Era ormai mezzogiorno e il sole si stagliava inerme e lontano nel cielo, come un bambino osserva dall'alto un formicaio. Alex mi portò all'Arsenale, la stanza dove tutto l'equipaggiamento necessario per le "passeggiate" era ordinato e controllato. Appena entrammo, i muri giallo canarino illuminato dal sole mi diedero un senso di calma e luminosità. La stanza era divisa in due: a destra vari tavoli dove appoggiarsi e preparare la propria attrezzatura, certo non erano tavoli solidissimi e nuovi a vedersi ma erano meglio di niente e a destra una lunga serie di sbarre che proteggevano armadi blindati e sarti intenti a cucire giubbotti antiproiettile. Alex con tranquillità si avvicinò ad una porta blindata, si aprì la feritoia e una voce rauca chiese:"numeri, percorso e obiettivo". "13 e 12, percorso 57, ritiro pacchetto" rispose annoiata Alex, che si stava tastando le sue tasche alla ricerca di un pacchetto di gomme da masticare, che trovò, prendendone una per sè e l'altra lanciandomela al volo, la presi all'ultimo. "Perché vi chiedono queste cose?" le chiesi sottovoce. "Così sanno chi siamo, dove dobbiamo andare e quanto pericolosa è la nostra passeggiata. Mike dice sempre che dobbiamo essere efficienti e che non possiamo esserlo senza il giusto equipaggiamento." Si aprì uno sportello accanto alla porta con tutto quello che ci serviva, prendemmo il tutto e ci spostammo su un banco. Mike... solo al pensiero mi tormento di domande tipo: come fa a mantenere un'ordine qui dentro? Come ha fatto a salvare così tanta gente? Ma soprattutto come fa a sorridere in qualsiasi circostanza, dopo quello che ha fatto? Fui bloccato da questi pensieri quando un giubbotto mi atterrò sul naso, al grido quasi insopportabile di:"Datti una mossa, 13! Mica ti sto a fare la balia tutto il tempo, mi fai girare le palle già adesso, non immagino sul percorso..." esigente la ragazzina, ma d'altro canto non potevo complessarmi con un lavoro in corso. Presi il mio zaino e rovistai alla ricerca della foto, del walkie talkie e del coltello usato durante l'adattamento, erano ancora tutto lì. Indossai il giubbotto un po' rigido per i miei gusti, feci fatica a stringere tutte cinghie, due para bracci arrugginiti e una mazza che misi dentro il mio zaino. Accesi il walkie talkie e i guanti li misi nello zaino, puzzavano di sudore. Alex prese dei guanti in pelle con le punte tagliate, due parastinchi in metallo e il giubbotto calzava a pennello grazie al suo corpo affusolato e dinamico. Mise un machete nel fodero laterale e lo zaino in spalle. Pronti a partire uscimmo dal dormitorio e appena arrivati nel giardino principale l'ordine interno lasciò lo spazio al frastuono dei sacchi di cemento, tubi di ferro e veicoli in manovra. Pareva stessero rinforzando la ringhiera est, rendendola più alta e robusta. Prendemmo delle scale che ci condussero alle impalcature a cielo aperto, finendo in cima all'avamposto. Da lì si stagliavano mille indicazioni di altrettanti percorsi. Presi il mio taccuino da scrivano, non c'è molto da dire su questo: un taccuino nero con un'elastico per tenerlo chiuso, e mi annotai l'obiettivo della nostra passeggiata. "Seguiremo metà del percorso 57, svolteremo verso il laboratorio del nostro Dottore e riporteremo a casa il suo pacchetto. Ci saranno all'interno dei documenti e delle sostanze da ricerca. Saranno cazzi per tutti e due se qualcosa non arriva all'avamposto o arriva danneggiato. Sei qui solo per trasportare il pacchetto, quindi per me vali come un carrello della spesa con la pelle, intesi?" Feci cenno di sì con la testa e avrei seguito Alex all'inizio del percorso, se non fosse stato per la mia caduta a causa di un gradino non visto. Mentre mi stavo rialzando Alex mi guardò con occhi increduli e sospirò:"No vabbè, tu sei scemo da far paura". Il nostro percorso, uno dei pochi, era sopraelevato, diviso in tre punti e molto impegnativo a livello fisico, il che mi fece sudare ben più delle solite sette camice. Cominciando il primo terzo avevamo a che fare con il tetto di un pullman, su cui atterrammo dal dormitorio grazie ad una periferica, l'atterraggio non fu dei migliori e attirammo una dozzina di vaganti. Mentre prendevo la mia arma e aspettavo Alex, lei era già arrivata nella finestra della palazzina. "Quella ragazzina proprio non ha voglia di farmi stare in vita" pensai mentre sistemavo la mazza, scappando dalla bianchiccia dozzina. Superate le palazzine, molte delle quali ancora infestate, dove calci, botte e spintoni erano l'unico modo per procedere finimmo il primo quarto, raggiungendo una scala a pioli che ci portò ad una porta blindata. Piccola pausa, dove ovviamente Alex dovette fumare per scaricare la tensione. Toccava al secondo terzo, che consisteva in una corsa tra i tetti delle fabbriche, piene di buchi, dove a correrci dietro trovammo altri vaganti e anche stavolta non c'era tempo per fermarsi a lottare. Troppo poco lo spazio su quei tetti fatiscenti. Raggiungemmo la loro fine, "svoltiamo a destra o a sinistra?" pensai ma lei come se nulla fosse si lanciò nel vuoto. Preoccupato ma inseguito mi lanciai anche io, urlante di terrore chiusi gli occhi. Atterrai su un cassonetto pieno di materassi ma non fu lo stesso per i vaganti che precipitarono sul duro asfalto, smontandosi le ossa all'impatto. Senza perdere tempo Alex mi prese per il giubbotto, trascinandomi fuori da lì. All'ultimo terzo attraversammo la strada, rompendo qualche cranio ancora intatto e affettando bracci troppo lunghi verso di noi. Anche se agile nei movimenti, Alex non era il massimo in combattimento. Più volte si sbilanciò troppo finendo per terra, rendendosi vulnerabile. Toccava poi a me soccorrerla e respingere quei mostri. Tutta questa frenesia cessò quando riuscimmo ad arrivare ad un cassone lì vicino che ci aiutò a scavalcare una recinzione elettrificata, si percepiva dal ronzio di un generatore lì vicino. La recinzione difendeva un campo da basket con una roulotte all'interno. Qualcuna delle bestie che continuavano a seguirci venne fulminata con un rumore assordante, seguito da un puzza orrenda che mi fece vomitare. Immediatamente la roulotte si aprì e un vecchio con un camice uscì con un fucile a pompa in mano, puntandocelo contro. L'istinto mi disse di alzare le mani e urlare di non sparare. Alex rimaneva ferma ma palesemente nel panico. "Cosa ci fate qui? Chi vi manda? Fermi o faccio saltare le vostre inutili teste di cazzo!" disse puntandomi a pochi centimetri dal viso la canna fredda e grigia. Era la goccia che fece traboccare il calice. Ne avevo sentite troppe sul mio conto, spostai velocemente la canna del fucile verso l'alto con una mano, tirando un calcio al petto del vecchio, rivoltandogli poi l'arma contro. Alex da prima sorpresa, scoppiò a ridere:"Dovresti vedere che faccia hai, sembri un pazzo appena evaso" poi si rivolse verso l'anziano scienziato a terra e chiese:"Il pacchetto, grazie". Ancora scosso il dottore indicò la roulotte e Alex con calma iniziò a frugare tra gli scaffali. Era il tramonto ormai e i palazzi tracciavano le loro ombre sull'asfalto come lunghe unghie nere che cercavano di afferrare la luce del giorno morente. Mentre tenevo ancora sotto tiro il vecchio, il walkie talkie si animò:"Buonasera 13, allora avete preso il pacchetto? Si sta facendo sera e siete lontani da qui. Dato che è un pacchetto abbastanza importante una limousine passerà da voi tra poco. Non si fermerà più di un minuto. Mike chiude!". "Se posso chiedere, chi è Mike? Il vostro capo?" chiese il vecchio. Non feci in tempo a rispondere che mi interruppe Alex, col pacchetto in mano indicandomi il cassone da dove eravamo entrati. Buttai lontano il fucile e scavalcammo giusto in tempo il recinto quando un blindato si fermò davanti a noi. Entrammo e durante il viaggio mi annotai tutto ciò che poteva essere rilevante del nostro viaggio. Tornati all'avamposto aprii la porta del blindato ed entrai nel dormitorio. Riconsegnai la mia attrezzatura all'Arsenale e misi le mie cose dentro lo zaino. Avevo l'accendino di Alex, non sapevo perché ma era nella mia tasca destra. Dovevo riportarglielo, mi avvicinai alla porta di uscita e fu lì che Mike mi aspettò, sorridente come al solito. "Spero sia andato tutto bene come prima volta fuori da qui..." sorrisi e annuii. "Il pacchetto, grazie", consegnai il pacchetto e chiesi "non era il vostro di dottore vero? Lo avete rapinato dei suoi documenti". Mi fulminò con lo sguardo, sempre sorridendo:"Non spetta a te decidere da che scienziato andare e poi, siete voi i rapinatori" rise sotto i baffi e concluse:"Alex è sul tetto se devi parlare con lei". Rimasi indispettito da quanto fossi stato stupido a non capirlo subito. Ma dovevo ancora riportare l'accendino. Risalii le impalcature e la trovai lì, sotto la luce della luna piena, seduta con le mani sul viso, singhiozzava. Ero indeciso, volevo lasciarla sola. "Dimmi pure, ormai mi hai visto" rimasi imbarazzato e sorpreso, mi avvicinai, sedendomi al suo fianco:"L'accendino Alex" e porsi il piccolo accendino viola. Appena tese la mano spostai all'ultimo l'accendino e dissi:"però la devi smettere con quella merda, se continui ancora così non sarai più utile nemmeno a fare da guida coi polmoni andati a puttane". Lei mi guardò sorpresa, come a dire "Hei, finalmente qualcuno ha ritrovato le palle" asciugandosi le lacrime. Sistemato l'accendino nelle tasche continuò a parlare:"Nonostante tutto quello che ti ho fatto continui a starmi vicino e a seguirmi, o sei pazzo oppure ti fidi di me". "Credo non ci sia molta differenza" risposi, scoppiammo a ridere. "Come mai qui? Devi andare a dormire, sarà mezzanotte passata", rispose:"Io vengo qui per cercare un po' di pace, ora sto riposando. Non dormo molto e se lo faccio sono notti piene di incubi e morte, lì dentro..." - indicò un piccolo condominio - "...abitavo lì e ogni sera guardare la mia vecchia casa mi fa sentire un po' meglio. A volte mi ricordo la sensazione di sicurezza di un letto comodo e caldo, quando ancora era tutto normale. Ma questa è un'altra storia, non voglio annoiarti e farti sentire le storielle di una ragazzina". "Mi devi la vita più volte, sei in debito" risposi, lei si asciugò di nuovo le lacrime e disse:"Partiamo dall'inizio..."
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B come Bluvaganti
HorrorUna persona in una città fantasma, con un numero assegnato senza apparente criterio e una foto. Domande senza risposta e tanti, molti, troppi strani corpi senza mente che vagano per le strade. E' solo l'inizio... Follow and vote :)