Capitolo XI

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Haim - If I Could Change Your Mind

Train - Parachute

Justin Nozuka - After Tonight


"Devi andare in Brasile." Non era proprio una domanda, ma non era neanche proprio un'affermazione. L'espressione di James non rivelava granché.
"Sì," disse Louis. Intrecciò le mani sul grembo.
"E devi partire subito."
"Io... sì. Perché ho fatto una cosa molto stupida." Louis disintrecciò le mani e incrociò le gambe alle caviglie, poi si costrinse a stare fermo. Sul serio, era migliore di così; non era un bambino dell'asilo che non riusciva a tenere i nervi sotto controllo. "Devo sistemare le cose. Devo... Io..." Si interruppe, scrollando debolmente le spalle mentre i suoi intestini eseguivano una triste piroetta. Il caso di cui si stava occupando il team in quel momento non era completamente chiuso, quindi se James aveva bisogno di lui lì... Louis glielo doveva.
Un sorrisetto inaspettato accese gli occhi di James. "Devi vedere il Principe."
"Devo vedere Harry," lo corresse Louis.
James annuì, addolcendo il sorriso. "Ho capito." Fece una pausa, appoggiandosi allo schienale della sedia. "Okay. Ti concedo il tuo grande gesto romantico. A una condizione."
Il tuo grande gesto romantico.
Non era così; non lo era davvero. Non era un grande gesto, solo una necessità - Harry non era lì, e Louis aveva bisogno di parlare con lui. Disperatamente. Era stato uno stupido, e l'aveva ferito, e doveva sistemare le cose, doveva sapere se ci fosse una possibilità, almeno una. Non poteva aspettare due settimane che Harry tornasse, anche se questo avrebbe significato spendere un migliaio di sterline in un volo di sola andata senza la minima idea di cosa fare se Harry non l'avesse voluto.
Oh. Allora forse era davvero un grande gesto.
Louis espirò lentamente, determinato. "Qual è la condizione?"
"Prenditi due settimane intere di riposo." James sollevò un sopracciglio. "È il tempo che lui starà lì, no?"
Louis si afflosciò su se stesso, sentendosi come un cucciolo libero dalle catene. Oddio, stava per volare in Brasile. "Grazie," sussurrò.
Con un piccolo sospiro, James scosse la testa. "Sono anni che ti dico di prenderti una vera vacanza."
Era così. Solo che non c'era mai stata un'urgenza particolare, non quando Louis amava il suo lavoro, non quando il suo posto era lì a Londra. C'era la sua partita del sabato con i ragazzini - ah, avrebbe dovuto informare Stan che il giorno dopo non ci sarebbe stato. Magari Perrie avrebbe potuto sostituirlo?
Inoltre... Cazzo, gli ci sarebbe voluto molto più di un documento falso per entrare in Brasile. Era sufficiente per superare un controllo superficiale, ma di certo non sarebbe stato abbastanza per farlo arrivare dall'altra parte del globo.
"Ehi, James?" Louis si alzò dalla sedia e raggiunse la finestra. L'irrequietezza gli prudeva nelle ossa e vibrava nei polpastrelli, portandolo a guardare il cielo con un misto di speranza e timore. Nel giro di poche ore, sarebbe stato lassù. Cristo, erano passati più di dieci anni dall'ultima volta che era stato su un aereo. Voltandosi, trovò James a studiarlo con un affetto divertito, e Louis si schiarì la gola. "Conosci qualcuno che potrebbe... il mio vecchio passaporto è decisamente scaduto."
"Sono sorpreso che ne avessi addirittura uno," disse James. "Pensavo l'avessi lasciato indietro in modo che i tuoi genitori non ti trovassero."
Louis fece una risata vuota. "Credo proprio che non ci abbiano neanche provato. Ma, sì, è il motivo per cui ho sempre usato il mio documento falso. Non ero così stupido da scappare senza il mio passaporto, però. Molto stupido, sì, ma non fino a quel punto."
"Bella pensata." Nonostante James non avesse mai saputo i dettagli del passato di Louis, si limitò a sorridere. "Posso fare qualche telefonata."
"Certo che puoi," disse Louis. Ricambiando il sorriso, spostò il peso da un piede all'altro e cercò di controllare il suo battito frenetico. Com'era prevedibile, ottenne un risultato alquanto limitato. Probabilmente non sarebbe riuscito a chiudere occhio durante il volo di dodici ore, ma si sarebbe invece drogato di barrette energetiche e bevande zuccherate.
Dio, ti prego, fa che ci sia ancora un posto libero per lui quando uscirà da qui. Non voleva aspettare altre ventiquattro ore per il volo successivo.
In procinto di andarsene, fu fermato quando James parlò di nuovo. "Allora, con quello che so del tuo passato, mi rendo conto che abbiamo davanti un potenziale scandalo. Dovrei preparare le truppe?"
Louis si immobilizzò. La domanda si insinuò nel suo stomaco, come un peso lasciato cadere all'improvviso. Quella che era sembrata una possibilità astratta era appena diventata molto più concreta perché... cazzo. Se Harry fosse stato disposto a correre quel rischio, sarebbe costato ad entrambi. E se non avessero giocato bene le loro carte...
Allora Buckingham Palace sarebbe tornato sotto assedio.
Gesù Cristo, cazzo, Harry avrebbe dovuto essere un pazzo per rischiare. Ma Louis gli avrebbe comunque dato la possibilità di scegliere. E se Harry l'avesse voluto... Be'. La vita di Louis sarebbe cambiata. Notevolmente.
Ne sarebbe valsa la pena.
"Non ancora." Louis si sforzò di usare un tono neutro. "E lo sai che non posso permettermi-"
James non lo lasciò finire. "Non sei un cliente, Louis. Non insultarmi." Sembrava sinceramente offeso, e Louis non aveva la minima idea di come potesse essere stato così fortunato. Se non fosse stato in quel bar il giorno in cui James stava aspettando un contatto che non si presentò mai, se James non avesse visto qualcosa in Louis quella sera, se non fosse stato disposto a dare una possibilità a un ragazzo che non possedeva molto, oltre a un sorriso impertinente e un giubbotto di pelle...
"Potresti essere la miglior cosa che mi sia mai capitata, lo sai?" gli disse Louis. D'impulso, annullò la distanza tra loro, chinandosi per abbracciarlo di lato. James ricambiò con un sorriso.
"O forse è Harry."
Tirandosi indietro, Louis riuscì a tirare fuori un sorriso che scoprì essere un po' umido. Fin da quella mattina, qualsiasi cosa lo riguardasse sembrava spezzata, instabile. Solo poche ore prima, era stato convinto di dover lasciar andare Harry senza lottare. Come aveva potuto essere così stupido?
"Forse," concordò Louis con dolcezza. "Forse è lui, sì."
Il sorriso di James si allargò in risposta. Allacciando le dita sulla scrivania, indietreggiò appena con la sedia, lanciando a Louis un'occhiata scaltra. "Liam viene con te, comunque," disse, come se niente fosse.
"Lui cosa?" Poi l'implicazione di quella frase lo raggiunse, e incrociò le braccia, stringendo gli occhi. "Aspetta un attimo. Mi stai dicendo che sapevi per tutto il tempo cosa fossi venuto a chiederti, eppure hai lasciato che mi mettessi in imbarazzo? Grazie tante."
Semmai, il divertimento di James sembrò aumentare. "Be', è così raro vederti in imbarazzo. Ti si addice, devo ammettere. Sul serio, comunque." Sollevò la testa, lo sguardo caldo e diretto. "Ho pensato che ti avrebbe fatto bene, dover chiedere. Certe cose non dovrebbero essere facili."
"Sei un sadico represso." Louis inspirò e deglutì, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. "Ma anche una figura paterna migliore di quanto sia stato mio padre."
"Non credo che significhi molto, da quel poco che ho dedotto. Ma," il tono di James divenne serio. "È un onore per me, Louis. Non per vantarmi, ma credo di aver fatto un gran ben lavoro con te, tutto sommato."
"Tutto sommato," gli fece eco Louis con tono piatto. "Un tale elogio, wow." Ci volle un attimo, poi un sorriso gli tirò gli angoli della bocca.
"Be'. Se vai fino in fondo a questa storia, se ti metti in gioco..." James aveva una sfida negli occhi, brillanti e affezionati. Inserì una pausa a effetto. "Potrò dire di aver fatto un lavoro straordinario da ogni punto di vista. Ora vai. Recupera Liam, andate a prenotare il vostro volo, e ti farò sapere cosa fare riguardo al tuo passaporto."
"Grazie," gli disse Louis. Il suo petto si gonfiò in un profondo respiro.
"Vai," ripeté James.
Louis lo fece.

**

1290 sterline.
1290 sterline a testa, solo per il volo per Rio de Janeiro. Sola andata, e sarebbe stata una cifra simile per il ritorno. Il cuscino economico che Louis era riuscito a mettere da parte sarebbe stato un po' meno confortevole dopo quel viaggio.
Ne valeva la pena.
Dopo un rapido ringraziamento, Louis si staccò dal banco vendite per voltarsi verso Liam. L'aeroporto era movimentato attorno a loro, i viaggiatori che si affrettavano avanti e indietro, gli annunci dagli altoparlanti che ricordavano di non lasciare i bagagli incustoditi. Louis dubitava fortemente che qualcuno volesse rovistare nella sua valigia preparata di fretta - ma in ogni caso, 1290 sterline.
Si schiarì la gola. "Posso ribadire che non c'era bisogno che venissi con me? Non abbiamo nessun patto, okay, e posso fare questa cosa da solo perché sono un uomo forte e indipendente e tutte quelle stronzate lì. Sai, forse è quel genere di cose che dovrei fare da solo."
"Hai fatto le cose da solo per tutta la tua vita." Gli angoli della bocca di Liam si incurvarono verso l'alto. "Inoltre, chi ha detto che sto andando per te, amico? Se vuoi saperlo Zayn mi ha chiesto di raggiungerlo, tipo, stamattina."
Quella era una novità per Louis. Una novità prevedibile, ma pur sempre una novità.
Premette il fianco del piede contro quello di Liam. "State insieme, allora? Tutto fatto per bene e ufficiale, a renderti un uomo onesto? Devo fargli il discorso da migliore amico 'fallo soffrire e ti uccido'?"
Liam ridacchiò. "Mi dispiace dirtelo, ma non fai molta paura."
"Chiedo scusa, sono dannatamente spaventoso. Probabilmente sei solo indifferente, avendo affrontato super spie o cose del genere, quindi non credo che tu sia molto bravo a giudicare." Dopo un altro secondo di pausa, Louis fece un cenno con la testa e si voltò nuovamente verso l'uomo dietro il bancone, facendo scivolare il suo passaporto provvisorio sulla superficie. "Li prendiamo. Grazie mille." Poi tornò a guardare Liam e aggiunse con leggero ritardo, "Ehi. Sono felice per te, amico."
"Diciamo che anch'io sono felice per me." Liam non sembrava compiaciuto, solo sincero.
"Alla tua prossima rimpatriata di classe, potrai tranquillamente vantarti di uscire con un super modello. Fargliela vedere a quegli stronzi del cazzo che ti bullizzavano."
"Non si tratta affatto di questo." Con uno sbuffo, Liam scosse la testa. La sua attenzione cadde sul passaporto di Louis quando l'impiegato lo aprì, un attimo di silenzio ad allungarsi mentre sembrò esaminare i dati al contrario. Data e luogo di nascita, cognome - non quello che Louis aveva fatto suo e che si era adattato a lui come un guanto, ma quello con cui era cresciuto.
Austin, Louis Troy.
Liam sembrò arrotolare il nome attorno alla sua bocca, ripeterlo nella sua testa, prima di dare un colpetto al fianco di Louis, la voce bassa. "Louis Troy Austin, huh. Suona strano, amico. È quel tipo di nome importante che potrebbe farci entrare in quella sala d'attesa super speciale? Cioè, quella dove abbiamo incontrato gli altri stamattina?"
Quella sala d'attesa super speciale dove Harry aveva guardato Louis con la delusione negli occhi e la malinconia nella voce. Vorrei che fosse semplice.
Louis si riscosse dal ricordo che sembrava come una ferita aperta. "Direi proprio di no. Per quanto ai miei genitori piacesse fingere il contrario, non eravamo così importanti. Decisamente non così tanto da essere nella lista del Windsor Lounge quando era ancora solo su invito. A malapena importanti abbastanza da aver sentito voci al riguardo." Rivolgendo un sorriso sghembo verso Liam, assunse un'aria snob. "E in ogni caso, le cose sono peggiorate da quando hanno cominciato a far entrare chiunque, l'importante è che possano permetterselo. Gentaglia, davvero. Attori, nuovi ricchi, quel genere di persone. Chiunque voglia evitare il contatto con i viaggiatori, praticamente."
"Sul serio?" Liam processò le informazioni, poi contrasse una spalla, improvvisamente serio. "In qualità di ragazzo al fianco di Harry, potresti diventare quel tipo di persona."
La speranza divampò brillante nel petto di Louis, uno sfrenato volere alla sola idea di poterlo fare, di poterlo essere... il ragazzo al fianco di Harry. Fu posseduto da una scarica di sconforto alla verità che aveva detto Liam. Se Harry l'avesse voluto, Louis sarebbe diventato una figura pubblica.
Se.
Louis focalizzò il suo sguardo sul bancone. "Ma io non sono quel ragazzo," soffiò piano.
"Non ancora," gli disse Liam.
Quella scarica si rifiutò di scomparire. Louis prese un profondo respiro mentre l'impiegato batteva sulla tastiera. "Non ancora," confermò, e sembrò come se tutto il suo corpo si fosse espanso con quell'unica parola.

**

Harry trascorse parte del volo raggomitolato contro il fianco di Zayn o Niall, facendo finta di sonnecchiare. Il resto del tempo guardò diversi episodi di Game of Thrones di seguito, più che altro perché gli ricordavano Louis e perché Harry era chiaramente patetico.
Era tardo pomeriggio quando atterrarono a Rio de Janeiro e furono trascinati fuori dall'aeroporto, attraverso un'uscita privata dritti in una macchina in attesa. Il fuso orario con Londra era solo di qualche ora, ma ognuna di quelle pesava come un mattone sulle spalle di Harry.
"Hotel?" chiese. "O se vuoi due volete già andare in esplorazione stanotte... non fatevi problemi per me."
"Una nuotata in piscina sarebbe perfetta," disse Zayn.
Annuendo, Niall allungò una mano per intrecciare le dita con quelle di Harry. "Poi ordineremo del cibo e ce lo godremo in una delle nostre stanze. Chi ha il balcone con la vista più bella vince. Possiamo guardare il sole tramontare sull'oceano. Sarà romantico e stronzate simili."
Tutto quello che Harry voleva era cadere in un sonno profondo e senza sogni e poi svegliarsi il giorno dopo avendo dimenticato completamente Louis. Dato che non era un'alternativa praticabile, un appuntamento platonico con i suoi due migliori amici era la successiva alternativa migliore.
"Ci sarà del vino?" domandò.
"Ci sarà Caipirinhas," disse Niall con decisione.
Harry strizzò la mano di Niall e tirò fuori un sorriso. Fuori dalla macchina, le palme si piegavano per il vento. L'azzurro del cielo era cosparso di nuvole bianche e soffici, il sole del pomeriggio che ricopriva tutto di sfumature calde. Da lontano, Rio de Janeiro brillava come una promessa. La differenza con Londra non sarebbe potuta essere più evidente.
Due settimane. Sicuramente sarebbe stato un periodo sufficiente per Harry per cominciare a dimenticare Louis, per smetterla di sperare che in qualche modo, in qualche maniera miracolosa, le cose si sarebbero risolte da sole.
Sicuramente.

**

Alle cinque e mezza del mattino, l'aeroporto internazionale di Rio de Janeiro era un'esperienza surreale - forse era l'oscurità della notte a ricoprire lo scenario, o le tracce colorate dei Mondiali sparse ovunque. Poteva anche essere il fatto che Louis non capisse una parola di portoghese. O forse era perché non aveva dormito più di un paio di brevi e irregolari ore, e il suo orologio interno gli diceva che fossero nel bel mezzo della mattina.
Recuperarono i loro bagagli e uscirono dall'edificio nella notte di velluto, il cielo che solo in quel momento stava iniziando a schiarirsi. "Hai già scritto a Zayn?" domandò Louis sbadigliando. Malgrado la stanchezza a gravare su di lui, c'era un basso ronzio di adrenalina a scorrergli nelle vene.
Era in Brasile. Stava per vedere Harry, e questa volta, non si sarebbe tirato indietro. Era questo quel che provava Johnson nel puntare tutto su un numero, su un cavallo? Questo brivido? Tutto o niente: rien ne va plus.
"Gli ho scritto, sì." La stanchezza confuse i contorni delle parole di Liam. "Poco fa, mentre stavamo aspettando all'Immigrazione. Non mi ha ancora risposto."
"Probabilmente sta ancora dormendo," disse Louis. Anche Harry, sicuramente. Magari Lui e Zayn stavano... no. Zayn era il ragazzo di Liam, e Harry non avrebbe dimenticato Louis così velocemente, no? O portato uno sconosciuto in camera sua per dimenticare?
Oddio. E se Louis si fosse presentato alla porta di Harry, e Harry non fosse stato da solo?
"Ehi," disse Liam, leggermente preoccupato, e Louis alzò bruscamente lo sguardo.
"Prendiamo un taxi." Venne fuori un po' instabile, tradendo la pressione improvvisa e nauseante che gli stringeva il petto. "Il Copacabana Palace, giusto?"
"Giusto. L'ultimo piano dell'hotel." Liam era corrucciato, studiando Louis per un momento di troppo. Louis si mosse a disagio sotto il suo sguardo. Alla fine, Liam optò per un tocco di conforto sulla sua spalla prima di voltarsi e incamminarsi verso il posteggio dei taxi. Con un profondo respiro che gli scosse le ossa, Louis lo seguì.
Fu un viaggio di quasi un'ora.
Lo passarono perlopiù in silenzio, osservando il mondo scorrere all'esterno - i contorni delle palme contro il cielo come l'inchiostro, le piccole barche sull'acqua, le loro luci di posizione a lampeggiare nell'alba imminente. C'erano anche case fatiscenti che si ergevano alte, gli impianti di condizionamento che sporgevano dai muri; c'erano hotel costruiti palesemente di fretta e senza la minima considerazione per l'individualità.
Avvicinandosi al Copacabana Palace, l'oceano, precedentemente limitato da un grande golfo, si aprì. L'acqua era una sottile fascia blu che sfumava nell'orizzonte. Quando il taxi si fermò di fronte al bianco complesso alberghiero che brillava contro il cielo rischiarato, Louis sentì il cuore stringersi nel petto.
Non era pronto.
Un po' intontito, pagò l'autista senza la più pallida idea di quanto fosse il totale in sterline inglesi. Liam gli aveva detto quanto fosse il cambio, ma Louis in quel momento non riusciva a ricordarlo. Riusciva a malapena a ricordare il proprio nome.
Louis Tomlinson. Louis Troy Austin. Jason. Zack. Kevin. Quello che preferisci.
Il personale dell'hotel scattò per aiutarli con i bagagli, i bottoni neri delle loro uniformi in contrasto con il bianco delle loro giacche. Louis li seguì in silenzio dietro Liam, e nonostante quello non fosse il suo primo incontro con il lusso, erano passati anni e fu solo un'aggiunta al senso di disorientamento che lo stava opprimendo. Era tutto aria temperata e rivestimenti in oro lucido e sfarzosi bouquet di fiori, e lui voleva davvero solo vedere Harry.
Harry. Che probabilmente stava ancora dormendo. Da solo, preferibilmente.
Liam scambiò qualche parola con il receptionist mentre Louis rimase in piedi a fissare il lampadario sospeso sopra le loro teste. Si riscosse dai suoi pensieri quando Liam lo approcciò. "Non possono dirci il numero della camera, non vogliono neanche confermarci se Zayn, Harry e Niall alloggiano qui," disse Liam, e... cosa? Oh. Già, giusto.
"Politica degli hotel." Louis scrollò le spalle. "Non confermerebbero che alloggiano qui neanche se li vedessimo gironzolare all'ingresso. Posti come questo si vantano della loro discrezione. Puoi... E se provassi a chiamare Zayn?"
Annuendo, Liam recuperò il suo telefono e si fece appena da parte prima di fare la telefonata. Un cipiglio di formò sul suo volto, e tornò con un, "C'è la segreteria. Deve averlo spento."
"Niall?" chiese Louis. Poi buttò fuori un profondo respiro. "No, lascia stare. Tanto vale che chiami Harry adesso, per dargli un preavviso. Se non vuole vedermi-"
"Ehi," disse Liam con fermezza.
"Se non vuole vedermi," ripeté Louis, e anche se cercò di farlo suonare calmo, la sua voce si incrinò a metà frase, "almeno non starò lì in piedi come un idiota a farmi sbattere la porta in faccia."
Senza aspettare una risposta, si voltò e sbloccò il telefono, chiuse per un attimo gli occhi e vide scintille danzare dietro le palpebre. Quando Liam poggiò un palmo caldo sulla sua schiena, Louis deglutì e si abbandonò al tocco. Alla cieca, portò il telefono all'orecchio e aspettò che partisse la chiamata.

**

Harry era sveglio dalle cinque. Aveva lottato contro il proprio corpo, cercando di costringersi a tornare a dormire, ma si era arreso dopo mezz'ora, aveva acceso la lampada da lettura e aveva cercato di concentrarsi su un libro nonostante le parole continuassero a fluttuare di fronte ai suoi occhi. Febbre a 90°. Gliel'aveva consigliato Louis, e Harry per un po' aveva davvero avuto intenzione di leggerlo.
Spinse tutti i pensieri su Louis nel retro della mente.
Quando il cielo cominciò a schiarirsi, rotolò giù dal letto, si mise un paio di pantaloncini e uscì sulla terrazza privata per guardare il sole sorgere. Quindi. Sabato. A Londra, Louis probabilmente stava ritirando il furgoncino, determinato ad aiutare un gruppo di ragazzini di strada perché sapeva cosa significasse.
Gesù. Ovvio che avesse reagito male ad alcuni dei commenti di Harry. Doveva essersi rivisto in loro, essersi sentito attaccato ogni volta che Harry non sapeva bene come dare voce ai suoi pensieri, e se Louis era davvero innamorato di Harry...
Doveva aver fatto male.
Harry non aveva mai avuto intenzione di ferire Louis, ma non significava che non l'avesse fatto. Prima o poi - quando le ferite non sarebbero più state così fresche, quando non sarebbero più state così dolorose - si sarebbe scusato. E poi l'avrebbe lasciato andare.
Nella quiete del nuovo giorno, lo squillo del suo cellulare sembrò acuto, fuori posto. Considerò l'idea di ignorarlo e lasciarlo lì sul comodino, lo schermo che brillava luminoso nella stanza ancora buia, facilmente distinguibile attraverso il vetro.
E se fosse stato importante? Sospirò e si allontanò dal parapetto con una spinta.
Da quando la sua intervista era andata in onda, si era assicurato di tenere sempre il telefono carico e vicino a sé. Per ogni evenienza. Fino a quel momento, non c'era stata nessuna emergenza, e le grandi ripercussioni che aveva temuto non erano arrivate. Alcuni commenti cattivi, sì, ma... be'. Nonostante ne potesse fare a meno, non avevano provocato danni tangibili. Non c'era stato nessun impatto economico, nessuna minaccia di secessione da nessun membro del Commonwealth. Quelli che stavano conducendo il referendum sull'indipendenza della Scozia avevano anche deciso di ribadire che una Scozia indipendente avrebbe chiesto di entrare a far parte del Commonwealth.
Afferrò il telefono, controllò lo schermo... e si gelò.
Louis.
Era Louis.
Perché Louis lo stava chiamando?
Sedendosi sul letto, Harry sentì il sangue scorrere nelle vene a un ritmo ipnotico, rallentando tutto il resto. La stanza era paralizzata tanto quanto lui, i suoi pensieri come mattoni, spigolosi e uniformi. Perché stava... con il modo in cui si erano lasciati... Perché Louis avrebbe... Perché. Come, perché. Louis. Perché ora. Louis.
Solo quando lo squillo si interruppe, Harry tornò bruscamente in sé. Aspettò qualche secondo, il tempo necessario per permettere a Louis di chiudere la chiamata, prima di richiamarlo.
Louis rispose al primo squillo, con un basso e stranamente affannato, "Harry."
"Ciao." Era una parola, solo una parola, ma gli ci volle uno sforzo considerevole per tirarla fuori. I polmoni gli schiacciavano il cuore e rendevano difficile pensare. Il mattino era freddo sulla sua pelle nuda.
Seguì una pausa, e Harry riuscì a sentire Louis inspirare bruscamente. Quando parlò, fu con lo stesso tono basso di prima, incerto. "Hai risposto. Io, uhm." Un'altra pausa. "Mi stavo chiedendo se volessi vedermi."
Niente aveva senso. La testa di Harry era un campo minato.
"In che senso?" chiese - troppo debole e interessato, al limite dell'inerme. Attorcigliando le dita nel piumone, cercò di rimanere con i piedi per terra e fissò fuori dalla finestra l'infinita distesa del cielo.
"Tipo..." Louis si schiarì la gola. "Vorrei parlare con te. Adesso?"
Nientenienteniente aveva senso. Scuotendo la testa, Harry strizzò forte gli occhi. "Louis, sono in Brasile."
"Lo so." Louis sbottò in una risata bagnata. "Anche io."
Eh?
"Eh?" sussurrò Harry.
"Sono di sotto." Di nuovo, Louis si schiarì la gola, acquisendo appena un pizzico di confidenza in più. "Copacabana Palace, giusto? Sono all'ingresso. Anche Liam. Non ci lasciano salire a meno che tu non gli dica che va bene."
Harry scattò in piedi, premette il telefono contro l'orecchio e cercò di fermare l'ondata di sangue verso i suoi piedi. Louis era... Louis era ? Perché mai... Louis era in Brasile? In Brasile? Neanche un giorno dopo l'arrivo di Harry?
Appiattendo una mano contro il vetro, Harry tirò fuori le parole. "Sei qui."
"È quello che ti ho appena detto." Un inaspettato umorismo brillò nella voce di Louis. Suonava ancora piccola e incerta, ma c'era una rinnovata luce in essa, un accenno di provocazione così familiare che Harry si sentì vagamente nauseato. "Cerca di seguirmi, piccolo Principe. Ora, se tu potessi convincere queste brave persone qui che non sono un pericolo per la tua virtù..." Louis fece una pausa. "Be'. Ripensandoci-"
Harry lo sentì a malapena. "Sei venuto in Brasile?"
"Io..." Solo per un attimo, la compostezza di Louis venne meno. "Sì."
"Per vedere me," disse Harry, non davvero una domanda. Louis era lì. E voleva parlare con Harry, quindi questo doveva significare che... aveva cambiato idea. Non avrebbe fatto un volo di dodici ore solo per spezzare di nuovo il suo cuore. No?
"In realtà, ho sempre sognato di pisciare sulle fondamenta di quella gigantesca statua di Gesù." Poi Louis sospirò, tutto l'umorismo a evaporare per far posto alla quieta sincerità. "Scusa, era uno stupido meccanismo di difesa. È... Sono qui per te. Sì. Se vuoi vedermi. Se mi..." Una piccolissima pausa. "Se mi vuoi ancora."
Se mi vuoi ancora.
Harry sentì i polmoni gonfi, come una zecca sazia di sangue. Ebbe bisogno di un attimo per far funzionare di nuovo la sua voce. "Chiedo alla reception di farvi salire. Hai detto che c'è anche Liam?"
"È qui per darmi supporto emotivo, principalmente," disse Louis, ancora in quel tono sommesso e sincero. "Anche un pochino per Zayn, ovvio."
"Vado a svegliare Zayn." Abbassando la mano, Harry fissò il segno sul vetro per un attonito secondo, poi cercò di concentrarsi. Doveva chiamare la reception, e doveva mettersi qualcosa addosso. Dio, probabilmente era un disastro. "Sì. Vado a svegliarlo, e sono... Siamo tutti all'ultimo piano."
"Ovvio che siete lì." Louis sembrava infinitamente affettuoso, e qualcosa cedette nello stomaco di Harry come un nodo allentato. "Ci vediamo tra un attimo, okay?"
"Okay," gli fece eco Harry sommessamente.
Quando la chiamata fu conclusa, fissò il proprio riflesso, indistinto e trasparente sul vetro. Poi raddrizzò la schiena e alzò la testa, sentendo il fantasma di un sorriso incredulo tirare gli angoli della sua bocca.
Louis era lì.

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Wear It Like A Crown [Larry Stylinson • Italian Translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora