Capitolo III

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Sara Bareilles - Brave

Louis era in ritardo, e Harry era un fascio di nervi.
Era sgattaiolato fuori dall’appartamento di Zayn poco dopo le otto, mentre lui e Niall erano ancora fuori combattimento e grazie al cielo non in grado di porre domande scomode. Dopo essersi procurato alcuni ingredienti dal negozio biologico dietro l’angolo, Harry si era messo al lavoro. In quel momento erano le nove e dieci minuti, ed era tutto pronto eccetto il pane e le uova. Strinse il suo grembiule nel punto dove lo aveva annodato sulla nuca e andò a controllare di non aver dimenticato nulla quando aveva preparato il tavolo all’esterno.
Anche se lo stava aspettando, il suono del campanello lo fece sobbalzare. Bene. Ci siamo.
Era ora di affrontare la situazione.
Lo schermo sul citofono mostrò Louis intento a osservare la strada, spostando il peso da un piede all’altro. Per un attimo, Harry rimase affascinato dalla linea del suo profilo – i capelli sbarazzini sulla fronte, il taglio netto del naso, un accenno di barba, e la curva del sottile labbro superiore compensata da un labbro inferiore più generoso. Gesù, era stupendo.
Ma non era quello lo scopo di quell’incontro. Per niente. L’atteggiamento di Louis non aveva sollecitato alcuna illusione da parte di Harry.
“Ultimo piano,” disse Harry al citofono prima di aprirgli il portone al piano terra. Lasciò aperta la porta d’ingresso e andò a disporre il pane sulla piastra, facendo attenzione ai rumori dei movimenti sulle scale. Il legno antico scricchiolava ad ogni passo.
“È permesso?” Chiese Louis quando raggiunse la porta.
“Sono in cucina,” rispose Harry. “Entra pure.”
Un attimo dopo, Louis fece capolino nella stanza. Era scalzo, con una maglietta di una qualche band e dei jeans stretti, e sembrava che fosse appena sceso da una passerella. Con un sussulto, Harry si rese conto di avere ancora addosso il grembiule, quello che gli aveva regalato Niall e che collocava il corpo di una donna sul suo petto. Oddio. Harry se lo strappò rapidamente di dosso.
Il barlume di divertimento negli occhi di Louis era un chiaro segno che l’avesse visto, però. Fortunatamente, non commentò. “Nessuna guardia del corpo?” gli chiese, avvicinandosi. Fu seguito da un, “Aspetta, parlavi davvero sul serio riguardo a quella colazione fatta in casa.”
“Perché non avrei dovuto?” Harry usò una spatola per controllare le fette di pane. Un altro minuto su quel lato prima di poterle girare dall’altro. “E non me la sentivo. Di avere la guardia del corpo, intendo. Johnson era il principale, e sarebbe dovuto rimanere in servizio fino a questo pomeriggio, ma… lo sai. Quindi…” Evitando lo sguardo di Louis, si accovacciò per sbirciare dentro il forno. Le salsicce e il bacon luccicavano dal grasso, il profumo che si diffondeva attraverso la cucina.
“Lo capisco,” disse Louis dopo un secondo di silenzio.
Harry sospirò e lanciò un’occhiata alle sue spalle per un rapido sorriso. “Grazie.”
“Figurati.” Lo sguardo di Louis si spostò attraverso la stanza, indugiando su una lavagna dove erano scritte alcune cose da fare e una lista della valigia per la Spagna, riempita qua e là dagli scarabocchi di Zayn. Avvicinandosi al frigorifero, Louis studiò le fotografie che Harry aveva attaccato lì, scatti casuali di cose che avevano catturato la sua attenzione. La voce di Louis era assente quando chiese, “Ti serve una mano?”
Harry girò il pane. “No, tranquillo. Ho quasi finito.”
Il silenzio li avvolse mentre Harry preparava le uova, il fornello che sibilava appena, i tipici rumori della città che filtravano attraverso le finestre aperte. Era molto probabile che il leggero senso d’imbarazzo fosse solo frutto dell’immaginazione di Harry. Da parte sua, Louis sembrava contento di vagare per la cucina, apertamente incuriosito mentre esaminava questa o quell’altra cosa. Senza chiedere il permesso di esplorare, sparì nel soggiorno annesso. Harry avrebbe dovuto aspettarsi qualcosa di simile; dopotutto, Louis aveva ignorato le convenzioni sin dal momento in cui si erano incontrati, a dispetto della sua familiarità con il protocollo ufficiale. Era una situazione tanto intrigante quanto frustrante.
Proprio come lo stesso Louis.
Mentre Louis pareva essersi avventurato all’interno dell’appartamento, Harry divise il cibo in due piatti, sistemando scrupolosamente il pane e le uova, il bacon, le salsicce, i pomodori, i funghi e il sanguinaccio. “La colazione è pronta,” gridò. “In terrazza.”
Il vago verso affermativo di Louis arrivò da chissà dove. Non che ci fosse così tanto per lui da esplorare – cucina, soggiorno, camera da letto matrimoniale, una stanza per gli ospiti e un ampio bagno erano tutto ciò che componeva l’appartamento di Harry. Era un sacco di spazio per una persona sola, ovviamente, e Harry si chiese cosa se ne sarebbe fatto Louis; un grande appartamento a Camden, affacciato sul Regent’s Canal ma lontano dalle zone frequentate dai turisti, in una strada fiancheggiata da antiche case lussuose.
Harry uscì alla luce del sole e sentì il calore penetrare attraverso la maglietta.
“Bel posticino,” disse Louis quando lo raggiunse sulla terrazza. Allo sguardo interrogativo di Harry, approfondì la risposta. “Sul serio. Meno cuscini di velluto e tende pesanti di quanto mi aspettassi. È tutto così hipster.” La sua bocca si sollevò agli angoli. “Mi piace il modo in cui il letto è sistemato nell’alcova. Ottimo lavoro, quello.”
Gesù. Harry non aveva intenzione di pensare a Louis che gironzolava per caso nella sua camera. Avrebbe fatto finta di non aver neanche sentito quel particolare commento. Sì, sembrava un’ottima idea. “Pensavi che fossi circondato da velluto e tende pesanti? Sono gay, non un sessantenne.”
“Sei un reale, però. In tutta onestà…” Louis fece spallucce e si abbandonò su una delle sedie da esterno. “Non ho pensato molto a cosa aspettarmi. Vedi, non sono una di quelle groupie della monarchia che compra Hello! per leggere le vostre storie casalinghe e i progetti per i piccoli principi e principesse.” Poi sogghignò. “L’ultima cosa forse no. Date le circostanze.”
“Davvero spiritoso.” Harry posò un piatto di fronte a Louis e si sedette anche lui, osservando Louis chinarsi sul cibo per inspirare profondamente. Le sue ciglia erano lunghe e spesse, la luce del sole trasformava le loro punte in oro, e i suoi zigomi erano marcati. Per un attimo, Harry si lasciò inebriare dalla vista, poi spostò la sua attenzione da un’altra parte. “Ho del succo d’arancia appena spremuto e del tè. O preferisci un caffè? Oppure della cioccolata calda?”
“Tu non hai sessant’anni, io non ne ho sei,” gli disse Louis. “Quindi niente cioccolata calda, grazie tante. Mi andrebbe del tè, però.” Si appropriò autonomamente di una tazza senza dare a Harry la possibilità di servirlo. Solo quando Harry si ritrovò a guardare le dita di Louis, si accorse di un certo nervosismo nei suoi movimenti, ed era possibile che il suo atteggiamento disinvolto servisse a nascondere un pizzico di agitazione? Harry aveva forse il potere di influenzarlo almeno un po’?
O magari Louis era semplicemente una persona nervosa di natura, e Harry stava correndo un po’ troppo.
Sprofondò nuovamente sulla sua sedia. “Be’, serviti pure da solo.”
“Sempre.” Louis annusò il tè prima di prenderne un piccolo sorso e dare la sua approvazione con un cenno del capo. Poi lanciò a Harry uno sguardo affilato oltre il bordo della sua tazza. “Lo sai qual è la cosa interessante?” Non aspettò una risposta. “Tu. Mi lasci curiosare nel tuo appartamento e chiamarti Principino, eppure non ti lamenti mai. Ma quando si tratta dei tuoi amici o della monarchia? Lì diventi un piccolo leone.”
“Un piccolo leone,” ripeté Harry piattamente. Era l’unica parte dell’affermazione di Louis alla quale sapeva come rispondere.
“Un piccolo leone,” confermò Louis. “È una conclusione naturale, data quella criniera selvaggia che ti ritrovi.” Seguì l’affermazione con un minuscolo ruggito che uscì più come il miagolio di un gattino triste, una delle sue mani che si alzò per artigliare l’aria, e oh, oh diavolo, era così scorretto. Harry non avrebbe dovuto trovarlo adorabile. Harry non avrebbe neanche dovuto notare quanto attraenti, quanto delicati, fossero i polsi di Louis.
Per nascondere il calore che gli risaliva in volto, Harry si concentrò sul suo piatto, tagliando un fungo a metà e infilzandolo con un pezzo di pomodoro. Quando alzò lo sguardo, Louis si stava crogiolando al sole, la sua sedia in bilico sulle gambe posteriori. Una vecchia quercia si ergeva dietro di lui, nascondendo la terrazza dalla vista e concedendo il tipo di privacy che Harry apprezzava.
“Perché hai un letto in terrazza?” Louis puntò il pollice alla struttura di legno fissata contro il muro, un baldacchino a proteggere il materasso dalle intemperie.
“È un divano da esterni,” disse Harry. Il che non era una risposta, ovviamente, e doveva assolutamente darsi una calmata e smetterla di permettere a Louis di agitarlo in quel modo. “Si può usare anche come letto. Ogni tanto dormo qui fuori. Quando fa caldo, in estate.”
Per qualche ragione, quello sembrò zittire Louis. Distolse lo sguardo e addentò delicatamente il suo bacon, pulendosi poi la bocca con un tovagliolo prima di offrire un educato, “Questo è veramente molto buono.”
“Ti ringrazio,” disse Harry. “E grazie per essere venuto. Tra parentesi, non ho davvero nessun problema a pagarti.”
“No.” Il tono di Louis era intriso di una strana risolutezza, e Harry non riuscì a comprenderlo per nulla.
Louis era un enigma – chiaramente istruito, insolitamente familiare con le convenzioni reali, eppure sprezzante della nobiltà e di quello che rappresentava. Aveva frequentato un nobile, forse? Qualcuno che l’aveva deluso, che gli aveva anche spezzato il suo cuore? E se fosse stato qualcuno frequentante la Eton? Questo avrebbe spiegato perché Louis conoscesse la College Chapel. Avrebbe spiegato un sacco di cose, in realtà.
Harry stava occupando troppo tempo a pensare a Louis, e non abbastanza a pensare al motivo per cui gli aveva chiesto di venire. Aveva bisogno di rivedere le sue priorità.
Allungando una mano per afferrare il succo d’arancia, Harry tenne lo sguardo fisso sul suo piatto. Non aveva più tanta fame. “Va bene,” disse piano. “Allora non te lo chiederò più, ma per favore, ricordati che l’ho fatto. Quindi, immagino che… Uhm. Tipo, il motivo per cui ti ho invitato qui. Immagino di voler conoscere la tua opinione. Sul mio coming out. Sul perché tu pensi che sarebbe una buona idea.”
Louis masticò minuziosamente, e poi inghiottì. I suoi occhi erano chiari e sereni, concentrati sul viso di Harry. “Facciamolo in maniera diversa. Dimmi cosa ti frena.”
Harry sarebbe dovuto essere preparato a modo in cui Louis andò dritto al punto, ma non lo era. Nell’istante che seguì le parole di Louis sentì la testa stranamente vuota. Nient’altro che spazio vuoto e rumore bianco.
Si rese conto di star trattenendo il respiro ed esalò. “Non è… sarebbe più facile se riguardasse solo me e quello che voglio io. Se non fosse per la stampa e per la mia… posizione.” Inspirò bruscamente. “Lo sai quanto Niall e Zayn mi prendono in giro sul fatto che io abbia delle responsabilità? Be’, le ho. Sono cresciuto sapendo che qualsiasi cosa avessi fatto si sarebbe riflettuta sulla Corona, sulla mia famiglia. Persino sul Paese.”
“Da grandi poteri derivano grandi responsabilità?”
Sorpreso, Harry alzò lo sguardo per trovare Louis a sorridergli, quasi con gentilezza. Quindi non solo Louis aveva riconosciuto una citazione di Churchill, no, aveva anche citato Spider-Man, aggiungendo così un altro pezzo a un puzzle incompleto. O era di Voltaire?
Harry piegò la testa. “Grazie, zio Ben. Oppure stavi pensando alla Francia rivoluzionaria? In tal caso… Il contrario di grazie, presumo.”
“Francia rivoluzionaria?”
“La citazione risalente a Voltaire?” Harry non sapeva perché l’avesse fatta suonare come una domanda. Era un’abitudine che i suoi insegnanti avevano cercato di fargli perdere – non chiedere; supponi – ma Harry aveva ancora la tendenza a sbagliare quando era nervoso. Louis lo rendeva nervoso. “Quella, sai com’è, sull’abolizione della monarchia Francese. Uccidiamoli tutti perché viva la Repubblica. Pensavo fosse una frecciatina.”
“Rilassati, Principino.” La forchetta di Louis raschiò sul piatto. “Non sto cercando di farti decapitare.”
“Oh, questo sì che è rassicurante.”
Da stronzetto che era, Louis gli regalò un sorriso abbastanza largo da far apparire delle rughette alle estremità degli occhi. Assunse un tono grave e un accento di fantasia. “Non mi sei utile da morto.” Un attimo dopo, il suo divertimento scemò e appoggiò la forchetta. “Comunque, siamo realistici. Gli inglesi amano la loro monarchia, e un principe omosessuale non cambierebbe nulla. Qual è la cosa peggiore che credi possa succedere? Sia a livello personale che… più ampio.”
Be’, a questo Harry poteva rispondere. C’erano buone possibilità che avesse passato numerosi giorni della sua vita ad immaginare vari orribili scenari.
“I pettegolezzi sarebbero, tipo…” Per un attimo, considerò quali parole usare. Questa era una conversazione privata, però, e Louis era suo coetaneo. “Girerebbero voci sul fatto che io mi fotta ogni ragazzo con cui parlo. Zayn e Niall riceverebbero un sacco di merda solo per essere miei amici.” Harry lanciò uno sguardo di sfuggita, aspettando che Louis facesse un commento sarcastico sul suo concetto di amicizia. Con sua grande sorpresa, Louis continuò a fissarlo, serio e in silenzio.
Dopo un paio di secondi, Harry continuò. “E se mai finissi per uscire con qualcuno…”
Quando,” lo corresse Louis. “Avrai una fila di ragazzi ai tuoi piedi non appena diventerai disponibile.”
“Oh, certo. Perché sono un principe, e a prima vista potrebbe sembrare un ottimo affare. Proprio come tutte quelle ragazze che vogliono giocare a essere principesse per un giorno.” Dal modo in cui gli occhi di Louis si spalancarono, la frase doveva essere uscita più pungente di quanto Harry intendesse. Scosse la testa. “Ma mostrami quel ragazzo che mi rimarrebbe accanto una volta che i media comincerebbero a dargli la caccia. Una volta che ogni indiscrezione sul mio passato verrebbe tirata fuori dagli ex fidanzati di turno, che spunterebbero solo per raccontare in giro i fatti privati, per raccontare storie che potrebbero o non potrebbero essere vere. Mostrami un ragazzo che mi amerebbe abbastanza da–”
S’interruppe bruscamente. I suoi sciocchi sogni e speranze non erano parte di quella discussione.
Ci volle un momento affinché Louis rispondesse. Quando lo fece, suonò insolitamente serio. “Capisco il problema.”
“Già. Quindi.” Harry voltò il viso verso il sole, chiudendo gli occhi contro la luce accecante. Dietro le palpebre, tutto era caldo e pacifico, tranquillo.
Quando riprese in mano la sua forchetta, il cibo si era ormai notevolmente raffreddato. Non era più particolarmente affamato, ma almeno Louis sembrava apprezzare, continuando a mangiare in silenzio per un paio di minuti.
Fu Louis a spezzare il silenzio. “Ti ho già detto che questo cibo è davvero buono?”
“L’hai fatto. Ma ti ringrazio.” Harry gli rivolse un sorriso che Louis restituì.
“Tornando a noi,” disse Louis, e Harry sentì il sorriso scivolare via dal suo volto. “La tua è una preoccupazione legittima per quanto riguarda l’effetto che il coming out avrebbe su di te a livello personale. Ovviamente, la tua alternativa sarebbe non frequentare nessuno, o dover fare di tutto per tenerlo segreto. Il che…” Studiò Harry. “Magari a te non interessa. Non tutti vogliono una relazione, giusto? Proprio come alcune persone vogliono il matrimonio e altre no.”
“Io voglio poter frequentare una persona.” Evitando il suo sguardo, Harry strinse le labbra. “Voglio tenerle la mano e baciarla in pubblico. Lo voglio. Ma forse semplicemente non è una cosa per me.”
Per un lungo momento, Louis non rispose. Poi toccò il piede di Harry sotto il tavolo, il contatto breve e leggero. “O forse lo è, non si può mai sapere. Cosa mi dici del quadro più ampio? Di cosa hai paura in quel frangente?”
Harry raccolse i suoi pensieri. “Ti ho già detto come potrebbe influenzare le relazioni estere con gli altri Paesi, no? E tipo, come se non bastasse… Siamo una potenza economica enorme, sai? Tutta questa storia della monarchia contraddistingue il Paese e attrae orde di turisti. Ci sono tutti quei,” fece una pausa, “prodotti e merchandise, e sono perlopiù prodotti cinesi, ma sono le aziende inglesi a rivenderle. E c’è la Royal Collection con, tipo, porcellane esclusive e lenzuola di lino e la marmellata di Buckingham Palace. Ci sono organizzazioni benefiche sotto il nostro patrocinio. C’è così tanta roba.”
Louis ci pensò su per un attimo, poi annuì. “Di nuovo, capisco il problema.” La sua voce era bassa e sicura di sé. “Ti ricordo, però, che gli inglesi amano la loro monarchia. È una cosa che li identifica come nazione, e ci sono stati scandali ben peggiori di un principe gay. Persino recentemente. Il che,” si accigliò, “non vuol dire che essere gay sia una brutta cosa.”
Se non per il fatto che lo fosse. Agli occhi di alcune persone, lo era.
Quando Harry non reagì, Louis appoggiò il mento sul pugno chiuso e continuò, osservandolo. “Il divorzio dei tuoi genitori, per esempio. Quello era stato un bel problema e non andò giù ai tradizionalisti. Così come la tua presunta storia con una donna dieci anni più grande di te. O la presunta storia di tua sorella con un ragazzo di quattro anni più giovane e appena diciottenne.”
“Quella era proprio una stronzata, però,” lo interruppe Harry. “Non che io e Caroline ci fossimo mai persino frequentati, ma se fosse stato il contrario? Tipo, se le voci fossero state su me trentenne che frequentavo una ragazza di vent’anni? La gente se ne sarebbe fregata. Lo stesso per quando Gems frequentò Ashton. È solo ingiusto, okay?”
“Ehi, sei un principe femminista.” Il tono di Louis trasmetteva allegria piuttosto che scherno. I suoi occhi erano molto blu. “Mi piace. E quello che sto cercando di dirti, Principino, è che nessuna di queste cose è stata molto d’impatto – sempre che ce ne sia stato uno. Dubito fortemente che un principe omosessuale potrebbe distruggere l’economia nazionale. Anzi, sono sicuro che gli imprenditori più furbi ne trarrebbero il massimo vantaggio, portando novità sul mercato.” Il suo ghigno fu repentino e malizioso. “Tipo i vibratori che cantano God Save the Queen quando li accendi. Dovrei farmi brevettare quest’idea.”
Harry lo fissò per un attimo, poi scoppiò a ridere. Sul serio, era difficile rimanere pessimisti quando entravano in gioco i vibratori canterini. In gioco.
“Dovresti decisamente gingillarti con l’idea,” disse, lottando per restare serio.
Louis socchiuse gli occhi. “Non l’hai detto davvero.”
Harry sorrise a trentadue denti.
Sebbene Louis stesse sospirando, la luminosità dei suoi occhi tradiva divertimento. “Prego ardentemente che sia qualcun altro a scrivere i tuoi discorsi.”
“Hai incontrato Nick, no?”
“Ebbene sì.” Louis si servì di un biscotto allo zenzero e lo buttò giù con del succo d’arancia, studiando nel contempo Harry con espressione pensierosa. Sembrava come se stesse cercando di capire qualcosa, e quando parlò, era completamente privo di umorismo. “Voglio sapere una cosa, però… Qualcuno ti ha mai detto che non devi alcuna perfezione alla gente? Che non hai bisogno di essere conforme ai loro standard? Essere costretto in un ruolo che non ti appartiene solo a causa del tuo DNA, è completamente sbagliato tanto quanto l’idea dei privilegi come diritto di nascita.”
“Questa è la realtà, però.” Harry esitò. “La verità è che io non dovrei essere gay. È… come uno stravolgimento della trama.”
“Non è un difetto, cazzo,” disse Louis aspramente.
“Lo è, agli occhi di alcune persone.” Harry proseguì rapidamente, prima che Louis avesse l’opportunità di ribattere. “Senti, io ho dovuto nasconderlo per anni. Immagino sia più semplice per te essere fiero e sicuro.” Oppure no? Harry ricordava vagamente qualcosa che Louis gli aveva detto sui costi, sul conoscere i costi, quindi rettificò, “Forse, non saprei. Ma lo nascondo da quando ho sedici anni. Come uno sporco segreto, qualcosa di cui vergognarsi, e non puoi pretendere – tu non pensi che questo non lasci delle cicatrici, vero?”
Passarono dodici secondi prima che Louis rispondesse; Harry lo sapeva perché li aveva contati nella sua testa. “Credo che non sia quasi mai una cosa semplice,” disse Louis lentamente. “Ma sì, capisco quanto possa essere più difficile per te rispetto agli altri.”
Dato il disprezzo iniziale di Louis, era più di quanto Harry si aspettasse. “Ti ringrazio,” gli disse. Venne fuori un po’ freddo.
“Figurati.” Louis inarcò un sopracciglio. “Non sono uno stronzo, sai. Sto davvero cercando di capire.”
“A chi vuoi darla a bere,” mormorò Harry. Al silenzio di Louis, realizzò di come doveva essere uscito dalla sua bocca e alzò rapidamente lo sguardo. “Scusa. Cioè, non ora. Ma la prima volta che ci siamo incontrati. Sei stato parecchio stronzo, sai? E per niente comprensivo.”
“La prima volta che ci siamo incontrati, sì.” C’era una strana cadenza nella voce di Louis, qualcosa di quasi autoironico che Harry non riuscì a interpretare. “Mi dispiace per quello, credo. L’intera faccenda mi ha colto di sorpresa.”
Nonostante Louis si fosse già scusato in precedenza, questa volta sembrò che fosse sincero. Quindi Harry prese un respiro profondo e annuì, allungando la mano sul tavolo per toccare il dorso di quella di Louis. “Non importa. Mettiamoci una pietra sopra.”
Proprio mentre Harry stava per ritirare la sua mano, Louis la afferrò per stringerla appena. Eppure, lasciò la presa prima di quanto Harry avrebbe voluto. “Pietra sopra, allora?”
“Pietra sopra,” confermò Harry.
Si sorrisero per un lungo secondo, che fece tremare le ossa di Harry di calore e luce. Poi Louis si raddrizzò sulla sedia e batté le mani.
“Bene, tolto questo, parliamo di cose serie.” Ribaltò un cappello immaginario in direzione di Harry. “Faremo una lista di pro e contro. Strutturata, logica, inconfutabile. Da adulti. Adulti che riceveranno un biscotto per ogni argomentazione valida che riusciranno a trovare.”
Una lista. Una lista di pro e contro che potrebbe far pendere la bilancia in favore di un coming out. Lo stomaco di Harry si strinse attorno al nulla.
Okay. Ce la poteva fare. Era il motivo per cui aveva chiesto consiglio a Louis, dopotutto.
Ce la poteva fare.
Sperando che la sua momentanea agitazione fosse passata inosservata, Harry replicò il gesto di Louis. “Accetto le sue condizioni, egregio signore. Ci servirà della vodka per tale impresa?”
“Mai prima delle cinque del pomeriggio.” Il sorriso di Louis era largo, quasi maniacale. “Che ne pensa dello spumante, invece? Quello va bene a ogni ora del giorno.”
“Mi piace come ragiona,” gli disse Harry. Dopodiché, si alzò dalla sedia e andò in cerca di alcool. Non appena fu in casa e fuori dalla visuale, si fermò per un secondo, una mano contro il muro, il cuore che gli batteva in gola.
Okay. Okay. Poteva assolutamente, totalmente e decisamente farcela. Era pronto.
Non era per niente pronto.
Ma l’avrebbe fatto lo stesso.
Spingendosi via dal muro, proseguì per la strada verso la cucina e ignorò il leggero oscillare del pavimento sotto i suoi piedi.
 
**
 
Una bottiglia di spumante e un pacco di biscotti più tardi, avevano buttato giù tredici argomentazioni per appoggiare un coming out, e undici motivi per non farlo. Non proprio d’aiuto, davvero.
Louis notò che Harry stava diventando sempre più frustrato e confuso, quando l’obiettivo sarebbe dovuto essere l’opposto. Si erano spostati sul letto da esterni – divano – poco tempo prima, e Harry era sdraiato sullo stomaco, fissando il pezzo di carta come se fosse personalmente offeso dal fatto che non gli avesse fornito una risposta chiara. Per un attimo, Louis considerò l’idea di suggerire che soppesassero le diverse argomentazioni, le classificassero per importanza e probabilità che si verificassero. Ma Harry aveva bisogno di ulteriori complessità quanto aveva bisogno di un altro Johnson nella sua vita.
A proposito di bisogno, a Louis non sarebbe dispiaciuto un altro bicchiere di spumante. Tranne che per il modo in cui il suo sangue fosse già frizzante come una bibita gassata ben agitata, in procinto di traboccare. Altro alcool sarebbe stata una pessima, pessima idea.
Louis eccelleva nelle pessime idee, però. Per esempio: accettare di trascorrere le ultime due ore in compagnia esclusivamente di Harry. Cazzo. Erano passati anni dall’ultima volta in cui si era sentito davvero attratto da qualcuno, ma in quel momento, il suo corpo era in uno stato confusionale di sì-sì-no, perplesso dalla collisione tra passato e presente. Aveva davvero voglia di affondare le sue mani nel groviglio di ricci di Harry. Voleva inoltre far danzare le sue dita lungo la curva della sua spina dorsale e farle scorrere sotto la sua maglia.
Ma che cazzo c’era di sbagliato in lui?
Spostandosi un po’ più lontano, incrociò le gambe e strattonò il colletto della sua maglietta, il caldo di mezzogiorno sempre più vicino, l’aria calda ad avvolgersi attorno a lui come un mantello pesante malgrado il gazebo a proteggerli dai raggi diretti del sole. Aria calda, sì. Era l’unico motivo per cui si sentiva irrequieto e agitato. Niente a che vedere con la sua cotta adolescenziale proprio lì, a portata di mano.
“È tutto inutile,” annunciò Harry improvvisamente. “Non serve a niente.” Lasciò cadere la penna per terra dove atterrò con un rumore secco, rotolando in uno spazio tra due assi di legno. Per la prima volta, sembrò sotto ogni aspetto il moccioso viziato che Louis si era aspettato quando Harry era arrivato nell’ufficio di James – e Cristo, era davvero successo solo il giorno prima?
“Non ti ho mai promesso un fottuto miracolo, piccolo Principe,” disse Louis.
Immediatamente, Harry si girò a guardarlo. La sua espressione era affranta. “Non intendevo quello, Louis. Scusa se è uscito in quel modo. Intendevo solo… non che la nostra conversazione sia stata inutile. O questo, il tuo venire qui.” Le sue labbra si dischiusero in un profondo sospiro. “Sono solo arrabbiato con me stesso, credo. Tipo, ho tutti i pezzi di fronte a me, proprio qui, e allora perché non riesco a osservarli in maniera obiettiva e capire che diamine dovrei fare?”
E proprio quando Louis aveva pensato di poter riacquistare un briciolo di sana irritazione, di distanza, lo stupido Principe Harry lo aveva disarmato mostrandosi completamente perso e vulnerabile. Chi aveva dato a Harry il fottuto diritto di essere… così? Questo mix tra il bel ragazzo da cui la versione adolescente di Louis era ossessionato e il giovane uomo che non era di certo meno attraente. Oh, ehi, e dato che Louis si stava già ponendo qualche domanda, chi aveva deciso che andasse bene che Harry preparasse a Louis una colazione inglese completa, e che fosse buonissima? Chi aveva dato a Harry il permesso di essere il tipo di persona che smaniava di voler fare la cosa giusta, il tipo di persona che sceglieva le parole lentamente, come se ognuna di esse meritasse la massima attenzione? C’era qualche divinità superiore alla quale Louis avrebbe potuto appellarsi?
Doveva essersi fottuto il cervello per aver acconsentito a questo incontro. Questo non era proprio il modo di chiudere con il passato.
Louis avvicinò le ginocchia al petto e prese la lista dalle mani di Harry, passando in rassegna le varie opzioni. Baciare qualcuno in pubblico era stato sottolineato, così come Non aver paura che qualcuno di cui mi fido possa rivelare la mia sessualità. Nella colonna dei contro, Harry aveva aggiunto un punto esclamativo dopo Quali ripercussioni avrebbe su mamma e Gemma? E se questo ci portasse a una rottura?
“Sei davvero preoccupato che un coming out potrebbe porre fine alla monarchia?” domandò Louis. “Non credi che sia un pelino drammatico?”
“Non lo so.” Con un lamento, Harry rotolò sulla schiena e si coprì il viso con un braccio. La sua voce venne fuori ovattata. “Non lo so. Magari ho troppa paura, o magari questo porterebbe la gente a prendere d’assalto Buckingham Palace e dichiarare tutto pubblica proprietà e poi tutta la mia famiglia sarebbe giustiziata pubblicamente e sarebbe colpa mia.”
“Ti sei accorto che la pena di morte è stata abolita, vero?”
“Circostanze eccezionali. Una re-istituzione valida solo per quella occasione.”
“Harry. Non accadrà.” Louis combatté la tentazione di sfiorare il gomito di Harry nel parlare, qualsiasi cosa che avrebbe potuto portare il ragazzo a guardarlo. “La gente ama l’odore di uno scandalo, e se lo pianifichiamo attentamente, potrebbe persino accrescere la tua popolarità. Se agiamo in modo pulito e innocente, se lo trasformiamo in una storia d’amore, magari…” Un’idea improvvisa balenò nella mente di Louis, e la analizzò nella sua testa. Avrebbe potuto funzionare benissimo. “Zayn potrebbe fingere di essere il tuo ragazzo per un po’. Sareste una splendida coppia, e c’è la classica storiella da amici ad amanti che non manca mai di attrarre l’attenzione. Inoltre è già un personaggio pubblico, quindi non sarebbe neanche così traumatico per lui.”
“E gettare altre persone nella fossa dei leoni?” Harry fece capolino da sotto il suo braccio. I suoi occhi riflettevano un minuscolo barlume di umorismo. “Non è un atto da gentiluomo, che dici? Non dovresti imprudentemente offrire la tua persona? Potresti essere tu il mio ragazzo. In nome di Dio e della patria e tutte quelle cose lì.”
Potresti essere tu il mio ragazzo.
Il petto di Louis si strinse bruscamente. “Non lo farò,” sbottò, schiarendosi la mente.
“Stavo scherzando. Gesù.” Harry si mise a sedere, allontanandosi appena. La sua postura era ritta, i muscoli tesi mentre il suo sguardo si spostava per stabilirsi in un punto dietro Louis. “Lo so che non ti piaccio, ma non c’è bisogno di–”
“Non si tratta di quello,” lo interruppe Louis. “Davvero, non è così.”
Cazzo. Cazzo. Perché continuava a parlare a vanvera quando Harry era nelle vicinanze? Era ovvio che Harry stesse scherzando, ignorando beatamente come fosse impossibile, assolutamente impossibile, che Louis potesse mettersi in una posizione dove passato e presente si sarebbero potuti intrecciare ancora di più. O – peggio – dove le persone sarebbero state tentate di scavare nel suo passato.
“E cosa, allora?” Harry suonava scettico e ferito. “Hai già un ragazzo? Non vuoi essere associato pubblicamente a un nobile? Hai fatto un voto di celibato, e tenermi la mano in pubblico sarebbe una violazione?”
Louis scosse la testa e prestò un’attenzione particolare ad allisciare la lista sulla sua coscia. “Niente del genere. È solo che non sono materiale da fidanzamento, credimi.”
“Tu non sei nessun tipo di materiale,” disse Harry aspramente.
“Ti sfugge il punto.”
“Non credo proprio.” La punta di rabbia nella voce di Harry lo mise stranamente a disagio. “A te sfugge.”
Incrociarono gli sguardi e li mantennero, ogni secondo a intaccare le difese di Louis, strattonando i suoi nervi come corde tirate al punto di strapparsi a metà. Fottuto Principe Harry. Non sapeva nulla.
Louis distolse lo sguardo per primo. Sembrò una sconfitta.
“Va bene. Andiamo avanti.” Sollevò il pezzo di carta e si sforzò di mantenere un tono calmo e piatto. “Il nocciolo della questione, credo, è che tu abbia tre alternative.”
“Louis…”
“Primo,” Louis parlò direttamente sopra il tentativo di interruzione di Harry, “puoi fare coming out con i tuoi tempi. Secondo, puoi non farlo e frequentare ragazzi in segreto, correndo il rischio che qualcuno ti sputtani e che tu non abbia il controllo su ciò che accadrebbe. Terzo…” Alzò lo sguardo per trovare Harry a fissarlo intensamente, e perse la concentrazione per un attimo. “Terzo, puoi nasconderlo così tanto in profondità che non ci sarebbe nessun comportamento omossessuale da scoprire. In altre parole, puoi negare completamente quella parte di te stesso.”
Il pomo d’Adamo di Harry si mosse visibilmente quando deglutì. “Non credo di poterlo fare.” Suonò profondamente infelice, lo sguardo sfuggente. “Non penso di volerlo fare.”
“Be’, non dovresti.” Tenendo in mano la lista, Louis la posò tra loro e aspettò che Harry incrociasse il suo sguardo. Solo allora continuò. “A parte questo… Harry, prova solo a immaginare l’impatto che potrebbe avere una persona come te. Mi hai detto che dover nascondere questa cosa ti sta segnando profondamente. Se farai coming out, non credi che sarebbe d’incoraggiamento per alcuni giovani, mostrare loro che non c’è niente di cui vergognarsi? Persino rendere loro più semplice farsi accettare quando avrebbero un esempio così rilevante?”
Per un attimo in cui il cuore di Louis perse un battito, Harry rimase perfettamente immobile. Poi il suo petto si gonfiò con un brusco respiro. “Non posso decidere da solo,” disse sommessamente. “Questo riguarda anche la mia famiglia, e non posso prendere questa decisione senza di loro.”
“Allora forse dovresti parlargliene.”
“Già.” Il tono di Harry era basso, quasi come se stesse pensando ad alta voce. “Forse dovrei.”
 
**
 
Louis aiutò Harry a sparecchiare il tavolo prima di andarsene, lasciando il Principe disteso sul letto all’aperto, silenzioso e chiuso in se stesso, ancora a esaminare la lista dei pro e contro. C’era una forte possibilità che quella fosse l’ultima volta che l’avrebbe visto.
Gesù Cristo, aveva passato più di due ore da solo con Harry – nell’appartamento di Harry, per giunta. La versione più giovane di Louis avrebbe avuto un attacco di cuore.
Be’, grazie a Dio non era più in piena cotta adolescenziale. In quegli ultimi giorni, era stato capace di parlare con Harry come un adulto, come un suo pari, ed era stato capace di lasciar correre senza chiedersi ossessivamente se si sarebbero più sentiti. Forse sì, forse no. Se Harry avesse deciso di fare coming out, Louis sperava che il team di James sarebbe stato coinvolto.
Era tutto un grande se. Louis non si stava facendo illusioni.
Era da poco passato mezzogiorno quando arrivò in ufficio. Quando cercò di sgattaiolare oltre la porta aperta di Liam, il suo tentativo di passare inosservato fu sventato dallo stesso Liam, che si girò sulla sua sedia. Il ghigno sul suo volto era enorme.
“Ho sentito che qualcuno ha fraternizzato con il Principe.”
Perché Louis ci aveva persino provato? Tutto quello che aveva detto a James era che avesse avuto un contrattempo e che sarebbe arrivato tardi in ufficio, ma Liam probabilmente aveva tracciato ogni suo movimento via GPS e telecamere di sicurezza. Con un sospiro, Louis appoggiò il fianco contro lo stipite della porta e incrociò le braccia. “Esiste una cosa chiamata privacy, sai?”
“È stato accidentale,” disse Liam immediatamente. Almeno appariva vagamente pentito.
“Come puoi accidentalmente intercettare il mio telefono?” gli chiese Louis. “O qualunque cosa tu abbia fatto.”
“Non ho intercettato il tuo, ma quello di Johnson. Quel tizio ha fatto un salto all’appartamento di Harry, deve aver lasciato qualcosa, e stavo scorrendo alcuni filmati quando è comparso Harry.” Liam agitò le sopracciglia. “Circa quaranta minuti prima di te.”
Un momento, Harry aveva trascorso la notte da qualche altra parte? Con qualcun altro?
Ma in ogni caso quella non era la questione principale, e neanche erano cazzi di Louis. Lo erano però il resto di quello che Liam aveva detto, e Louis si raddrizzò. “Cosa vuol dire che Johnson ha lasciato qualcosa? Hai controllato di cosa si tratta? E se fosse–”
“Ho mandato Perrie,” lo interruppe Liam, “dal momento che ti ho visto lì solo più tardi. Pensavo, sai com’è, che sarebbe stato meglio non disturbare il Principe a meno che non ci fosse la necessità.”
“È una persona perfettamente funzionale, sai?” Espirando, Louis attraversò la stanza e si abbandonò sulla sedia di fronte alla scrivania di Liam. “Ovvero, in grado di pensare razionalmente ed elaborare le informazioni. Non c’è bisogno di coccolarlo.”
“Ah, è così?” Liam gli lanciò un’espressione provocatoria. “Buffo come non potessi sopportarlo appena ieri.”
“Non era una cosa personale,” disse Louis. La protesta suonò debole anche alle sue orecchie, e lo sbuffo di Liam dimostrò che era d’accordo.
“In tal caso…” Liam si chinò per ripescare qualcosa da un cassetto, poi fece scivolare un pacchetto verso Louis, appena più grande di una busta da lettera. “E se fossi tu a informare Harry, amico? È venuto fuori che fossero delle scuse, inclusa una pennina USB con un’altra copia del video. Se siamo fortunati, è l’ultima rimasta.”
“Delle scuse?” Louis afferrò il pacchetto e se lo rigirò tra le mani, accigliandosi. “Non è abbastanza. Quel tizio merita molto peggio rispetto a solo una licenza revocata.”
“Ha lasciato il Paese.”
Cosa?”
Liam fece spallucce. “È andato a Heathrow subito dopo essersi fermato a casa di Harry, destinazione San Francisco. James ha detto di lasciarlo andare, quindi l’ho fatto. Forse è la soluzione migliore per tutte le persone coinvolte, non credi?”
“Suppongo di sì.” Scuotendo la testa, Louis si alzò dalla sedia ma fu fermato dalla domanda di Liam.
“Allora, di cos’è che tu e il Principe Harry dovevate parlare in maniera così dettagliata? È stata una conversazione abbastanza lunga per essere due completi sconosciuti, amico.”
“Mi sorprende che tu non abbia hackerato il mio telefono per ascoltarla,” disse Louis. Al barlume di offesa negli occhi di Liam, Louis tornò a sedersi e gli regalò un piccolo sorriso. “Scusa, è stato… Sono solo un po’ fuori di testa, tutto qui. Sta pensando di fare coming out, voleva il parere di un esterno.”
E ha chiesto a te?”
“Do degli ottimi consigli.”
“È solo che…” Liam sollevò una spalla. “Voi due siete partiti davvero con il piede sbagliato, sono solo sorpreso che sia riuscito ad andare oltre. È un punto a suo favore, no?”
Liam non aveva tutti i torti. Louis esitò prima di rispondere. “Sinceramente, non è che abbia avuto molta scelta. I suoi amici sono troppo intimi per essere imparziali, e mi pare di capire che non conosca tanti uomini gay. Tantomeno uomini gay che sanno del suo segreto. Abbiamo visto entrambi la sua lista.”
“Nick è gay.”
“Non ho intenzione di chiederti come tu faccia a saperlo,” gli disse Louis.
“Ha un abbonamento ad Attitude,” disse comunque Liam. “E la password della sua email è Più Cazzi X Me.”
Louis sperò onestamente e sinceramente che Liam non avrebbe mai usato i suoi poteri per scopi malvagi.
“Anche Nick potrebbe essere troppo imparziale. Troppo vicino a tutta la faccenda.” Louis si alzò di nuovo, agitando il pacchetto. “E con ciò, ti lascerò a fare le tue cose mentre io andrò a controllare la tragica situazione della mia posta. Rimetterò di nascosto questo affare nella cassetta di Harry, tornando a casa.”
Liam sembrò sul punto di fare una battuta. Alla fine, si limitò ad annuire e tornò al suo computer. Louis lo osservò per un altro secondo prima di voltarsi e uscire dall’ufficio.
Forse Louis gli avrebbe confessato di conoscere Harry da prima – non in quel momento, ma in un paio di settimane. Quando non sarebbe più sembrato tutto così vivido nella sua mente. Liam era bravo ad ascoltare, e confidare quel particolare pezzo del suo passato con lui… Sì. Louis sarebbe potuto essere disposto a condividere quell’unico pezzo.
Avrebbe comunque tenuto il resto per sé.
 
**
 
Circa trentasei ore dopo lo sgancio della bomba proverbiale nella testa di Harry, il ragazzo era tornato a Clarence House. Questa volta c’erano solo sua madre e Gemma, e Harry rabbrividì alla sfuriata della sorella, che voleva a tutti costi veder soffrire Johnson. Per risposta, Harry aveva promesso in maniera vaga che ci avrebbe pensato, sul serio, ma per favore non ora, non possiamo semplicemente cenare in pace? Per favore?
“Non puoi lasciarlo andare con una bacchettata sulle mani,” disse Gemma masticando un pezzo di salmone. Col cazzo, Haz. Quel coglione merita di essere deportato in un campo di lavoro in Siberia. O peggio.”
“Modera i toni,” la riprese Anne, ma non sembrava averci messo il cuore. “E mangia come si deve. E ricordati la correttezza politica.”
Gemma posò la sua forchetta e sollevò la testa. “Quello stronzo ha cercato di fottere il mio fratellino. Nessuno può fottere il mio fratellino. E ci siamo solo noi qui, comunque.”
Era vero, in effetti; Anne doveva aver richiesto una cena privata dato che i domestici erano entrati solo una volta, proprio all’inizio, per portare tutti i piatti prima di lasciarli soli.
Forse dovresti parlargliene.
Prendendo un respiro profondo, Harry si pulì la bocca con un tovagliolo e lo ripiegò in un triangolo preciso. L’odore del filetto di pesce gli fece rivoltare lo stomaco. Mantenne lo sguardo sulle sue mani, la sua voce a malapena udibile sopra la musica jazz che sua madre aveva recentemente scoperto di adorare. “Mamma, Gems. Se io- Credo di voler fare coming out. Forse.”
Per un orribile, orribile momento, il mondo si inclinò e barcollò sul suo stesso asse.
Ma poi Gemma saltò in piedi, facendo cadere il tovagliolo per terra, e andò ad abbracciarlo da dietro, i loro visi premuti insieme. “Aspettavo questo momento da un sacco, nanerottolo.”
Anne si alzò più lentamente, prendendosi del tempo per mettere da parte il tovagliolo prima di chinarsi per dargli un bacio sulla guancia. La sua voce era calda, e quando Harry si azzardò ad alzare lo sguardo, la trovò a fissarlo con una scintilla d’orgoglio negli occhi. “È ovvio che tu abbia la mia piena approvazione, ma ci vorrà molto coraggio, tesoro. Sei davvero sicuro?”
“No. Non sono sicuro per niente.” Harry faticò a respirare attorno all’improvviso groppo nella sua gola. “Ma credo, tipo, forse? Probabilmente. Tu approveresti?”
“Certamente.” Anne la fece suonare come una conclusione scontata. Oh.
“Ma non hai mai detto niente.”
“Non volevo farti pressioni.” Si accigliò, facendo apparire una ruga tra le sopracciglia. “Perché, cosa pensavi?”
“Io…” Un altro respiro, più facile questa volta. “Pensavo che forse non avresti approvato. Perché potrebbe essere un problema per il Paese.”
Il cipiglio di Anne diventò più profondo, ma la sua voce era gentile quando posò una mano calda sulla spalla di Harry. “Piccolo, questo non è il tipo di responsabilità verso il tuo ruolo che ho cercato di insegnarti.”
“Io credo che potrebbe addirittura avere un effetto positivo,” disse Gemma. “Ci farebbe sembrare moderni, no? Spazzerebbe via la polvere. Benvenuti nel ventunesimo secolo!” L’ultima parte l’aveva detta con il tono di un cronista sportivo, e allargò le braccia, sorridendo a trentadue denti. Con i suoi capelli color melanzana e le sue magliette enormi, niente suggeriva che un giorno sarebbe diventata la monarca regnante di sedici nazioni.
“Sono assolutamente a favore di una mossa azzardata,” disse Anne, molto più pacata. “Siamo un’istituzione antica, ma questo non significa che non possiamo stabilire un precedente, dare alla società una piccola spinta. E se questo dovesse provocare una rottura con uno degli Stati del Commonwealth, allora quello non sarebbe comunque un Paese che vorrei rappresentare.”
Harry aveva voglia di piangere. Invece, si alzò in piedi e attirò sua madre e Gemma in un forte abbraccio. Sembrava come se si stesse costantemente aggrappando alle persone – Niall e Zayn, sua madre e Gemma, cercando conforto nella loro vicinanza. Se avesse fatto ciò che aveva in mente di fare, non avrebbe più potuto usarle come sostegno; avrebbe dovuto sostenersi da solo. Farsi forza da solo.
Tirando su col naso, si sciolse dall’abbraccio e si asciugò gli occhi. Il suo sorriso sarebbe potuto risultare un po’ umido, ma decise che l’importante era provarci.
 
**
 
In quei giorni, Louis eguagliava il fascino del porno con quello del latte cagliato. Eppure era solo la sua coscienza ad averlo fermato dal dare un’occhiata al contenuto della penna USB. Una cosa seccante, la coscienza.
Perciò, mantenendo la sua parola, passò davanti all’appartamento di Harry mentre tornava a casa, controllando che le finestre fossero buie. La serratura del portone del palazzo non valeva granché. Louis impiegò meno di un minuto a forzarla e, se fossero stati amici, avrebbe speso qualche parolina con Harry sul prendere la sicurezza più seriamente.
Invece, si intrufolò all’interno, ficcando il pacchetto nella cassetta delle lettere etichettata ‘Ultimo Piano’ e uscendo poi inosservato. Non si permise di pensare se quello sarebbe stato il suo ultimo contatto con Harry.
 
**
 
Il cellulare di Louis squillò proprio mentre stava per mettersi a letto. Lo schermo rivelò Dannato Principe Harry WTF, e quelle conversazioni a tarda notte stavano diventando un po’ un’abitudine, non è vero? Due giorni di fila costituivano uno schema?
Infilandosi tra le lenzuola, Louis rispose con un allegro, “Piccolo Principe. Mi stai chiamando per quei diamanti e quei viaggi in località esotiche?”
La risata di Harry raschiò la linea come sottile carta vetrata. Suonava esausto, eppure in qualche maniera rilassato, sereno in un modo in cui Louis non l’aveva mai sentito prima. “Questo mi ricorda che non ti ho mai pagato quel taxi.”
“Non ho preso il taxi.”
“Ti avevo detto di prenderne uno,” protestò Harry, e Louis sospirò.
“Mi va benissimo usare la metro, amico. Tende a essere più veloce, in ogni caso. Forse dovresti provarci qualche volta, vedere come vive l’altra metà del mondo.” Era venuta fuori un po’ più provocatoria di quanto Louis intendesse. Ma ormai, aveva fatto trenta, avrebbe fatto trentuno. “O l’altro novanta per cento.”
Harry rimase in silenzio, il debole ritmo del suo respiro sconcertante, troppo intimo con il cellulare premuto contro l’orecchio di Louis. Mise la chiamata in vivavoce, appoggiando il telefono sul cuscino e chiedendosi se si sarebbe dovuto scusare per il suo commento. Aveva solo detto la verità, né più né meno. Ma okay, va bene, forse riusciva a capire quanto potesse essere complicato per Harry prendere un autobus quando l’intera popolazione del Paese l’avrebbe riconosciuto a vista. E il trenta percento voleva sposarlo.
“Scusami,” disse Louis piano. “È stato un po’ un commento del cazzo, vero? Immagino che la folla potrebbe assalirti se mai dovessi usare la metro.”
“Sì.” Harry lasciò la parola in sospeso tra loro per un attimo. Quando parlò di nuovo, c’era una punta di asprezza nella sua voce. “Johnson mi ha lasciato un messaggio, tipo, dicendo addio. Aveva un’altra copia del video. Ha lasciato anche quella.”
“Ma davvero?” Louis non si sforzò troppo di fingersi sorpreso. “Giusto perché tu lo sappia, il tizio è salpato per le Americhe. Metaforicamente parlando. Ha preso un volo questa mattina.”
Un’altra pausa seguì la dichiarazione di Louis, abbastanza lunga da permettergli di afferrare il telefono e rotolare giù dal letto alla ricerca di un bicchiere d’acqua. “Immagino sia meglio così,” disse Harry alla fine.
“Sei contento di non dover fare nulla, vero?” Entrando in cucina, Louis andò a sbattere contro lo stipite della porta. Colpì l’interruttore della luce e attese che la lampada sopra il tavolo prendesse vita, chiedendosi per un attimo cosa avrebbe pensato Harry del suo appartamento. Non era nulla di speciale, soprattutto a confronto con il loft del Principe, arredato con stile con i suoi mobili su misura e la vista sul Regent’s Canal – ma apparteneva a Louis.
Be’, due terzi appartenevano alla banca. Stava pagando il mutuo lentamente e regolarmente.
“Qualsiasi cosa avessi potuto fare non avrebbe avuto ripercussioni solo su di lui, capisci? Sua sorella è un tesoro.” La voce di Harry trasportava una traccia di sfida. “Non riguarda mai solo le conseguenze dirette. Ci sono sempre implicazioni successive.”
“Questo è,” Louis tolse il vivavoce e riportò il telefono contro l’orecchio, “il tuo modo contorto di dirmi che hai deciso di non fare coming out?” Si sforzò di mantenere il tono di voce piatto, per non lasciar trasparire la sua delusione. Era una decisione di Harry. E aveva delle valide ragioni, Louis doveva ammetterlo.
Solo che… aveva pensato che magari Harry avrebbe preso il coraggio di dichiararsi in grande stile. Avrebbe fatto andare di traverso la colazione a quei dannati tradizionalisti mentre aprivano il giornale del mattino. Inclusi i genitori di Louis.
Buttò giù l’amaro che aveva in bocca.
“No,” disse Harry. La parola venne fuori lenta, ma calma. “È il mio modo contorto di dirti che ho deciso di farlo.”
La testa di Louis scattò verso l’alto. Prese un respiro profondo e afferrò un bicchiere d’acqua, riempiendolo fino all’orlo prima di dire, “Okay, wow. Non me l’aspettavo. Diamine.” Si schiarì la gola. “Buon per te, Harry.”
“Lo pensi davvero?” Harry non suonò convinto.
“Sì,” Nonostante Harry non potesse vederlo, Louis annuì. “Lo penso davvero. È una cosa di proporzioni epiche.”
“Ehi, mi stavo chiedendo…” Harry esitò, prima di continuare. “Cioè, Nick si occupa regolarmente della nostra immagine pubblica, ma la sua specialità è gestire i vari pettegolezzi, non tanto escogitare grandi schemi. Che è ciò per cui siete conosciuti voi.”
Louis trangugiò l’acqua e posò il bicchiere con un tintinnio. Sentì gli angoli della sua bocca allargarsi in un sorriso luminoso, fino a che non si ritrovò a sogghignare alla propria immagine riflessa sul vetro della finestra. “Mi stai chiedendo se ci faremo carico dello scoop più grande dell’anno? Non credo di aver bisogno di chiedere conferma a James per dirti cazzo sì. Sarà grandioso.”
Un piccolo sbuffo d’aria, non proprio una risata. “Sembri entusiasta.”
“Lo sono eccome.” Louis si sgranchì le spalle. “Se vuoi la mia modesta opinione, questa è la miglior cosa successa alla monarchia da… dall’appoggio di Shakespeare della Regina Elisabetta, probabilmente.”
Ora sì che Harry stava ridendo, dolce e affettuoso, fugace come il tocco di un fantasma. “Questa ti è proprio uscita dal culo.”
“Wow, Vostra Altezza. Sono scioccato da questa accusa oltraggiosa. E dall’uso di certe volgarità.” In contraddizione alle sue parole, Louis stava ancora sogghignando, ed era certo che Harry riuscisse a sentirlo dalla sua voce.
Ci fu un altro, breve momento di pausa prima che Harry chiedesse, “Puoi essere tu? Il mio contatto principale con il team di James, intendo. È più…” Sbuffò una risata. “Sei un po’ stronzo delle volte, ma sei onesto e intelligente. E mi sento a mio agio con te. A parlare di… certe cose.”
Un po’ stronzo, eh? Sì, Louis riusciva vagamente a comprendere come Harry fosse giunto a quella conclusione. Decise di non offendersi, optando invece per un secco, “Eloquente, Principino.”
“Chiudi il becco,” bofonchiò Harry.
“Mi dispiace, non è proprio la mia area di competenza. Chiudere il becco, intendo.”
“Non sei per niente dispiaciuto.”
“No, non lo sono.” Louis sentì scemare il suo divertimento in qualcosa di più dolce, quasi malinconico. “Non lo sono davvero. Ma ho fatto sì che tu mi ascoltassi, no?”
“Già. L’hai fatto.”
Il silenzio che seguì l’ammissione di Harry non fu imbarazzante, ma sembrò comunque intenso, stringendo con forza attorno al petto di Louis. Quindi avrebbe passato ancora del tempo con Harry. Molto più tempo. Non pensava in alcun modo di essere pronto ad affrontare i ricordi che sarebbero riaffiorati, ma allo stesso tempo, non riusciva a immaginare di lasciar gestire la situazione a nessun altro. Voleva essere coinvolto, voleva che Harry lo chiamasse a tarda sera per scambiarsi idee e chiedere consigli; voleva questo strano tira e molla tra loro, la sfida che comportava.
Non si sentiva così vivo da anni. Il che era davvero fottutamente spaventoso.
Spingendo via il pensiero, Louis si appoggiò al frigorifero e sentì il suo ronzio vibrare nelle ossa, rimbombare nello stomaco. Una ventata di aria fresca gli mandò un brivido lungo le braccia. “Allora,” cominciò. “Hai già un’idea su come vorresti farlo? Ovviamente, c’è la Coppa del Mondo in termini di tempi. E potresti farlo per gradi annunciando inizialmente di essere bisessuale. Questa strategia sembra aver funzionato bene per molte celebrità.”
“Sarebbe una bugia, però.” Era difficile leggere il tono di Harry, la sua voce bassa e profonda che non offriva nessun indizio su come interpretare la sua affermazione, quindi Louis attese. Dopo parecchi secondi, Harry continuò con più sicurezza. “Non voglio mentire. Questa è la mia condizione. Qualunque sia il piano, non voglio raccontare bugie.”
“Qualche piccola e innocente bugia qua e là potrebbe rendere le cose più semplici,” disse Louis cautamente.
 “Non importa.” Harry esalò. “È un no.”
Niente bugie. Sembrava un concetto così obsoleto, quel tipo di comportamento onorevole che si trovava comunemente nelle fiabe. Louis era così abituato a mentire per sopravvivere che non si fermava più neanche a pensarci.
L’avrebbe fatto, al tempo. Più giovane e meno disincantato, le bugie non gli sarebbero venute fuori poi così facilmente.
“Niente bugie,” acconsentì Louis.
Se Harry aveva notato il ritardo nella risposta, non lo sottolineò. “Grazie,” disse invece, gentile e sincero. “Ti lascio recuperare un po’ di sonno adesso, okay? Scusa per averti chiamato così tardi.”
“Quando vuoi,” gli disse Louis. “Grazie a te per avermi dato fiducia.” Venne fuori troppo intenso, e orientò rapidamente il suo tono di voce in qualcosa di più leggero. “Ti prometto che non smetterò di essere una spina nel fianco.”
“Non mi aspetto niente di meno.” Le parole di Harry erano intrise di lieve umorismo, e Louis doveva concludere quella conversazione prima di dire qualcosa di stupido. Qualcosa tipo, avevo la cotta più imbarazzante del mondo per te.
“Dormi bene, piccolo Principe,” riuscì a proferire, al limite dell’affetto, e sì, doveva concludere quella conversazione in quel cazzo di istante. “Ti chiamo domani con alcune alternative su come procedere, okay?”
“Okay,” gli fece eco Harry. Suonava cautamente emozionato, un po’ incredulo.
“Ehi,” Louis addolcì la sua voce. “Ero serio, sai? Penso che questo sia davvero fantastico. E sono fiero di farne parte in un certo senso.”
Harry rimase in silenzio per il tempo che Louis impiegò per trascinarsi nuovamente in camera sua. Poi inspirò bruscamente. “Grazie, di nuovo. Ci sentiamo domani.”
“Buonanotte,” disse Louis. Sentì Harry augurargli lo stesso, poi un click e il segnale di libero, improvvisamente reale dopo i precedenti minuti che erano sembrati più come un sogno ad occhi aperti. Giusto per essere sicuro, Louis si pizzicò la pelle sulla piega del gomito.
Okay. Quindi stava accadendo davvero.
Si infilò a letto con il cuore che batteva sui suoi polpastrelli, l’energia inesauribile a fremere sottopelle. L’orologio aveva da tempo superato la mezzanotte quando finalmente si addormentò.

Wear It Like A Crown [Larry Stylinson • Italian Translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora