Capitolo 10. "Fuoco e calore"

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Plin plin plin.

-Non si potrebbe accendere il riscaldamento? Siamo in pieno inverno.-

Lily si affrettò ad accendere il computer, mentre io e Void spostavamo il divano verso un angolo vuoto e sporco. La mia mente alcune volte pensò davvero di voler cambiare look alla stanza.

-Ti riscalderai durante l'allenamento.-

Mi pulii le mani dal nero che emanava il tessuto del sofà e mi avvicinai verso il centro della stanza, cercando di attirare attenzione.

-Okay, qualcuno di voi due mi dice di che tipo di allenamento si tratta?-

Chiesi, esausta dall'essere ignorata. Improvvisamente mi ritrovai davanti il Nogitsune che afferrò il mio braccio destro e, senza capire come, mi fece rotolare a terra in pochissimi secondi.

Grazie della gentile risposta.

Pensai, per poi alzarmi cautamente dal freddo pavimento, ancora stordita dalla caduta.

-Sei tu che lo hai chiesto, no?-

Annuii, ancora sorpresa da quel colpo, per poi sentire un pugno in pieno viso. Caddi nuovamente a terra, questa volta però fece davvero male. Provai a chiedere un time out, prima che mi uccidesse col terzo colpo.

-Mi stai facendo capire che prima che arrivassimo noi, tu eri così debole?-

Eh? Ma è cretino o cosa?

Non capii subito quelle parole, ma mi provocavano dolore anche quelle e presto iniziai ad odiare quella situazione.

-Su, Sofia. Alzati.-

Continuava a girarmi intorno, mi sentii derisa. Ma da chi? C'eravamo solo noi in quella stanza. La mia testa iniziò a ragionare solo ora e cercai di prendere vantaggio, afferando la caviglia di Void e stringerla finché le unghie non si conficcassero in essa, ma ricevetti solamente un calcio in faccia e il dolore che provai mi provocò un formicolio nella testa. Cosa voleva ottenere?

-Sei così debole.-

No, non è vero. Non sono debole. Non posso essere così debole.

Mi alzai, ma mi spinse al muro, dove la testa cadde proprio sul chiodo sporgente e mugolai di dolore. Non riuscii a vedere più nulla, non riuscivo a fare più nulla.

Dannazione.

Dato che non era soddisfatto, spaccò uno dei tubi di metallo più sottili dell'impianto che era dall'altra parte della stanza. Questo mi fece prender tempo, ma i miei riflessi erano lenti e invece di provare a farlo cadere, lui, come un tir, mi si piombò addosso, con la differenza che questa volta riuscì a centrare il palmo della mia mano con la punta del sottile cilindro che impugnava. Volevo alzarmi. Volevo prendere il sopravvento, ma l'unica cosa che feci era trattenere il dolore mordendomi il labbro. La cosa che mi distrusse è che il mio corpo era così freddo da potersi congelare da solo. Non ero abbastanza forte da poter sentire di nuovo il calore che un tempo le mie stesse mani emanavano quando riuscivo a battere qualcuno. Cosa dovevo fare? Eppure mi è stato sempre così naturale difendermi. Fino a poco tempo fa ero un forte vampiro che proteggeva gli abitanti, ma ora? Cosa mi è successo? Cosa...

Cosa ci faceva Stiles qui con me?

-Teresa, io sarò il primo. Sofia la seconda.-

Ci trovavamo nella "camera della partenza". Era così che io la chiamavo, da quanto avevo capito. Probabilmente il suo nome era un altro, ma pensai che anche se i termini fossero stati diversi, il fine era sempre e solo quello. In effetti, c'erano due porte che portavano in due labirinti diversi: pensai che il primo fosse per i ragazzi e il secondo per le ragazze, era così che li dividevano gli esperimenti.

La ragazza annuì, sorridendomi e accarezzandomi la spalla. Probabilmente anche io sarei stata uno di quegli esperimenti, non che non si fosse capito: tenevano sempre tutto nascosto, ma non era difficile origliare nei corridoi principali, la cosa che mi impressionava è che la notizia non mi faceva ne caldo ne freddo.

-Finalmente tocca a noi, eh? Dopo anni di ricerche forse riusciremo a trovare quello che cerchi.-

Annuii, anche se dubitavo di me stessa.

Sarei entrata in quel labirinto anche io, con l'eccezione che io dovevo ricordare la mia identità e il mio scopo.

Fu così che pochi giorni dopo mi ritrovai in una stanza buia e fredda.

C'era silenzio, finché qualche minuto dopo il tetto si aprì.

Le immagini stavano correndo troppo velocemente.

Dovevo solo ricordare: "Io sono un Angelo e sono qui per trovare la Cura."

Improvvisamente cambiò la situazione e qualcosa scattò nella mia testa.

Ricordai chi ero e i miei occhi seppero gestire perfettamente la mia vista: senza il minimo sforzo la mia mente calcolò tutte le manovre future del Nogitsune e percepii un forte calore nella schiena che si espanse lungo i miei arti, facendomi reagire: presi con tutta la mia forza la mano del mio avversario e riuscii a spingerlo, trovando il giusto tempo per alzarmi, afferrare il suo braccio e tirarlo verso me, mentre sferrai un pugno con la mano che mi era rimasta libera. Dopo che i miei occhi lo videro sfiorare terra, senza esitazione fui sopra di lui e lo bloccai con le dita delle mie mani, riuscendo a inchiodarlo al pavimento. Il calore che emanava il mio corpo mi dava così tanta energia che mi sembrava di poter dominare il mondo, le mie mani erano metallo ardente e i miei piedi erano incollati a terra, quasi come se fossero fuse a essa.

Mi basta solo un altro secondo.

-Sofia...-

Non lo ascoltai e alzai velocemente il braccio destro per centrare al meglio il suo viso.

-Sofia, ora basta.-

Solo un secondo.

-SOFIA.-

Fu in quell'odioso istante che, per sbaglio, diedi un'occhiata allo specchio.

Credevo fosse solo una sensazione, ma era tutto reale: le mie mani erano rosse e stavano bruciando la pelle di Void, mentre i miei piedi bloccavano il suo corpo freddo. Come se non bastasse, i miei occhi illuminavano le mie guance di un colore simile al fuoco e il calore che emanava la mia schiena derivava da due grandi ali nere.


The Angels of Beacon Hills || 1. Ritorno al passatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora