Capitolo 6

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Harry guidò veloce verso Garden Hill, maledicendo il domenicale traffico londinese. Si era alzato con uno strano presentimento addosso, qualcosa di negativo che non riusciva a spiegarsi. Aveva chiamato Leigh e parlato con Sophia per quaranta minuti, chiedendole spesso se tutto andava bene; la bambina si era solo lamentata di alcune bambole e di essere stata sgridata per aver nascosto il gatto in uno degli armadi. Aveva chiamato sua sorella Gemma e sua madre, scoprendole a fare le prime spese natalizie insieme, persino suo padre Des che non sentiva da settimane. Dopo tutti loro, aveva mandato un messaggio a Zayn ed un altro a Leigh. Aveva cercato persino il suo capo, per essere sicuro. Eppure quella sensazione rimaneva lì, alla bocca dello stomaco e non andava via.

Louis gli venne in mente alla fine, dopo aver pensato a tutte le persone più care che aveva. Fu una consapevolezza strana perchè, per la prima volta, considerò quel ragazzo importante. Più importante di tanti altri nomi sul suo telefono ma soprattutto, nella sua vita.
Dopo le persone che rendevano Harry ciò che era, aveva pensato a Louis.

Dopo tre messaggi ed una chiamata senza risposta, aveva deciso di andare a casa sua, presentandosi con una banale scusa, due caffè ed una voglia pazzesca di farlo suo.
Trovò parcheggio davanti il vecchio condominio dove viveva e sceso dall'utilitaria, si precipitò verso il suo appartamento, suonando ripetutamente al citofono.

"Apri, apri, apri" - mormorò, suonando una terza e quarta volta, insistentemente.

Il citofono emise un suono acuto e poi la voce assonnata e raffreddata di Louis si palesò - "Pronto?"

"Pronto, serio? - domandò Harry, sogghignando - Non ti hanno insegnato a rispondere al citofono?"

"Che vuoi, Harry?"

"Mi apri? Per favore..." - attese qualche secondo prima di sentire il portone verde scattare e la voce del ragazzo urlargli il piano, come se lui non ricordasse tutte le volte in cui era stato lì. Arrivò al secondo piano e, sul ciglio della porta, lo attendeva Louis avvolto in una coperta verde, il viso nascosto in questa, tanto da coprirgli gran parte dello sguardo eppure Harry notò subito quel buio, quella stanchezza nei suoi occhi.

"Che succede?" - chiese, fermandosi a pochi centimetri dal suo corpo caldo - "Stai male?"

Louis gli fece strada nel suo piccolo appartamento e dandogli le spalle, annuì - "Un po' di febbre, credo"

"Credi?"

"Non ho un termometro" - ammise, stendendosi di nuovo sul divano ed ignorando la presenza dell'uomo: Harry era bellissimo anche con addosso una semplice tuta nera, stretta ai polpacci ed una felpa grigia fin troppo larga e Louis stava cercando in tutti i modi di non fissare il suo sguardo su di lui, sopra quel corpo che tanto desiderava. Ci stava riuscendo finchè Harry non si inginocchiò a lato del divano, passò le mani tra i suoi capelli per scoprire la fronte e proprio lì, depositò le labbra per quelle che al ragazzo sembrarono ore.

"Sei caldo davvero, come hai fatto ad ammalarti?" - ieri, dopo essersi tatuato, aveva girato per l'intera Camden Town con una misera maglietta a maniche corte, mettendo in mostra quel petto rosso. Forse era per questo oppure perchè non dormiva davvero da settimane ed il suo corpo aveva iniziato a protestare, richiedendo del sonno. Ma Louis, alla domanda dell'uomo, alzò le spalle e tornò a dare attenzione alla telecronaca di una partita di calcio.

"Ti ho portato un caffè, se lo sapevo ti avrei preso un tè"

"Non potevi - disse, guardandolo stare ancora in piedi di fianco al bracciolo del suo logoro divano - saperlo"

"Potevi scrivermi un messaggio, o rispondere ad uno dei miei"

"Harry - sussurrò il suo nome - sono stanco, mi sento male, non mi va di pensare a questo adesso, o fare sesso. Quindi per favore, vai"

L'uomo lo guardò portarsi la coperta fino al mento, ignorandolo del tutto. Sembrava un bambino, avvolto in un piumone verde, i capelli biondi che ricadevano disordinati sul cuscino e gli occhi stanchi, lucidi per la febbre. Lo osservò per qualche minuto, in silenzio, dall'alto, consapevole che in quei due anni mai l'aveva visto tanto fragile e bello. Louis aveva sempre dimostrato una sicurezza sfacciata, da fare invidia, era stata una delle prime cose che aveva notato in lui ma era cambiato qualcosa perchè adesso tutto ciò che vedeva, non aveva niente di sicuro, di sfacciato, anzi, tremava come una foglia sotto il suo sguardo.

"Non voglio fare sesso"

"Allora perchè sei qui?"

Harry mosse alcuni passi e Louis fu convinto di vederlo andar via da un momento all'altro, in fin dei conti non potendogli dare il proprio corpo, era inutile la sua presenza ma rimase a bocca aperta, completamente sbalordito quando invece della porta, il più grande andò in cucina iniziando ad aprire tutti gli armadietti in cerca di un bollitore e del tè. Storse il naso quando trovò solo una vecchia confezione di Yorkshire e del succo di limone preconfezionato, non sopportava entrambi, troppo amari. Lui era da cose dolci.

"Tieni - fece, inginocchiandosi di nuovo di fianco a lui e porgendogli il tè fumante, appena preparato - Ti serve qualcos'altro?"

"Vai via?" - chiese Louis, cercando di camuffare il tono deluso con una serie di colpi di tosse malriusciti ma gli occhi, quelli non era riuscito a nasconderli e per Harry fu facile scoprire quella velata tristezza che accompagnava quelle parole. Per questo, afferrò Louis da sotto le gambe e lo portò a letto, lì dove avrebbero avuto più spazio entrambi.

"Ora dormi" - ordinò, baciandogli la punta del naso fredda. Si sfilò la felpa prima di coprire entrambi i corpi con le coperte ed intrecciò le loro gambe, con la scusa di riscaldarlo. Che poi Louis non glielo disse che al caldo, in quel momento, c'era soprattutto il suo cuore.

Quella sensazione di negatività che Harry aveva sentito alla bocca dello stomaco appena sveglio, era completamente sparita, lasciando il posto ad una strana e spaventosa consapevolezza.

28 Days || Larry Stylinson AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora