Capitolo I

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La mattina presto, Clarence House era sorprendentemente silenziosa.
Harry era abituato al trambusto nel Palazzo Reale di sua madre, era cresciuto aspettandosi conversazioni nei corridoi, persone che lo salutavano quando passava loro accanto, il brusio di voci che fuoriuscivano dalla sala riunioni di Nick Grimshaw ogni qualvolta Nick forniva stralci calcolati di informazioni a un ristretto numero di giornalisti. In quel momento, anche il personale era in numero limitato e sporadico. La luce del sole aveva appena cominciato ad alzarsi su Londra, e quando Harry aveva parcheggiato la sua macchina pochi minuti prima, le ombre notturne avvolgevano ancora gli alberi di Green Park.
In quell'assenza innaturale di altri esseri umani, l’Horse Corridor era più inquietante del solito, cosa che Harry considerò un’impresa. Tende rosse e pesanti rimpiangevano il passaggio del tempo, statue di cavalli tracciavano ogni suo passo con occhi di porcellana, e dipinti a olio sui muri incombevano come reliquie di un altro secolo. Lo erano, in un certo senso. Fin dalla morte del nonno di Harry, Anne aveva parlato di un rinnovamento completo. Non essendo di importanza prioritaria, però, essendoci sempre molte altre questioni a richiamare la sua attenzione, non era ancora andata oltre la fase di pianificazione. Governare un paese non era un lavoro part-time.
Harry catturò stralci di conversazione dal salotto e rimase in silenzio per un attimo, tendendo l’orecchio per potersi fare un’idea sul perché era stato buttato giù dal letto a quell’ora assurda. Non riuscì a interpretare niente attraverso il legno spesso della porta.
Harry bussò ed entrò senza aspettare una risposta.
Si fermò sui suoi passi. Nick era lì. Quello non era un buon segno. Non era mai un buon segno se il Capo della Royal Communications era presente fuori dai normali orari d’ufficio.
“Buongiorno.” Schiarendosi la gola, Harry lanciò un’occhiata da sua madre a Nick, alla sostanziosa colazione inglese disposta sul tavolo, spostando poi lo sguardo su un uomo che non aveva mai visto prima – leggermente tarchiato, con un bel sorriso e lo sguardo intelligente. Suscitava in Harry l’idea di qualcuno facilmente sottovalutabile. “Chi è morto?”
Anne posò la sua tazza con un delicato tintinnio di porcellana e gli riservò uno sguardo gentile. “Tesoro. Vieni a sederti, per cortesia. Questo è James Corden. Si unirà a noi per la colazione.”
Okay. Non era decisamente un buon segno.
Dal momento che Harry era tornato giusto la notte prima da due settimane in Spagna, non c’era assolutamente niente di rassicurante nell’essere convocato per una colazione di buon’ora con un uomo il cui nome era praticamente un’istituzione: James Corden, professionista nella risoluzione di problemi. Lavorava dietro le quinte, il passaparola come unica pubblicità di cui aveva bisogno ora che era riuscito a farsi conoscere come la persona da chiamare all’alba di una grave crisi. Lui e il suo team avevano gestito le conseguenze quando l’amante incinta del Duca del Kent aveva parlato con la stampa, avevano condotto i negoziati con un rapitore che minacciava di ferire l’unico figlio del Leader dell’Opposizione, e quando Niall si era innamorato di una modella di Victoria’s Secret, la Marchesa di Waterford li aveva chiamati per ricreare la figura pubblica di suo figlio in modo da proteggere la reputazione dell’antica famiglia irlandese.
“È un piacere conoscerla,” mentì Harry, stringendo la mano all’uomo e prendendo nota di una stretta forte e sicura. Salutò Nick con una pacca sulla spalla e sua madre con un bacio sulla guancia, per poi sprofondare nella sedia libera e appianare la sua espressione in una di gradevole aspettativa.
Merda. Era nei guai seri. Cosa aveva fatto?
Non gli venne in mente nulla. Le modelle di intimo e le loro curve esercitavano una scarsa attrattiva su di lui, e non è che rischiasse di concepire un figlio, illecito o no, che qualcuno avrebbe potuto rapire.
Lanciando un’occhiata attorno al tavolo, osservò il sorriso sereno di Corden e la perenne scintilla di divertimento negli occhi di Nick. Anne appariva regale anche nel suo semplice vestito, i capelli legati indietro e la sua espressione seria. Non accadeva spesso che Harry trovasse sua madre intimidatoria, ma quello era uno di quei momenti. Per nascondere il suo nervosismo, afferrò una fetta di pane e si allungò per raggiungere il burro. “Grazie per l’invito a colazione,” disse ad alta voce. “Pare che oggi sarà una magnifica giornata, quindi suppongo sia un bene che mi sia stato richiesto di alzarmi presto. Mi darà la possibilità di godermela appieno.”
“Oh, una giornata davvero magnifica,” gli disse Anne. Per chiunque altro, la punta d’ironia sarebbe stata impercettibile.
Harry deglutì e lanciò a Nick un’occhiata rapida e supplichevole. Erano amici, dopotutto, e come tali, era dovere di Nick salvarlo da quello scomodo vicolo cieco.
Dopo un attimo di considerazione, Nick lo fece. “C’è un problema.” Recuperò il suo iPad e sbloccò lo schermo, appoggiandolo sul tavolo in modo che Harry lo vedesse.
Harry sentì il pane scivolargli dalle mani. I muscoli si bloccarono.
Oh. Oh no. Oh no, no, no. Ma porco… cazzo.
Come era – no. No. Erano in una stanza d’albergo, lui e Zayn. Erano all’interno, le tende tirate, nessuna porta aperta o cose del genere. Nessuno sarebbe dovuto riuscire a coglierli sul fatto, e okay, la foto che riempiva lo schermo era alquanto insignificante e sarebbe potuta passare per due amici che giocano sul pavimento, Zayn a cavalcioni sui fianchi di Harry con un ampio sorriso. Ma. Merda. Se esisteva quella foto, sicuramente ne erano state scattate altre molto più… significative.
C’era una videocamera nella stanza? Oddio. Oddio.
Harry deglutì e spinse l’iPad verso Nick, non osando guardare Anne. Ci sono cose che non è necessario che una madre sappia.
“Questo è stato inviato alla mia email ieri sera sul tardi,” disse Nick. “Da un anonimo beneficiario, come si è chiamato lui stesso. Un avvertimento amichevole. È l’unica foto che è stata inviata, ma dicono che ce ne siano altre. Parafrasando: minacciano di inondare internet con rivelazioni scioccanti sulla condotta privata di Sua Altezza Reale il Principe Harry – il che significherebbe ovviamente rivelare la tua sessualità.” Un cipiglio sorvolò sulla sua fronte alta. “Ma questo immagino lo sospettassi. L’alternativa è versare un milione di sterline su un conto non rintracciabile, seguendo le istruzioni e le condizioni, bla bla bla.”
Harry afferrò il bordo della sua sedia e si costrinse a continuare a respirare.
Espira.
Inspira.
“Tesoro.” La voce di sua madre proveniva da un posto molto, molto lontano. Un altro universo, probabilmente. “Dobbiamo discutere sul da farsi. Il danno alla Corona potrebbe essere considerevole, ed è per questo che mi sono presa la libertà di convocare James Corden.”
Oltre il ronzio nelle sue orecchie, Harry aveva qualche problema a elaborare anche solo una singola parola. “Con permesso,” borbottò.
Con quello, si alzò in piedi e uscì dalla stanza più veloce che poté senza però mettersi a correre. Si scontrò con una domestica fuori dalla stanza, aggirando la donna spaventata con delle rapide scuse e si rifugiò nel bagno più vicino. Il suo stomaco stava cercando di arrampicarsi su per la gola, di ribaltarsi da dentro come aveva visto fare a una rana in un qualche video, l’organo completamente allo scoperto, la sessualità di Harry completamente allo scoperto, proprio lì, davanti agli occhi di tutto il mondo, e cos'era, cos'era quel casino nella sua testa?
Respirare faceva male.
 
**
 
La luce del mattino si riversava nella sala riunioni e rivelava la stanchezza negli occhi di tutti i presenti. Liam stava stringendo la tazza di caffè che Perrie aveva posato di fronte a lui, proteggendola gelosamente contro chiunque avesse voluto derubarlo. Dato che Louis stava stringendo la propria tazza di tè in modo analogo, non era nella posizione di giudicarlo.
“Perché noi?” chiese.
La risposta di Liam consistette in un’occhiata di sbieco che trasmetteva piatta incredulità.
“Sono serio,” insistette Louis. “Quindi, un nobile marmocchio è stato ricattato per qualche foto in atteggiamenti omosessuali, e scommetto che la soluzione che preferisce sia sotterrare tutta questa storia piuttosto che raccontare la verità. Evviva. Non capisco perché noi dobbiamo prendere parte a tutto questo.”
“Lo so che non ti piacciono i nobili,” cominciò Liam, e Louis lo interruppe.
“Puoi dirlo forte. Coglioni privilegiati, tutti quanti.” O almeno nove su dieci lo erano, e l’opinione di Louis era del tutto fondata e assolutamente obiettiva. Lui lo sapeva; era stato uno di loro. Lo era ancora, teoricamente, a meno che i suoi genitori non avessero trovato un modo per eliminarlo dall’albero genealogico.
Liam sospirò. “Senti, lo so che non sei d’accordo. Ma per favore, cerca di tenere la bocca chiusa. James sa cosa sta facendo.”
James lo sapeva, ecco il punto. Aveva un talento nel leggere le persone e dare un taglio alle stronzate. Louis si fidava di lui senza battere ciglio, e oltre a quello gli doveva un bel po’. Sebbene Louis non apprezzasse l’idea che dovessero essere loro a insabbiare le gesta omosessuali di un qualche nobile viziato… be’. L’avrebbe fatto. Per James, e perché Louis era un professionista ed era fiero del suo lavoro.
“Ci proverò,” acconsentì in un sussurro, sfiorando il gomito di Liam per un attimo prima di rilassarsi nuovamente sulla sua sedia e chinare il viso verso il suo tè, aspettando che l’odore pungente rianimasse la sua voglia di vivere. O che James arrivasse con il loro cliente, una delle due.
Le rigide rughe da preoccupazione attorno agli occhi di Liam si affievolirono. “Bene,” disse piano.
Alla fine del lungo tavolo delle riunioni, Perrie stava sistemando il portatile di James, collegandolo al video proiettore. Di solito, tutto ciò che riguardava i computer sarebbe stato compito di Liam, ma Liam non era un tipo mattiniero, Perrie sì. Cose come quella ricordavano a Louis quanto lavorassero bene come team. La piccola compagnia di randagi di James.
Lasciando cadere la fronte sul tavolo, Louis tentò di guadagnare un altro paio di minuti di sonno.
Si raddrizzò sussultando quando Ben entrò nella stanza e posò un grosso fascicolo sul tavolo. Dato che Louis dubitava che a Ben fosse stato detto più che al resto di loro – nobile cliente di status elevato, ricattato con prove di uno scandalo sessuale gay, tutte le opzioni per ora presentate – sospettava che tutti quei documenti servissero a scopo puramente decorativo. Forse era il genere di cose che venivano insegnate agli avvocati nel corso della loro educazione; mai farsi trovare senza un carico notevole di documenti. Se fossero state sollevate obiezioni, potevano sempre ricorrere ai fascicoli per mettere al tappeto un avversario.
“James ha appena chiamato,” annuncio Ben. “Ha detto che sono di sotto, che stanno per salire, e di mettere su le nostre migliori facce professionali.”
Louis bevve lentamente un sorso di tè e scrollò le spalle. “Lo dice sempre.”
“Sembrava che dicesse sul serio, stavolta,” disse Ben.
La stanza cadde in un silenzio nervoso mentre tutti si alzavano e si sparpagliavano strategicamente attorno al tavolo. Louis abbassò lo sguardo su di sé. I suoi skinny jeans e la camicia sgualcita non erano all’altezza del completo di Ben, della cravatta di Liam, o del tubino di Perrie. D’altronde, Louis lavorava sul campo e aveva bisogno di integrarsi in ambienti diversi, quindi era autorizzato a un pizzico di libertà in più. Aveva chiarito quel punto preciso a Liam diverse volte.
Un suono metallico fuori dalla stanza annunciò l’arrivo dell’ascensore. Louis posò il suo tè, allacciò le mani sul tavolo e si voltò verso il corridoio.
Quello era… Porco cazzo.
Porco fottutissimo cazzo.
Perché proprio lì – dietro a una massiccia guardia del corpo e a un tipo smilzo e col ciuffo che Louis conosceva dai telegiornali, camminando accanto a James con le mani in tasca… be’. Quello era il Principe Harry.
Il Principe Harry. Sua Altezza Reale il Principe Harry Edward di Galles, secondo in linea di successione al trono e protagonista ignaro delle fantasie adolescenziali di Louis.
I piani di Louis per la giornata non prevedevano questo, Gesù Cristo.
Il Principe Harry. Il Principe Harry era al centro di un potenziale scandalo omosessuale. Il Principe Harry era gay, o quantomeno bi-curioso. Il Principe Harry era il tipo di persona disposto a corrompere un ricattatore così da evitare che la sua vita privilegiata potesse complicarsi.
Il Principe Harry era un moccioso realmente viziato. In tutti i sensi.
Imponendo ai suoi lineamenti un’approssimazione di cortese interesse, Louis osservò James condurre il Principe e il tizio con il ciuffo all’interno della sala riunioni mentre la guardia del corpo si posizionava fuori dalla porta. “Il Principe Harry di Galles,” annunciò James, dopo aver lanciato un’occhiata in giro. “E Sir Nick Grimshaw, Capo della Royal Communications. Permettetemi di presentarvi il mio team. Perrie Edwards,” agitò una mano, e Perrie saltò in piedi per un traballante inchino. “insieme a Ben Winston, Liam Payne e Louis Tomlinson.”
Ben e Liam rivolsero degli inchini troppo profondi, piegandosi sui fianchi. Per un istante, Louis considerò l’idea di boicottare tutta questa storia, poi catturò lo sguardo implorante di Liam e si alzò a sua volta, incrociando gli occhi del Principe prima di inclinare la testa quel tanto per soddisfare il protocollo. Il Principe mantenne lo sguardo di Louis per un istante prima che la sua attenzione tornasse su James.
Quando Louis tornò a sedersi prima di chiunque altro, si sentì stranamente senza fiato, come se fosse stato sommerso per un attimo nel suo passato. Non lo apprezzò neanche un po’. E non apprezzò neanche Grimshaw che chiese, “Senza offesa, James, ma possiamo ridurre il tuo team all’essenziale? È una faccenda delicata.”
“Sono tutti essenziali,” replicò James, il suo tono sia affabile che sicuro. “Inoltre, hanno tutti la mia piena fiducia.”
E questo era il motivo per cui Louis amava il suo capo. Parte del motivo, almeno.
Sembrava che Grimshaw volesse obiettare, ma si acquietò quando il Principe mormorò un debole, “Nick, per favore. Facciamola finita con questa storia e basta.”
Wow, grazie. Davvero gentile da parte del Principe Harry far capire che avrebbe preferito essere in qualsiasi altro posto piuttosto che lì.
Afferrando il suo tè, Louis rimase in silenzio nel corso della spiegazione fornita da Grimshaw; alcune considerazioni di base su Harry – Principe Harry – di ritorno da una vacanza in Spagna con gli amici, e come questo era coinciso con un’email inviata all’account di Grimshaw, un’email contenente un esempio di quello che era stato promesso essere materiale scottante. Quando James gli ricordò che la massima trasparenza era parte delle sue condizioni, Grimshaw fece una smorfia, lanciò al Principe un’occhiata di sbieco e poi recuperò un iPad. Accanto a Louis, Liam si irrigidì, e Louis sapeva che si stesse forzando di trattenere una sfuriata sui rischi dell’archivio su Cloud e sulla sete di informazioni della Apple.
Quando Perrie guardò lo schermo, il Principe, che fino a quel momento era seduto formalmente, sembrò raggomitolarsi leggermente su se stesso mentre fissava con decisione il tavolo. Si vergognava, non è vero? Nessuna pietà da parte di Louis, questo era certo. Hai voluto la bicicletta, è meglio che tu sia pronto a pedalare.
Ricevendo il tablet da Ben, Louis studiò la foto più a lungo del necessario. Buon Dio, fanculo tutto. Dieci anni prima, un’immagine del Principe Harry disteso sul pavimento, in parte svestito e con un ragazzo bellissimo a cavalcioni su di lui, avrebbe alimentato le fantasie di Louis per mesi. Ma ormai non era più diciassettenne e arrapato. Inoltre, il Principe Harry non era più il ragazzo dal visino angelico e i capelli ricci che Louis aveva intravisto nei corridoi di Eton; a venticinque anni, il Principe era decisamente un uomo, alto e slanciato, con una bocca grande, intensi occhi verdi e una cascata libera di ricci color cioccolato. Ancora fastidiosamente attraente.
Non che fosse importante, comunque.
Louis passò l’iPad a Liam, prese un altro sorso di tè ed evitò di fissare le mani del Principe, le lunghe dita intrecciate sul tavolo, le stesse dita che avevano stretto i bicipiti dell’altro uomo nella foto, e… e Louis non stava fissando le mani del Principe. Certo che no.
Una volta che Grimshaw ebbe riavuto di nuovo l’iPad, ci fu un momento di silenzio prima che Perrie parlasse, suonando estremamente imbarazzata. “Uhm, Vostra Grazia?”
“Vostra Altezza Reale,” la corresse Louis senza pensare. Un attimo dopo, avrebbe voluto non averlo fatto, specialmente perché Perrie sembrava ancor più incerta di prima. “Scusami,” le disse piano. “Se vuoi seguire le convenzioni, è Vostra Altezza Reale la prima volta, e poi in seguito Sir. È solo, sai. Se vuoi essere precisa.”
“Solo Harry va bene,” disse il Principe in quel momento d’imbarazzo, e Louis riuscì a mordersi la lingua all’ovvio riferimento a Harry Potter. Beccò anche il Principe – Harry, chi se ne frega – a fissarlo con uno sguardo incuriosito. Louis inarcò un sopracciglio e si voltò dall’altra parte.
Un po’ troppo per la capacità di Louis di tenere la sua cazzo di stupida bocca chiusa.
“Perrie, stavi dicendo?” domandò James, e Perrie si schiarì la gola.
“Stavo solo pensando, Sir – mi scusi, Harry.” Cercò di mostrare un sorriso che sembrava ancora un po’ sopraffatto dalla situazione. Oh, per l’amor di Dio, principe o no, quel tizio era comunque un dannato essere umano, o no? “Stavo pensando al ragazzo nella foto. C’è qualche possibilità che l’abbia incastrata?”
“Assolutamente no,” replicò Harry immediatamente. Per la prima volta, c’era una traccia di autorità nel suo tono. “Zayn è uno dei miei migliori amici. Inoltre, se avesse voluto, avrebbe potuto farlo anni fa. È impossibile che sia stato lui. Semplicemente no.”
“Concetto interessante di amicizia,” disse Louis, dal momento che chiaramente non aveva nessun filtro cervello-bocca.
Sotto il tavolo, Liam gli tirò un calcio sullo stinco, e Louis soppresse un sussulto di dolore. Probabilmente se l’era meritato, visto che aveva promesso almeno di provare a tenere le sue osservazioni per sé. Ciononostante, Liam conosceva Louis e pertanto avrebbe dovuto essere consapevole di quanto quella richiesta fosse impossibile.
Harry doveva aver afferrato il tono beffardo nella voce di Louis, un cipiglio a increspargli la fronte. La delicata luce del mattino aveva inondato i suoi lineamenti e fatto emergere il colore dei suoi occhi. “Ha qualche problema con le,” una breve pausa, “attività omosessuali?”
“Un problema a toccare uccelli?” Louis rise, incapace di trattenersi. Con la coda dell’occhio, notò James lanciargli un’occhiata di avvertimento, e oh. Uhm, giusto. Cliente. Represse il suo divertimento e incontrò lo sguardo di Harry. “Le chiedo di perdonarmi, Sir. Sono gay, quindi no, di certo non ho alcun problema con le attività omosessuali. Quello con cui ho un problema è la disonestà. Perché non fa la cortesia di chiamare il suo amico, il suo ragazzo? O scopamico, come preferisce.”
Louis,” disse James con un’asprezza che raramente Louis aveva sentito rivolta a sé stesso. Al contempo, Liam gli diede un altro calcio allo stinco, con più forza del primo. Louis si rifiutò comunque di rompere il contatto visivo con Harry, si rifiutò di scusarsi solo perché Harry possedeva diversi titoli e una valanga di soldi. Coglioncello.
“Non che siano affari suoi…” La voce di Harry era profonda e chiara, ogni sillaba formata con attenzione. “Ma Zayn è effettivamente mio amico, prima di tutto. A volte capita anche che ci soddisfiamo a vicenda. Principalmente perché non è che io possa rimorchiare tizi a caso in discoteca, lei che dice?”
Louis alzò entrambe le spalle e sorrise. Sentiva i polpastrelli pulsare, a ritmo con il suo battito accelerato. “Potrebbe, se dicesse la verità. Essere gay non è una cosa di cui vergognarsi, Principino.”
Il soprannome informale fece raddrizzare Harry sulla sedia, gli occhi a stringersi, il mento sollevato in segno di sfida. Sì cazzo, fatti sotto.
Solo allora Louis lanciò uno sguardo di sbieco, e l’aperto disappunto negli occhi di James lo fece deglutire e ritirarsi nella sua sedia. Cazzo. Cazzo. “Le porgo le mie scuse,” disse, in fretta. Incrociando lo sguardo di Harry, cercò di ignorare i battiti instabili del suo cuore, che pulsava nella sua gola. Cercò inoltre di ignorare il modo in cui Grimshaw lo stava fissando. “Sono stato inopportuno, e non succederà di nuovo. Non sono nella posizione di giudicare, ovviamente.”
Dopo un attimo che si allungò come un fragile elastico, pronto a strapparsi per la tensione, Harry annuì una volta, appena percettibile, e distolse lo sguardo. Louis scoprì di riuscire a respirare di nuovo. Concentrandosi sul suo tè, decise di tenere la bocca chiusa per tutto il resto dell’incontro.
Sarebbe stata una lunga giornata, ed era a malapena cominciata.
 
**
 
C’erano quattro opzioni possibili: uno, la Famiglia Reale poteva pagare il riscatto e sperare di non avere più notizie del ricattatore; due, Harry  poteva fare coming out e rendere il materiale del ricattatore molto meno prezioso; tre, potevano prendere tempo e cercare di trovare il colpevole prima che qualsiasi cosa diventasse pubblica; quattro, potevano non fare niente e aspettare. Ovviamente c’erano ulteriori dettagli, come ad esempio chiedersi se stessero cercando un solo ricattatore o più, o se le implicazioni di un potenziale coming out sarebbero state attutite se l’amico di Harry si fosse presentato come il suo ragazzo, almeno per un breve periodo. Le opzioni di base però rimanevano le stesse.
Nel corso della discussione il Principe Harry era rimasto estremamente quieto, ascoltando con le mani intrecciate sul ventre e lo sguardo basso, le ciglia a nascondere i suoi occhi. Grimshaw era stato molto più fervente, nonostante non avesse espresso una chiara preferenza. Per quanto Louis si considerasse piuttosto esperto nel leggere le persone, francamente non era stato in grado di fare previsioni sull’esito quando Harry e Grimshaw – Nick – chiesero un paio di minuti in privato. 
Mentre James e Ben andarono a controllare le loro email nei loro rispettivi uffici e Perrie fece un salto al negozio di alimentari per prendere qualcosa per il pranzo, Liam afferrò Louis per il braccio e lo trascinò nella loro cucina.
“Che cazzo era quello, Tommo?” sibilò.
Louis scosse la testa prima che Liam avesse la possibilità di approfondire. “Non ora,” disse Louis aspramente, liberando il braccio. “Sono stanco, affamato e nervoso, okay? E non sono proprio dell’umore per una ramanzina. Sono sicuro che James avrà un sacco di cose da dirmi più tardi, quindi… risparmiamelo, okay?”
Liam rimase in silenzio per il tempo necessario a Louis per riempire il bollitore, ma il suo cipiglio non si era attenuato. Le sue spesse sopracciglia si erano avvicinate, le braccia incrociate mentre stava appoggiato contro il piano di lavoro, fissando Louis. Era estremamente irritante. Louis si rifiutò di abboccare all’amo. Si rifiutò.
“Smettila di fissarmi,” disse a Liam un attimo dopo. “È inquietante.”
“Perché ti sei comportato così prima?” replicò Liam. Non si mosse di un millimetro, e Louis gli girò attorno per recuperare la loro selezione di tè.
“Lo sai che non mi piacciono i nobili.”
Se Louis aveva sperato che la finalità nel suo tono avrebbe scoraggiato Liam, si sbagliò; Liam non si innervosiva facilmente, ma una volta che aveva preso la sua decisione, poteva comportarsi come un cane con l’osso. “Non ti piacciono i nobili, certo,” disse. “Okay, lo capisco. Ma non ti ho mai visto così. Tipo… È un cliente, Louis. Il cliente di James. Il nostrocliente. Abbiamo delle responsabilità, e tu non puoi semplicemente andare lì e… è il dannato Principe di Galles.”
“In realtà, è solo il Principe Harry,” lo corresse Louis. “Dato che non è il primogenito.”
Liam gli lanciò un’occhiataccia e continuò. “Dev’essere dura per lui, lo sai, e non puoi aspettarti che getti tutto al vento e faccia coming out. Credo che sarebbe il primo reale a fare una cosa del genere, ed essere il primo è difficile.”
“Fanculo la monarchia,” affermò Louis, chiaro e deciso. Scelse il suo tè, poi alzò la testa e incontrò lo sguardo di Liam giusto in tempo per vedere i suoi occhi spalancarsi, il colore defluire dalle sue guance mentre si focalizzava su qualcosa alle spalle di Louis.
Lentamente, Louis si voltò.
Oh.
Porca di quella puttana.
 
**
 
“Fanculo la monarchia,” fu la prima cosa che Harry sentì quando girò l’angolo.
Si fermo all’improvviso, il suo tentativo di trovare il bagno presto dimenticato. Non c’erano dubbi su quella voce, il lieve raschiare e lo strano mix di vocali morbide e taglienti nelle parole. Si trattava di Louis Tomlinson.
Harry sarebbe dovuto esserci abituato. C’erano fin troppe persone che deridevano il suo status, prevenute prima ancora di scambiare anche solo una singola parola con lui. Ma di solito, queste persone non erano parte di un team ingaggiato per aiutare Harry; non erano al corrente di un segreto che era stato costretto a nascondere per anni, e non erano ingiustamente attraenti anche quando lo trattavano con un disprezzo scarsamente celato. Sebbene Harry avesse evitato qualsiasi tipo di contatto visivo con Louis durante il meeting, era stato fin troppo consapevole della sua presenza, della derisione irradiata da Louis come un pizzicore sotto la pelle, un basso ronzio nelle sue ossa. Stranamente, era stato affiancato da un vago senso di riconoscimento, come un ricordo che sfuggiva alla comprensione di Harry.
In ogni caso, Louis si era scusato, e Harry aveva accettato le sue scuse. Ma le parole appena pronunciate da Louis avevano mostrato con chiarezza che non credeva a una sola parola di ciò che aveva detto.
Fanculo tutto. Harry trovava già difficile sottostare alle richieste di uno sconosciuto che l’aveva derubato di un momento intimo, che aveva violato la privacy sua e di Zayn; non aveva intenzione di diventare anche lo zerbino di Louis Tomlinson.
Raddrizzò le spalle e avanzò.
Fu Liam ad avvistarlo per primo, e l’evidente shock sul suo viso fu gratificante, a riprova che Harry era ancora in grado di ottenere qualche briciola di rispetto, anche se era tutto merito del suo status. Il suo dannato status, il motivo per cui era lì in primo luogo. Se non fosse stato per quello, nessuno avrebbe pensato di nascondere una videocamera nella sua stanza d’albergo e ricattarlo con qualcosa che sarebbe dovuto essere privato. Ovviamente, sapeva cosa avrebbe detto uno come Louis se avesse osato anche solo pronunciare una parola su quanto non fosse tutto un divertimento, come la gabbia dorata poteva rendere difficile respirare delle volte.
Povero piccolo riccastro, sì; Harry aveva già sentito questa solfa. Sapere di essere privilegiato non significava che non potesse far male. Non era un dannato robot.
Quando Louis si voltò, la sua espressione era ampiamente impassibile, la luce che si riversava attraverso una piccola finestra a mettere in risalto metà del suo viso e ad evidenziare il taglio dei suoi zigomi, l’azzurro dei suoi occhi. I capelli castano chiaro erano spostati dalla fronte, arruffati in un modo che poteva essere noncurante o intenzionale, e nel momento in cui si accorse di Harry, le sue labbra si strinsero in una linea sottile. Alzò la testa, e Harry provò un’amara soddisfazione dall’essere più alto di lui. Louis era minuto, con cosce e braccia forti, e se Harry avesse voluto, avrebbe potuto facilmente costringerlo contro un muro, sovrastarlo e… e niente.
“Sei un coglione sputasentenze,” disse Harry. La sua voce non era fatta per trasportare emozioni, quindi uscì più calma di quanto intendesse. “Ho un nome da rispettare, sai? Non è che… non è così semplice per me. Non posso semplicemente pavoneggiarmi per le strade urlando, ‘Ehi ciao, sono gay.’ Ci sono delle conseguenze.”
Dietro Louis, Liam tentò senza successo di camuffarsi con il muro. Louis, d’altra parte, sorrise esponendo una linea di denti affilati. “Tutto quello che vedo è una bugia che rende più semplice la tua vita.”
“Tu credi che questo sia più semplice? Non ho nessuna possibilità di avere una vera relazione, e tu credi che io voglia prendere la strada più facile?”
Louis non batté ciglio. “Hai mai pensato cosa significherebbe se qualcuno come te facesse coming out? All’importanza del gesto?”
Oh, se ne andasse a fanculo. Come se Harry non avesse considerato l’idea così spesso da aver perso il conto, come se non avesse esaminato la situazione da ogni angolazione e arrivato a una conclusione diversa ogni singola volta. Qualsiasi cosa pensasse Louis, non era così semplice. Non tutti i Reami del Commonwealth erano tolleranti come il Regno Unito, e un rappresentante della Corona Inglese pubblicamente omosessuale avrebbe potuto incidere sulle relazioni con l’estero anche al di fuori di questo. Persino i Paesi progressisti avrebbero potuto esitare nell’accogliere un tizio che avevano visto soffocarsi col cazzo di un altro uomo. La reputazione della Corona si fondava sul potere di persuasione, e sfortunatamente la sessualità di Harry avrebbe potuto minare le sue basi. Non era così egoista. Non lo era.
“Tu non hai idea dei potenziali costi,” riuscì a replicare Harry, debole. Perché si stava disturbando? Era una sua decisione, una decisione molto personale, sua e basta, e non avrebbe dovuto giustificarsi con Louis, o con chiunque altro.
“Non venirmi a parlare dei costi, Sir. Non farlo e basta.” Louis fece suonare il titolo come un insulto, ma c’era qualcos’altro nella sua voce, un’ombra che probabilmente non era indirizzata al solo Harry. Per un attimo, Harry lo fissò e poi scosse la testa, improvvisamente esausto.
“Per essere qualcuno così sprezzante della monarchia, sai decisamente un sacco sulle sue convenzioni.”
Louis contrasse le labbra, tutto in lui gridava provocazione. “Più cose so, meno me ne fotte un cazzo.”
“Louis,” borbottò Liam, il monito chiaro nella sua voce.
“Pagarli è la soluzione migliore,” disse Harry ad entrambi. Lo era. Lo era. E se se lo fosse ripetuto abbastanza spesso, avrebbe eventualmente cominciato a pensarlo davvero. “È il modo migliore per limitare i danni alla Corona, e non è che ho preso questa decisione da solo. Nick è d’accordo, e lui ha parecchia esperienza con la comunicazione in caso di crisi.”
“Essere gay non è una crisi.” Sbuffò Louis con disprezzo, gli occhi assottigliati. “Tra l’altro, ti rendi conto che siamo nell’era digitale, vero? Non si tratta solo di un paio di negativi. Ogni copia di un file vale quanto l’originale, quindi come farai a sapere se il materiale sarà sparito davvero? E non salterà fuori comunque?
Questo…
Be’. Merda.
Era piuttosto ovvio e così, così vero che lo stomaco di Harry cedette verso le sue ginocchia. Prima che potesse pensare a una risposta adeguata, Liam parlò a voce alta per la prima volta da quando Harry li aveva interrotti. “Louis ha ragione, sai? Non puoi sapere quante copie ci siano, quante foto e video, e dove li conservino. Cosa succederebbe se pagassi, e poi quelle persone diventassero avide e volessero un altro milione? O qualcos’altro?”
Harry non aveva una risposta.
 
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Louis non riusciva a crederci. Non riusciva a credere che Harry non avesse considerato che un ricattatore avrebbe potuto non rispettare gli accordi. Se si fosse trattato di guadagnare tempo per mettere in atto un piano, di controllare cosa sarebbe stato rilasciato… okay. Ma porca puttana, Harry si aspettava davvero che sarebbe stato così diretto? Paga e sei libero? Non era mai così semplice. Mai.
Assimilando il modo in cui Harry si stava mordendo il suo labbro inferiore, gli occhi un po’ distanti col pensiero, Louis contò fino a cinque prima di chiedere, “L’idea non ti è davvero passata per la testa?”
Lo sguardo di Harry si incastrò in quello di Louis. La sua voce aveva una nota difensiva. “Sono stato educato a credere che la parola di una persona significhi veramente qualcosa.”
Be’. Proprio ingenuo da parte sua. Era anche insolitamente adorabile, e un po’ triste. Louis si chiese se anche lui avrebbe detto lo stesso a diciassette anni, prima di precipitare nella realtà.
“Senti,” disse lentamente. “Da dove provengo io, contano solo il denaro, il sesso e il potere. Il più delle volte, una cosa coincide con l’altra.” Sollevò le sopracciglia. “Non puoi pretendere che un ricattatore agisca secondo il codice etico predicato dalla College Chapel, sai?”
Allo sguardo sorpreso di Harry, Louis si rese conto di aver probabilmente tradito una familiarità con le tradizioni della Eton che non tutti possedevano. Cazzo, di solito riusciva a fare più attenzione, ma qualcosa in Harry aveva aperto un varco attraverso i suoi muri ed esposto le sue scadenti fondamenta. Harry era un frammento del passato di Louis. Non apparteneva al suo presente.
“Come,” cominciò Harry, e Louis lo interruppe.
“Un accordo tra gentiluomini funziona solo se entrambe le parti si comportano da gentiluomini. Non è applicabile nel caso in questione.”
Era molto, molto scortese interrompere un membro della Famiglia Reale. C’era una possibilità concreta che in giorni lontani e oscuri, la gente venisse impiccata per questo genere di cose. Harry si limitò a sbattere le palpebre, e sì, i suoi occhi erano ancora molto verdi, e la sua bocca era ancora un tantino troppo grande per la sua faccia – la stessa bocca su cui Louis aveva fantasticato con una mano infilata nelle mutande e il viso schiacciato contro un cuscino per attutire i gemiti. A quei tempi, il sesso era una promessa dolce e appiccicosa.
“Perché i ricattatori non sono gentiluomini? O anche perché mi consideri un codardo?” Harry stava guardando Louis dritto negli occhi come per sfidarlo a dire… qualcosa, Louis non lo sapeva. Era insolitamente sconcertante avere quel tipo di attenzione su di lui, come un riflettore in grado di raggiungere ogni spasmo dei suoi muscoli, ogni crepa sulla sua maschera. Aprì la bocca senza avere alcuna idea su cosa dire.
Fu salvato da Liam che si inserì nuovamente nella conversazione. Dio lo benedica.
“E il tuo amico?” Chiese Liam con cautela, e non distorse la parola ‘amico’ in una presa in giro, nel modo in cui avrebbe fatto Louis. “Cosa ne pensa?”
Quando Harry distolse lo sguardo, la tensione claustrofobica attorno al petto di Louis si allentò appena. Era una strana sensazione, però, osservare Harry rivolgere un piccolo sorriso a Liam prima di rispondere.
“Zayn mi ha detto che gli va bene qualsiasi cosa. Ed è già praticamente dichiarato bisessuale, tanto per dirne una, e dato che non proviene da una famiglia nobile, non è come… Non sono…” Harry fece una pausa. Per qualcuno che era stato presumibilmente educato con l’eloquenza fin dalla tenera età, aveva una sorprendente tendenza a divagare e inciampare sulle sue stesse parole. “Fa il modello. Quindi non è troppo entusiasta di vedere la sua vita privata sui giornali, ma non sarebbe un grande problema come per me. Parole sue, non mie.”
Un modello, uh? Ora che l’avevano menzionato, Louis pensò che il ragazzo a cavalcioni su Harry fosse vagamente familiare, qualcuno che Louis avrebbe potuto riconoscere dalle pagine delle patinate riviste di moda. Non che a Louis piacesse quel tipo di lettura, davvero. Dava una sfogliata a GQ solo quando era teso e sovraffaticato, e perché James aveva insistito su un abbonamento per la loro sala d’attesa nonostante facessero consulenze solo su appuntamento e nessun cliente avesse mai in realtà aspettato lì.
Inoltre, lungi dal dannato Principe Harry del Galles di andarsene a zonzo senza che nessuno sappia della sua sessualità e riuscire ancora a scoparsi modelli. Andava solamente a provare che quei cliché esistevano per un motivo.
Louis stava per fare un commento in tal senso – fanculo l’adeguatezza – quando Harry indietreggiò di un passo, scuotendo la testa. “Ad ogni modo,” disse. “Potreste indicarmi il bagno degli uomini?”
“Vuoi dire che devi pisciare?” Chiese Louis con enfasi. “O il termine è troppo plebeo per te?” Era a malapena uscito dalla sua bocca quando Liam lo pizzicò sul fianco, forte, e Louis tentò di non trasalire.
Harry si raddrizzò, perfettamente consapevole del suo vantaggio in altezza. “Sì. Devo pisciare. Perché, sorprendentemente per te, sono umano.”
Liam si intromise prima che Louis avesse la possibilità di scavarsi una fossa ancora più profonda. “I bagni sono in fondo al corridoio, l’ultima porta sulla sinistra.”
“Ti ringrazio,” disse Harry, con dignità. Con uno sguardo vuoto diretto a Louis, si incamminò nella direzione indicata.
“Ma che cazzo ti è preso?” Sibilò Liam non appena Harry fu fuori dalla portata d’orecchio.
“Lascia perdere.” Improvvisamente, Louis si sentì stanco. Come acqua che scorreva giù per il suo corpo, l’energia che aveva sfrigolato nel suo sangue si esaurì e lo lasciò vagamente nauseato. Non era da lui. “Lascia perdere e basta, ti prego.”
“Lou,” cominciò Liam, molto più gentile di un attimo prima.
“Ti prego,” ripeté Louis, e le rughe sulla fronte di Liam si attenuarono.
“Va bene. Ma ricorda che è un cliente, okay? Ricorda che siamo dalla sua parte.”
“Lo so.” Louis inspirò, mantenendo l’aria nei suoi polmoni mentre contava fino a cinque, ed espirò. “Lo so. È solo che penso che stia commettendo un errore.”
“Non sarebbe la prima volta che un cliente prende la decisione sbagliata. Qual è il tuo interesse personale in questa faccenda?”
Louis buttò giù il groppo che aveva in gola. “Nessuno. Assolutamente nessuno. Sarà meglio che vada a scusarmi, o qualcosa del genere.”
Era evidente che Liam non credeva alle parole di Louis, ma non lo fermò neanche dal gettare il suo tè intatto nel lavandino prima di allontanarsi verso il bagno. Si sarebbe scusato, sì. Questo è quello che avrebbe fatto. Si sarebbe scusato, e sarebbe stato professionale e sereno al riguardo, e avrebbe dato un taglio a tutta quella faccenda.
Sul serio. Era esattamente quello che avrebbe fatto.
Giusto il tempo di avere la possibilità di spiegare i suoi motivi.
Quel boscaiolo della guardia del corpo di Harry valutò Louis con un’espressione piuttosto diffidente quando Louis lo superò per entrare nel bagno, ma non mosse un dito per fermarlo. Fin qui, tutto bene. Lasciandosi chiudere la porta alle spalle, Louis trovò Harry al lavandino, a lavarsi le mani. Harry si irrigidì quando si accorse di Louis, facendo poi attenzione a comportarsi come se non avesse neanche notato la sua presenza.
A pensarci bene, ci sarebbero potuti essere dei posti più idonei a quella conversazione rispetto al bagno. Troppo tardi, comunque. Louis aveva fatto la sua mossa.
“Ehi. Principino?” Dallo specchio, incrociò lo sguardo di Harry e lo mantenne.
Harry inclinò la testa e osservò Louis con uno sguardo indecifrabile. Rimase in silenzio mentre chiudeva il rubinetto, scrollando l’acqua dalle mani.
“Permettimi una domanda,” disse Louis. “Solo una.”
Harry non ruppe il contatto visivo dallo specchio, e Louis suppose che fosse sufficiente come invito per continuare. Da adolescente, Louis aveva sognato una situazione del genere, imbattersi in Harry nel bagno, Harry per una volta da solo, meno intimidatorio senza il suo solito seguito e i suoi tirapiedi. Si sarebbero scontrati in qualche modo, Louis avrebbe fatto una battuta e Harry avrebbe riso, tirando indietro la testa ed esponendo la pelle nuda della sua gola. Poi sarebbero diventati amici, si sarebbero innamorati e finiti a letto insieme. In quest’ordine.
Louis Adolescente era leggermente ridicolo. Louis Adolescente era anche più divertente, più vivace, più ottimista e socievole, con una bella vita e poca familiarità con il doversi preoccupare del suo successivo pasto caldo e di un tetto per la notte. Forse sarebbe stato il tipo di Harry.
Non era quello il punto.
“Fino a che punto hai preso in considerazione l’idea che qualcuno potrebbe aver fatto una soffiata?” Domandò Louis lentamente. “Perché quella videocamera nella tua stanza d’albergo non è stata una fortunata coincidenza.”
Non è stato Zayn.” Il tono di Harry era brusco, e Louis sollevò entrambe le mani, i palmi in vista.
“Non sto dicendo che sia stato il tuo Zayn. Ma qualcuno. Qualcuno che avrebbe saputo cosa cercare, e che sapeva che saresti stato in quell’albergo. Saranno state al massimo un paio di persone, mi sbaglio?” Quando sembrò che Harry lo stesse per interrompere, Louis continuò velocemente, piegandosi in avanti mentre voltava la testa per studiare il profilo di Harry piuttosto che il riflesso del suo volto. “E sì, potrebbe essere uno sconosciuto che ti ha pedinato abbastanza a lungo da conoscere la situazione. Ma magari non lo è. Dovresti almenoconsiderare la possibilità.”
Dopo un istante congelato, in un silenzio totale, Harry chinò la testa. Passò le dita umide tra i suoi capelli, raddrizzandoli in strane ciocche, i ricci sulle sue tempie come reminiscenze del ragazzino per cui Louis un tempo aveva avuto una cotta. Le narici di Harry si allargarono, ma non rispose.
Qualcosa in quel gesto fece sentire una fitta al petto di Louis, gli fece sentire il suo respiro successivo freddo e liscio come azoto liquido. “Lo so che fa schifo, dover dubitare di chi ti sta attorno,” mormorò, più delicato di quanto intendesse. “Ma non dovresti fidarti ciecamente.”
“Non lo faccio.” Harry gli lanciò un’occhiata, un guizzo d’ombra nella sua espressione. “Fin lì ci arrivo.”
“Va bene.” Louis inspirò e mantenne l’aria nei polmoni per un attimo. “Ma che ne diresti di darci la possibilità di scoprire qualcosa in più? Liam è uno degli hacker migliori da queste parti, quindi davvero… Un giorno, okay? Dacci un giorno per scoprire qualcosa, vedere se le sue magie tecnologiche rivelano qualcosa.”
La forte luce sopra le loro teste allungava l’ombra delle ciglia di Harry sulle sue guance. Quando alzò improvvisamente la testa e si voltò per guardare Louis, fu troppo veloce per Louis per far finta che non lo stesse osservando. Harry inspirò bruscamente. “E se li provocaste? Tipo, cosa succederebbe se si rendessero conto che gli state alle costole, e rilasciassero le foto prima di riuscire ad avere un piano?”
È questo che ti ha detto Nick? Si trattenne dal chiedere Louis. Al contrario, decise per, “Non stavo scherzando sul fatto che Liam sia uno dei migliori. Se tieni la bocca chiusa, e non ne parli a nessuno… neanche al tuo Zayn…”
“Non è il mio Zayn,” lo interruppe Harry, seguito da un’impercettibile contrazione delle sue spalle. “Cioè. Non che abbia importanza, credo, ma vorrei che la smettessi di prendermi in giro con le tue allusioni. È uno dei miei migliori amici, e preferirei che tu non… sminuissi questo fatto.”
Louis bloccò l’impulso di ribattere solo per il gusto di farlo. “Ci può stare,” gli concesse.
Il fantasma di un sorriso passò attraverso il viso di Harry, e annuì, in procinto di dire qualcosa quando la porta si aprì e Ben si unì a loro nel piccolo spazio. Nonostante Louis non ritenesse necessario nascondere tutto al team, Harry smise di parlare e superò Louis per asciugarsi le mani. Si comportò come se la loro conversazione non fosse mai avvenuta.
Louis voleva insistere, discuterne. Invece, tenne aperta la porta per Harry e poi lo seguì nel corridoio, la guardia del corpo a seguire ogni suo passo. Non parlarono mentre rientravano nella sala riunioni, l’atteggiamento di Harry che non invitava a nessun ulteriore intervento. Il suo viso era accigliato.
Cinque minuti dopo, Harry dichiarò che non aveva preso la sua decisione su quale fosse la soluzione più adatta, che aveva bisogno di una notte per dormirci su. Non fece marcia indietro quando Nick lo avvisò che non potevano permettersi il lusso del tempo, il corpo di Nick teso con energia repressa. “Una notte,” insistette Harry. “Non mi sembra di chiedere troppo, giusto? Stiamo parlando di un milione di sterline, che… è un sacco, quindi… diciamo loro che gli faremo sapere entro domani mattina alle dieci?”
Per un paio di secondi, Nick rimase a fissare Harry. Poi si sgonfiò, annuendo rapidamente. “Va bene. Risponderò alla loro mail, dicendogli che abbiamo bisogno di un po’ di tempo per risolvere il processo di pagamento. E io e James lavoreremo ai dettagli del piano di follow-up, vedere come possiamo evitare di imbatterci in qualcosa del genere in futuro.”
Ah, allora avevano pensato ad elaborare un piano di follow-up, dopotutto. Buono a sapersi – anche se Harry non si era reso conto che il futuro avrebbe potuto riservare una facile replica di quella stessa situazione. Nick l’aveva considerato, e semplicemente tralasciato di dirlo a Harry per non preoccuparlo? O per indirizzarlo in una determinata direzione? La mente curiosa di Louis voleva saperlo. Louis smaniava per saperlo.
“Sarebbe fantastico, Nick,” disse Harry dolcemente. “Fatelo, per favore. E vi ringrazio.”
Nonostante non avesse guardato Louis, sembrava come se Harry si stesse rivolgendo a lui tanto quanto a Nick e James. Louis mantenne il volto inespressivo, trattenendo un sorriso che voleva aprirsi sulla sua bocca.
 
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Niall rispose al secondo squillo. Doveva essere qualche specie di record, e Harry lo prese come un segno che Zayn lo avesse già informato sulle brutte notizie di quella mattina. I sospetti di Harry si rivelarono fondati quando Niall esordì con, “Porno star! Come butta?”
“Divertente,” disse Harry. “Sei proprio un vero comico. E tu sei quello che sta uscendo con una modella di Victoria’s Secret, quindi credo di essere in buona compagnia.”
Il pensiero gli ricordò che Louis gli aveva detto di non fidarsi di nessuno. Quello era Niall, però.
Niall era stato il primo e il migliore amico che Harry si fosse fatto a Eton, e quando Harry era entrato in crisi sul fatto che gli potessero piacere i ragazzi, Niall l’aveva abbracciato per circa un secolo, e aveva provveduto a farlo ubriacare per poi metterlo a dormire. “Se una persona ti piace, ti piace e basta,” gli aveva detto. Quell’affermazione era precipitata negli abissi del sonno con Harry, scorrendo attraverso i suoi sogni. La sua testa aveva ospitato una banda musicale al mattino, ma aveva sentito il suo petto un po’ più leggero.
C’erano state innumerevoli opportunità per Niall di esporre Harry molto, molto prima di questo, e non ne aveva sfruttato neanche una.
Lo stesso valeva per Zayn, che era stato una parte della vita di Harry fin dalla prima settimana all’università, Harry inzuppato di pioggia che era inciampato – letteralmente – nella caffetteria dove lavorava Zayn. Zayn era a conoscenza del suo segreto sin da quando una notte l’avevano finita a baciarsi nella sua stanza, solo per vedere come fosse baciare un ragazzo, giusto, solo una cosa tra amici. Non era servito a molto fingere di essere etero, dopotutto. Inoltre, aveva dato la possibilità a Harry di acquistare un briciolo di esperienza, quanto bastava per non rendersi completamente ridicolo se avesse mai avuto l’occasione di avere qualcosa di reale.
Ad ogni modo, Zayn e Niall erano insospettabili. Harry aveva accettato di trattare chiunque altro con la dovuta cautela che gli aveva raccomandato Louis, sì, bene, ma Niall e Zayn erano fidati come la madre e la sorella di Harry. Harry non avrebbe mai lasciato che un criminale insignificante seminasse zizzania tra loro.
Era fuori questione.
Fece un vago suono di assenso a qualsiasi cosa Niall avesse detto, poi premette il bottone per sollevare la partizione tra l’autista e i sedili posteriori. Quando si mise di nuovo in ascolto, Niall stava sbraitando contro “la faccia tosta di certe persone, sul serio, teste di cazzo che non saprebbero come scrivere privacy neanche se gli mordessero il culo, e inoltre, amico, inoltre, siamo nel ventunesimo secolo e non dovresti più nasconderti, è così ingiusto che mi fa venir voglia di colpire qualcosa.” La valanga di parole di Niall, l’indignazione sincera in favore di Harry, contribuì in larga misura a calmare l’afflusso di sangue nelle orecchie di Harry che era stato presente fin da quando Nick gli aveva mostrato quella foto. Una foto che non sarebbe mai dovuta esistere, Dio.
“Ehi, Niall?” disse Harry alla fine, riportando la testa contro il sedile. “Quando hai lavorato con James Corden, che impressione ti hanno fatto lui e il suo team?”
Niall fece un verso contrariato. “Non ero io a lavorare con loro, erano i miei genitori. Non credo ci sia niente di sbagliato con Babs che dovesse essere gestito, tanto per essere chiari.”
“Lo so.” Malgrado la malinconia generale che si aggrappava ai suoi nervi, Harry sorrise, solo leggermente. Niall era incredibile così com’era. “Ma hai incontrato il team un paio di volte, vero? Come ti sono sembrati?”
“Sono bravi,” disse Niall. “Potrebbe sembrare il contrario, visto che la maggior parte di loro è abbastanza giovane. Tipo, Perrie, Liam e Louis, credo che siano poco più che ventenni. O forse un po’ più grandi, tipo ventisei, ventisette anni? Qualcosa del genere. Ma sono molto bravi, sanno quello che fanno. Sono in gamba. Sono anche uscito a bere una birra con Louis e Liam, con l’intenzione di rimanere in contatto, ma poi ci è passato di mente.” Fece una pausa, come se stesse considerando un pensiero improvviso. “Louis ti sta dando problemi? Non è un gran sostenitore della nobiltà, l’ha reso abbastanza chiaro, date le concezioni antiquate di onore e balle varie dei miei genitori. E il tuo essere un principe che si pavoneggia–”
“Io non mi pavoneggio,” intervenne Harry.
Niall continuò come se non l’avesse sentito. “–probabilmente avrà suscitato una reazione da parte sua.”
Harry soffiò una leggera risata. “L’ha fatto.”
“Lo immaginavo.” Un ghigno rallegrò la voce di Niall. “Non è così male, comunque, una volta superato questo problema.”
“Lo sapevi che è gay?” chiese Harry, poi desiderò di non averlo fatto quando Niall sbottò bruscamente a ridere.
Nope, non lo sapevo. Non posso dire che mi interessi, ma a te è sempre piaciuto quando le persone ti danno un po’ di filo da torcere, eh?”
Harry espirò, un’eco della voce rapida e luminosa di Louis a scorrere contro le pareti del suo cranio. Non era il punto della chiamata, comunque, e di certo non era il motivo per cui aveva chiesto l’opinione di Niall.
“Non è affatto rilevante in questo momento,” disse Harry. “Lo sai che ho problemi più gravi. Mi stavo solo chiedendo cosa ne pensassi di loro, di tutto il team, dato che sono, diciamo… essenziali? E a causa di una cosa che mi ha detto Louis, che… Te lo dico quando ci vediamo. Cioè, ci sarai anche tu da Zayn, giusto? Non ti posso promettere che sarò di compagnia, però.”
Per una volta, Niall non prese in giro Harry per gli sproloqui, facendo finta di niente. “Ti rimpinzeremo di pizza e birra,” gli promise, il tono gentile. “E sì, sarò lì dopo aver accompagnato Babs. Zayn è preoccupato dal nostro essere dipendenti l’uno dall’altro, tra parentesi. È adorabile.”
Dal momento che si erano separati la notte prima, dopo due settimane di vacanza passate l’uno appiccicato al culo dell’altro, Zayn non aveva tutti i torti. In compenso, era stato lui a suggerire a Harry di andare da lui una volta finita la riunione. Zayn non riusciva a fare pace col cervello.
“Grazie, Nialler.” Esalò Harry. “Ci vediamo dopo, allora.”
“Ehi,” disse Niall velocemente, prima che Harry potesse chiudere la chiamata. “Ho il numero di Louis, se vuoi. A fini puramente, ah… relativi alla crisi, ovviamente.”
Oh. Be’, Harry aveva previsto di chiamare James per autorizzargli un’indagine discreta, ma… chiamare Louis sarebbe stato più semplice. Meno bisogno di spiegazioni.
Sarebbe stato più pratico.
“Me lo mandi via messaggio?” Chiese Harry.
“Va bene,” rispose Niall, e se suonò un pizzico divertito, Harry decise di ignorarlo.
 
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Il telefono di Louis squillò durante l’unica pausa sigaretta che si era concesso in tutta la giornata di lavoro. Una brutta abitudine, il fumo. Liam aveva cercato di farlo smettere per quasi un anno, ma Louis pensava che avesse fatto cose molto più rischiose nella sua vita. Tre sigarette al giorno non l’avrebbero ucciso, o almeno non nell’immediato futuro. Voleva morire giovane e bello, in ogni caso.
Alla suoneria generica associata ai numeri sconosciuti, soffiò il fumo nell’aria del caldo pomeriggio e ripescò il telefono dalla tasca. Una serie di cifre sconosciute lampeggiava sullo schermo. Okay. Un call center o un ragazzino di strada in cerca di un consiglio.
Appoggiandosi alla ringhiera del balcone, Louis rispose con un neutrale, “Sì?”
“Ciao, uhm.” Una voce lenta, profonda, vagamente incerta. Chiaramente non un call center. “Parlo con Louis?”
“Sì, sono io.” Louis addolcì il suo tono, sorridendo in modo che trasparisse attraverso la linea e buttando la cenere in uno spazio tra due assi di legno. “Ti ha dato Stan questo numero? Come posso aiutarti, tesoro?”
Un colpo di tosse, seguito da una pausa. Louis rimase in attesa facendo un tiro dalla sua sigaretta, conoscendo fin troppo bene la prudenza insita che la strada insegnava rapidamente e con efficacia, il tipo di diffidenza verso tutti che rendeva difficile chiedere aiuto quando non si sapeva quanto sarebbe venuto a costare. “Vuoi dirmi come ti chiami?” Chiese Louis quando il silenzio cominciò a trascinarsi e tutto quello che riusciva a sentire era il respiro regolare dall’altra parte. Calcò volutamente il suo accento. “O posso parlare io per un po’, se vuoi.”
“Sono Harry,” disse la voce, una leggera confusione a offuscare le parole. “Uh. Il Principe Harry?”
Cazzo, cazzo, cazzo.
Louis lasciò cadere la sigaretta e la schiacciò con la punta delle scarpe da ginnastica, il calore a risalire lungo il suo viso. Merda. Il Principe Harry, il Principe Harry. Sperò che non avesse capito nulla della confusione.
“Harry, ciao.” Louis cercò di plasmare la sua voce in qualcosa di calmo e sereno. Disinvolto. Raccolto. Professionale. “Ti chiedo scusa, non ti avevo riconosciuto. Le persone normali dicono il loro nome quando chiamano. Non te l’hanno insegnato alla scuola reale d'etichetta?”
Be’, la professionalità era passata direttamente alla sfacciataggine. Okay. Per sollievo di Louis, Harry soffiò una debole risata. “Immagino che l’abbiano fatto e che io non abbia prestato attenzione. Non sei mai stato adeguatamente annoiato fino a che non hai perso tre ore della tua vita a imparare come tenere una tazza di tè perché devi.”
Adeguatamente annoiato. Quando frequentava Eton, Louis probabilmente si esprimeva in quel modo; ora, sarebbe davvero annoiato piuttosto che adeguatamente. “Snob,” commentò. “Però è vero che l’arte del bere il tè purtroppo viene trascurata. Dovresti fare qualcosa al riguardo. Concentrare la tua influenza reale per fare la differenza nelle vite delle persone e tutte quelle cose lì.”
“Ehi, non è… non siamo completamente inutili, sai? Possiamo fare davvero la differenza in alcuni ambiti, anche se non risulta sempre evidente. Mia madre di certo la fa.” Harry suonò leggermente infastidito, e per una volta, Louis non aveva davvero intenzione di offenderlo.
“Stavo scherzando, Principino,” disse rapidamente. Inclinando il viso verso la debole luce del sole, appoggiò i gomiti sulla ringhiera, il telefono incastrato tra la guancia e la spalla. “Non sono un groupie della monarchia, ma riconosco che voialtri avete un considerevole potere di persuasione. E che la Regina,” tua madre, porca miseria, “ne fa buon uso. È l’idea di alcune persone, di chiunque, nate con i privilegi su cui ho da ridire. È come se tu stessi giocando a FIFA alla difficoltà Principiante mentre tutti gli altri sono impostati sulla World Class.”
Dannazione, Louis doveva imparare a tenere la bocca chiusa. Era sempre una sfida per lui, ma oggi aveva sfiorato un nuovo minimo storico. D’altronde, si meritava un po’ di tregua, dato il modo in cui era stato gettato casualmente a stretto contatto con il ragazzo con cui aveva immaginato di avere una storia d’amore diversi anni prima. In un’altra vita.
Inoltre, Harry aveva mai giocato a FIFA? I principi facevano cose ordinarie come giocare ai videogiochi?
“Ma è così diverso dall’essere ricco di famiglia?” La voce roca di Harry dritta nell’orecchio di Louis suscitò l’illusione della vicinanza, come se Harry si stesse avvicinando per un sussurro riservato. “O dall’essere nato in una famiglia accademica? O con abilità atletiche o un bell’aspetto? Cioè, ho capito cosa intendi, e credo che sia importante che continuiamo a lavorare sulle pari opportunità, per dare a tutti la possibilità di una buona educazione, garantire lo stesso guadagno per lo stesso lavoro, quel genere di cose. Aumentare il sistema delle borse di studio per chi proviene dalle famiglie povere. Ma a meno che tu non voglia appianare tutte le differenze alla nascita…”
Louis non si era aspettato una risposta seria da Harry, e riceverne una, fornita con un’aria di quieta sincerità… era disarmante. “Capisco il tuo punto di vista,” ammise. “Ma non significa che debba piacermi.”
Harry rimase in silenzio per il tempo necessario a Louis di fare un respiro profondo, poi sbottò in una mezza risata. “Be’. Si dice che un uomo che non è un liberale a vent’anni non abbia un cuore, e un uomo che non è un conservatore a sessant’anni non abbia un cervello.”
“Parafrasiamo Churchill, eh?” disse Louis.
“Hai avuto una buona educazione,” disse Harry. Era un’affermazione innocente che non premeva per altro, ma fece saltare ugualmente i muscoli nello stomaco di Louis. Harry non l’aveva riconosciuto dai tempi in cui avevano condiviso i corridoi di Eton – ovvio che no; Louis era due anni avanti a lui e frequentava ambienti diversi, e inoltre sembrava un frocetto – ma Louis non voleva fornirgli indizi che avrebbero potuto stimolare la curiosità di Harry e spingerlo a indagare più a fondo.
Non che Harry si sarebbe preso il disturbo di scavare nel passato di un ragazzo al quale era capitato di svolgere un lavoro per lui. Louis doveva darsi una calmata.
“Fino a un certo punto, sì,” disse, leggermente più duro di quanto intendesse. Strizzò gli occhi contro il sole, pallido attraverso un sottile strato di nuvole. “Ad ogni modo, dubito che tu mi abbia chiamato per parlare di idee politiche. Quindi, come posso aiutarti?”
“Oh, giusto. Sì.” Harry suonava quasi sorpreso. “Riguarda quel che mi hai detto prima. Pensi di poterlo fare? Chiedere a Liam di vedere se riesce a rintracciarlo, o… qualcosa di simile? Non so esattamente come funzioni, ma potresti per favore assicurarti che non scateni il panico? Preferirei non essere beccato senza…” Sbuffò. “Con i pantaloni abbassati, tipo, letteralmente.”
Con grande sorpresa di Louis, si ritrovò a sogghignare. “Come desideri, Harold. Abbiamo tempo fino a domani mattina, allora? E non dirai a nessuno, nessuno, quello che stiamo facendo. Sarà il nostro piccolo segreto.”
Un palpabile momento di esitazione, poi Harry sospirò. “Non lo farò. E hai il mio numero adesso, quindi se dovessi aver bisogno di sapere qualcosa…”
“Ti chiamo,” finì Louis per lui. Wow, cazzo, aveva il numero di Harry. Da adolescente, avrebbe dato il suo braccio sinistro per quello – be’, non proprio, ma magari uno dei suoi reni. Vivere con un rene non era un problema, giusto? Inoltre, imbarazzante infatuazione adolescenziale a parte… “Come mai hai il mio numero? Hai chiamato prima James?”
“Sono amico di Niall Horan,” disse Harry, e Louis si prese un momento per collegare il nome. Giusto… un tipo divertente e figlio della Marchesa di Waterford, la quale possedeva praticamente tutte le caratteristiche del libro dei pregiudizi di Louis. Quindi Harry era un amico di Niall, il che spezzava decisamente una lancia a suo favore, e così anche il fatto che avesse davvero ascoltato Louis, avesse tenuto conto del suo suggerimento sufficientemente sul serio da assicurare un lasso di tempo a Liam per scoprirne di più. Non che fosse un sacco di tempo, ma era qualcosa.
“Niall è un bravo ragazzo. Salutalo da parte mia, okay?” Spingendosi via dal muro, Louis si voltò per tornare dentro mentre si salutavano in un modo vagamente imbarazzato. Cristo, Louis normalmente era molto più disinvolto di così; la sua abilità ad adeguarsi gli aveva fatto ottenere questo lavoro in primo luogo. Odiava sentirsi così, fuori dal suo elemento, come un dannato adolescente. Stupido Principe. Valeva la pena tenere presente che solo perché Harry aveva detto ‘per favore’ ed era disposto ad ascoltare qualcuno come Louis, non significava che non fosse un marmocchio viziato. Non aveva ancora corso un rischio che non fosse strettamente necessario, dopotutto.
Giusto. Al lavoro.
La prima cosa che fece Louis una volta tornato dentro fu tirare fuori James dalla sua riunione con Grimshaw – con Nick, quello che è – per aggiornarlo. Poi fece irruzione nell’ufficio di Liam e gli disse di fare la sua magia.
Dopodiché si fece forza per richiamare Harry e chiedergli una lista di tutte le persone che erano a conoscenza della sessualità di Harry. Stupido. Davvero maledettamente stupido, cazzo, Louis avrebbe dovuto pensarci prima, non avrebbe dovuto aver bisogno che Liam glielo facesse presente.
Era stato davvero scorretto da parte di Harry chiamare senza preavviso, fare tutto il carino e il timido, quasi. Non era stato corretto, no. Louis se l’era cavata benissimo a parlare con Harry quella mattina, ma l’aver scambiato Harry per un ragazzino di strada bisognoso d’aiuto li aveva messi immediatamente in una condizione precaria. Sul serio, era stato come un calcio sulle ginocchia ancor prima che la conversazione iniziasse. Per qualcuno che era stato la vittima dei suddetti calci, Louis la considerava una metafora appropriata.
Be’, non questa volta. questa volta, Louis era preparato, e avrebbe svolto il suo ruolo come un professionista. Un professionista professionalmente professionale, per essere precisi.
Avrebbe reso James fiero di lui.

Wear It Like A Crown [Larry Stylinson • Italian Translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora