Come se i vaganti non bastassero...

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La sveglia partì regolarmente alle sette, la spensi alzandomi dal letto e stiracchiandomi. Gli altri si stavano già vestendo e io ero ancora in canottiera e mutande. "13, hai un'aria da barbone, vatti a fare la doccia e tagliati quella barba. Ci raggiungi dopo in sala mensa" disse un mio compagno di stanza in tono severo ma giustificato. Andai in bagno e mi guardai allo specchio un leggermente incrostato di ruggine, un po' come il resto in quella stanza. Facevo veramente schifo: la barba ispida e incolta si mescolava con i baffi spelacchiati e lunghi. Le borse sotto gli occhi rendevano tutto più brutto e trascurato. Mi guardai in giro e presi un rasoio, della schiuma da barba, una saponetta consumata a metà e un salviettone grigio steso fuori dalla finestrella che dava luce alla stanza, nonostante le nuvole che rendevano il cielo meno limpido. Accesi l'acqua della doccia ad angolo, una doccia tenuta abbastanza bene ma ormai vecchia, si capiva dalle tubature che ogni tanto rumoreggiavano. Mentre aspettavo l'acqua calda mi diressi verso lo zaino, presi il taccuino e segnai accanto a tutti i dati del giorno prima "Controllo doccia!". La doccia sbuffava, segno che l'acqua era alla temperatura giusta. Una bella doccia calda mi sciolse i muscoli tesi dal giorno prima e fece sparire, grazie anche alla saponetta, l'odore della strada e della polvere da sparo. Impiegai 20 minuti circa tra doccia e barba, un rituale che mi rilassò e per un breve istante mi sentii al sicuro. Ci pensò un fragoroso rumore di lamiera a riportarmi alla caotica vita che avrei proseguito, seguito da urla e persone che accorrevano alla scena dell'incidente. Mi vestii in fretta e furia, presi lo zaino e scesi nel piazzale. Immediatamente i soccorsi tirarono fuori dalle lamiere un signore sulla cinquantina, sporco di polvere e fango, vestito di jeans e un giubbino azzurro. Non riuscii a vedere altro, la folla era troppo fitta per avanzare. L'ultima cosa che vidi prima di essere escluso dalla schiera di curiosi fu una barella che si faceva spazio tra le persone al grido di:"Fate passare! Il signore perde sangue". Mi voltai e Alex mi stava aspettando da qualche secondo dietro le mie spalle, emise un "BOOH" che mi fece indietreggiare un po' spaventato. Rise soddisfatta e disse:"Buongiorno 13, dormito bene? Spero di si, perché da come hai visto abbiamo un lavoro oggi. Andiamo da Mike, così potrà darci più informazioni. Muoviti, non stare lì impalato!". Rientrammo nella hall del conservatorio, in direzione della stanza con i muri coperti di fogli. All'inizio le guardie ci fermarono e ci intimarono di andarcene, ma dalla porta uscì la sua voce:"12 e 13, passate pure. Logan aprigli la porta". Sbuffando la guardia aprì la porta blindata. L'ultima volta che entrai in quella stanza non c'era odore di tabacco e neanche così tante persone. Dal grande tavolo centrale che dominava la stanza, emerse dalle carte Mike. Il solito Mike sorridente in qualsiasi caso, con il suo giubbotto antiproiettile e il suo taglio sempre ordinato. Si avvicinò e ci disse solo:"Non abbiamo molto tempo, tutto quello che dovete sapere è qui dentro. O mi porterete quell'uomo oppure subiremo tutti le conseguenze di quello che ha fatto. Diamoci una mossa ragazzi e mantenete un profilo basso!". Detto ciò ci consegnò un foglio a testa pieno di informazioni e nomi, da distruggere dopo aver imparato a memoria il loro contenuto. Per sicurezza copiai il contenuto sul mio taccuino da scrivano.

 Bruciati i fogli con l'accendino di Alex, tornammo sul luogo del disastro. Una piccola bottega si potrebbe dire: quattro pezzi di lamiera ondulata tirati su, una mola e un'incudine con forgia artigianale erano tutto quello che rimaneva dopo l'incidente. Si trovava accanto a un muro delle camere da letto dei dormitori, una bella caduta, dato che l'uomo atterrò di schiena da cinque metri d'altezza. Si capiva da una delle finestre in alto, spalancate nonostante l'aria fredda che tirava quella mattina. Annotai il tutto da bravo scrivano. Decidemmo di salire fino alla stanza ma mentre salivamo la rampa Alex mi sussurrò:"Non è mai capitata una cosa del genere da quando sto qui. Per gettare un'uomo da una finestra il movente deve essere abbastanza importante e poi... ho bisogno di una sigaretta". "Non abbiamo tempo per fare una pausa, hai sentito Mike" risposi velocemente mentre finivo la rampa. Lei si limitò a guardarmi con aria scocciata e raggiungemmo la stanza n°40, ovviamente chiusa a chiave. "Qui ci penso io, non ti preoccupare" disse Alex, sfilando da una delle tasche della giacca una tessera sanitaria e infilandola tra il fianco della porta e la serratura, cercando di richiudere lo scrocco. Sulla porta era appeso un cartoncino disegnato sicuramente da bambini che recitava:"Famiglia Morgan". Sfogliai i nomi sul taccuino e trovai Andrew Morgan, la vittima caduta dalla finestra. Sua moglie probabilmente era nelle cucine a preparare il pranzo o a rattoppare giubbotti nell'Arsenale. Dopo vari tentativi e insulti verso la porta, Alex disse con un filo di entusiasmo:"Ci sono quasi..." e fu in quel momento che la porta scattò, aprendo la stanza. Appena entrati socchiudemmo per evitare ficcanaso, anche perché in quella stanza dovevamo curiosare prima noi. La situazione non si presentava delle migliori: la stanza era a soqquadro con letti a terra e vestiti ovunque. Anche dai muri in vari punti erano state tolte delle assi, un lavoro sbrigativo e poco accurato a quanto faceva intendere. "Cosa stai cercando ladruncolo vandalo?" pensavo tra me e me quando scorsi un luccichio all'interno di uno dei buchi delle pareti, un bagliore metallico. Spostando camicie e assi di legno trovai una minuscola cassaforte ma senza segni di forzatura, Andrew avrà confessato il codice prima di essere spinto giù. Come pensavo la cassaforte era vuota, ma perché nascondere una cassaforte dietro a un muro? Era così preziosa da non dover essere vista nemmeno dai loro bambini? Ma se i Morgan non avevano figli, come dicevano i dati del foglio, come mai avevano appeso un cartello scritto con pastelli e contornato da maccheroni incollati? Stavo perdendo il filo del discorso e la nostra pista finiva lì. Avevamo un'unica soluzione, uscire dall'ombra e interrogare la moglie di Andrew, sperando che la fortuna ci assistesse.

Prendemmo la direzione delle cucine,che si stagliavano per ben tre stanze. La prima era ricoperta da mattonelle e fornelli da campo di varia grandezza dove gli odori si mischiavano in modo uniforme e armonico ma della coniuge Morgan nessuna traccia. Proseguimmo verso la seconda stanza, probabilmente un convertito atrio, invaso da taglieri e coltelli che affettavano carne, sminuzzavano verdura e tritavano frutta, la moglie della vittima mancava ancora all'appello. La terza e ultima stanza era una sala mensa allestita alla bene e meglio, con vassoi e tavoli per mangiare. Eccola lì, a riordinare i tavoli dopo la colazione e a raccogliere le briciole. Come nella foto del suo profilo aveva degli occhiali con una montatura rosa, capelli bianchi e ricci,accompagnati da un viso roseo, grinzoso e sorridente. Il grembiule a quadri la distingueva dalle altre cuoche e delle ballerine blu con calze bianche completavano il suo vestiario. Io e Alex ci guardammo e decidemmo un'approccio calmo e gentile.

"Buongiorno signora Morgan"- iniziò Alexis -"io mi chiamo Alexis e lui... è un mio amico. Vorremmo farle due domande..."- si avvicinò sussurrando -"...riguardo a stamattina". L'anziana signora da sorridente rimase sorpresa ma dopo qualche istante rispose:"Certo, i bagni sono da questa parte. Seguitemi" e ci indicò una porta. Dopo aver oltrepassato la portaci trovammo tra i cassoni della spazzatura. "Vi ha mandato Mike vero? L'ho pregato affinché qualcuno facesse giustizia." "Certo, siamo qui per questo signora Morgan. Le faremo un paio di domande e dovrà rispondere nel modo più dettagliato che può." Annuì con la testa e proseguii:"Allora, ha visto in faccia il colpevole? Cos'ha rubato? Quando è arrivato?". Le grinze nello sforzo di ricordarsi aumentarono sul suo viso, da lì a pochi minuti dopo, avremmo avuto le nostre risposte. "Erano le sei e mezza di mattina, orario in cui mi alzavo dal letto per andare nelle cucine e preparare da mangiare per gli abitanti dell'avamposto. Appena finii di vestirmi qualcuno bussò alla porta. Probabilmente i figli dei nostri vicini di stanza, per chiedere se il loro regalo ci era piaciuto. Fu nello sbloccare la serratura che irruppe un'uomo con un passamontagna bianco che mi tappò la bocca con un bavaglio. Mi mise per terra legandomi mani e piedi, proprio mentre mio marito si stava svegliando. Quando mio marito si accorse dell'intruso ormai era già nelle sue grinfie, picchiandolo e prendendolo a calci. Poi gli chiese dove si trovasse la cassaforte ma Andrew non rispose, lo prese ancora a pugni finché mio marito parlò. Staccate rumorosamente delle assi dal muro, l'intruso prese la cassaforte, mise il codice e prese tutti i nostri ricordi: le nostre fedi, i miei orecchini preferiti e la mia collana d'oro con perle. Si rivolse verso mio marito e disse che si sarebbe accontentato di quelle cianfrusaglie, dopodiché aprì le finestre e lo spinse fuori" iniziò a piangere e le porsi dei fazzoletti. Dopo qualche secondo riprese:"come se non bastasse minacciò di prendere tutte le razioni militari rimaste e darle in pasto ai vaganti se avessi parlato. Detto ciò uscì e scomparve dalla circolazione."Dopo aver ascoltato e annotato le sequenze di questa brutta storia chiesi:"Ha dei sospetti?". "No, ma aveva la pelle chiara e gli occhi castani scuro, non so altro." Ringraziammo e tornammo da Mike nella stanza blindata. "Bentornati ragazzi"- ci accolse Mike,sempre in mezzo alle scartoffie ma sorridente -"Avete novità, vero?". "Si, abbiamo una pista ma non è precisa"- risposi -"La moglie della vittima ha visto il colore degli occhi dell'aggressore, castano scuro e la pelle rosa chiaro. Inoltre la refurtiva è composta da ricordi come fedi nuziali, una collana e degli orecchini". "Per ora può bastare, andate pure a mangiare, è ora di pranzo. 13 ti farò sapere sul walkie talkie se avrò novità".

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