Capitolo 16

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Aggiustandomi i capelli davanti allo specchio, presi un respiro profondo e chiusi gli occhi. Tra qualche minuto sarei stata in macchina , andando al ballo con Charlie, e potevo solamente sperare che le istruzioni sul lento di Harry avrebbero funzionato.

Gli ero davvero grata, anche se nei giorni passati mentre restavo nell'attico con lui dopo la scuola, sembrava più distante del solito, ed era una cosa che odiavo.

Non mi aveva detto nient'altro ed ignorava spudoratamente ogni domanda che gli facessi. Non ero arrabbiata con lui, ma solo esasperata e frustrata.

Volevo sapere cosa mi nascondeva e perché. Era così importante per lui non dirmi qualcosa di così semplice come per quale motivo conoscesse la musica contemporanea?

"Rosie?" chiese mia madre, e non mi preoccupai neanche di correggerla sul mio nome. Mi voltai improvvisamente al suono della sua voce ma lei stava già aprendo la porta prima che la potessi fermare.

"Ehi tesoro," sorrise, immaginai che stesse cercando di comportarsi come una madre normale.

Non è che la odiassi, anche se so che la maggior parte del tempo sembrava di sì. E' che lei non ci era mai stata per me, dopo quello che era successo con mio padre e tutto il resto.

Era, più che altro, come quell'amica fastidiosa che si comporta come se ti stesse sostenendo in tutto ma che, in realtà, ogni volta sparla alle tue spalle o è d'accordo con gli altri a definirti una causa persa.

Cose del genere erano ciò che mi avevano fatto perdere la fiducia in lei. Avevo smesso di credere che potesse essere una buona madre ed ogni suo tentativo era solamente l'ennesimo passo falso.

Non ne potevo più.

Appoggiai una forcina tra le labbra ed i denti per usarla come scusa per non rispondere. Non sembrò notarlo, e si fermò alle mie spalle, con un leggero sorriso sulle labbra.

"Lascia che ti aiuti," si offrì. Le sue mani si infilarono tra i miei boccoli disordinati ed iniziarono a tirarli indietro.

"No," sibilai, allontanandomi da lei di scatto.

Sembrò sorpresa dalla mia reazione ma non mi preoccupai di sentirmi dispiaciuta per lei. Non mi pare si fosse dispiaciuta per me le sere in cui mi lasciava nell'angolo della stanza a piangere per ore perché, a scuola, tutti mi chiamavano pazza.

No, lei se ne usciva con i suoi amici alcolizzati e gli parlava di quanto fossi terribile come figlia. Di che vergogna fossi, per lei e per il resto della famiglia.

Era anche arrivata a chiamarmi un'assassina una volta, facevo la prima superiore. Era la fine dell'anno ed il ballo era l'ultima possibilità che aveva per mettermi in ridicolo.

Non ci sarei andata, ovviamente, se Max, il figlio di un'amica di mia madre, non mi avesse chiesto di andare con lui. Non era stata nemmeno una mia scelta, lei mi aveva obbligata ad accettare, come al solito.

Mi portò a fare i capelli, sedendosi lontana da me nel negozio cosicché le persone non l'avessero potuta collegare a me. Dopo aver finito tornammo a casa e lei mi lasciò prendere in prestito uno dei suoi vestiti, visto che avevamo più o meno la stessa taglia.

Era un po' stretto sui fianchi perché lei era leggermente più magra di me. Non avevo mai avuto nulla contro le persone minute ma io diciamo che ero più nella media. Ero in carne, ma non sovrappeso.

"Rose fermati," mi intimò sconfitta sottraendomi dai pensieri del passato. Ma non sarei rimasta qui seduta ad ascoltarla autocommiserarsi. Quindi, spostai i capelli dietro alle spalle e la superai senza dire un'altra parola.

The Boy In The Attic (Italian Translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora