Com'è stato sapere che tua madre amava una donna? Com'era Mills?- gli chiedo in tono dolce, sedendomi su una panchina. So che sto facendo queste domande sconvenienti solo perché voglio passare il tempo n compagnia di qualcuno. Lui resta in piedi e mi fissa:-Non mi starai mica lanciando compassione dagli occhi? Perché non la voglio- dice guardando altrove. -No, adesso parla- lo ammonisco, e decide di darmi ascolto.-Beh, è stato difficile. Mi prendevano tutti in giro, ma non me ne fregava molto. Dopo aver oltrepassato lo stato confusionario pieno di domande, tipo "perché una donna?" mi sono abituato, ed è diventata una seconda madre. Undici anni fa perse il lavoro e andò in depressione cronica, quindi doveva prendere dei farmaci, e un giorno ha esagerato. Allora avevo sedici anni, e per me la morte era nuova, ma quando ho toccato il suo corpo inerte ho capito che, in realtà, la morte mi girava intorno come uno stormo di avvoltoi. Hanno provato a rianimarla, ma non c'è stato nulla da fare. Ma ora è tutto okay- mi dice con gli occhi leggermente lucidi. Tira su con il naso e scaccia via le lacrime. -Quella che ti lanciavo dagli occhi non era compassione, bensì comprensione- gli spiego, e mi incita silenziosamente a continuare:-Quando avevo sei anni e mia madre si era buttata dal decimo piano del condominio, non sapevo che era morta, eppure avvertivo quella mancanza. Quando tutta la famiglia da parte di mia madre era morta, me ne fregava poco, eppure piangevo sempre. In casa di mio padre era tutto così perfetto, intoccabile, che a volte piangevo solo per quello, perché volevo indietro la mia infanzia nel casino, nello sporco e nella felicità. Quando la mia amica, nonché domestica, Lilian è stata licenziata, l'ultima corda che mi collegava alla speranza si era rotta, e ho cercato di morire da lì. A mio padre non importava che voti avevo a scuola, se mi insultavano, se mi picchiavano, se vomitavo, se piangevo, se mi tagliavo... Non era fatto per avere figli e non mi ha mai voluto. E in un certo senso ti capisco, capisco la perdita- e a quel punto Gerald fa una cosa inaspettata. Mi toglie la lacrima solitaria che stava scendendo dal mio viso con il pollice. -Ehi, non piangere, il tuo viso è troppo bello per essere pieno di lacrime. Lo so, è difficile, ma adesso ci sono io- lo ha detto veramente? Sento quella luce dentro di me tramutare in un fuoco che brucia le mie interiora in modo lento e piacevole. -Non piangevo per me, ormai non ho più le lacrime per farlo- assume uno sguardo distaccato e mortificato:-Non devi. Non mi merito le tue lacrime- e sorrido. -Ma è tutto okay- gli dico toccandogli le basette, e appoggio la testa al suo petto. È così confortante un abbraccio? Non lo so, ma potrei restare così per sempre, nell'oscurità della notte, con un braccio di Gerald sulla schiena e la mia guancia premuta contro la sua maglietta, mentre lui continua a fumare nel silenzio più totale. Perché entrambi sappiamo con chiarezza che questo silenzio ci fa bene, perché fa passare il tempo più lentamente e lascia che questa notte finisca con lentezza, per goderci ogni singolo attimo insieme prima che l'alba ci divida.


Vorrei tanto raccontarvi la mia esperienza traumatica con VVVVID e la connessione lenta, ma mi limiterò a piangere in un angolo...

Finalmente posto un nuovo capitolo :) Spero che vi piaccia!


ℭ𝔯𝔲𝔪𝔟𝔩𝔢 ✔️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora