Capitolo 19

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Rimasi lì, con il respiro che si faceva sempre più pesante ad ogni secondo che passava.

Avrei voluto dire qualcosa. Qualsiasi cosa. Avrei voluto consolare Dylan, urlare ad Harry perchè era rimasto nascosto... più di tutto, avrei voluto urlare a me stessa. Non avevo pensato a come Harry avrebbe reagito a tutto questo.

Forse stava solo cercando di fare un favore a Dylan e a se stesso. Se si fosse rivelato al suo migliore amico, che cosa avrebbe potuto pensare, poi? Avrebbe soltanto riaperto vecchie ferite e ne avrebbe create di nuove. Volevo a tutti i costi vederla in quel modo, altrimenti mi sarei messa ad urlare contro i muri. 

Tornai a guardare Dylan, che mi dava ancora le spalle. Mi crepò il cuore vederlo lì in piedi senza sapere che cosa era appena successo, io, però, non potevo dirglielo. Avrebbe pensato che ero diventata pazza o che fosse uno scherzo tremendo. 

Inoltre, non era il mio segreto da rivelare, nonostante fossi stata proprio io a portarlo quassù. Mentre ci ripensavo cercai di convincermi che forse lo avrebbe chiesto lui, in ogni caso, di salire qui. Se lo ricordava, era un tipo sentimentale.

"L'hai fatto tu questo?" la sua voce catturò nuovamente la mia attenzione.

Osservai le sue braccia che erano aperte ai suoi fianchi. Annuii quando capii che si riferiva alla stanza. Chissà se era simile a quella che avevano Harry e suo padre. Forse lo era, ma Harry non me l'aveva mai detto.

"E' carino," forzò un sorriso.

Sapevo che, per lui, quello era uno sforzo tremendo. E lo apprezzai, soprattutto considerato il dolore che stava provando. Era qualcosa che per me era sempre troppo difficile; solo perchè non piangevo non significava che ero forte. 

Significava che ero brava a mascherarlo.

"Grazie," borbottai, il mio tono di voce stava tornando normale. Lui annuì leggermente in risposta. Volevo chiedergli se fosse tutto ok, ma conoscevo già la risposta, e sarebbe stato scortese sembrare ignara a ciò che stava provando. 

"Harry e suo padre l'avevano sistemato quasi come questo. Tutti e tre ci mettevamo sempre nei guai quando sua mamma scopriva che portavamo del fango e ci giocavamo nel cucinotto", puntò il dito indice dietro di me, "cucinavamo torte di fango. Finiva dappertutto." 

Sorrisi immaginando dei giovani Harry e Dylan. Entrambi con le guanciotte e gli occhioni illuminati. I sorrisi aperti, le fossette di Harry, mi fecero ridacchiare sotto ai baffi. Dylan doveva averlo notato perchè mi regalò un sorrisetto.

"Erano come la mia famiglia, per me," continuò con voce tremante. "Mio padre... era... abusivo. Mia madre morì quando avevo tre anni." 

Aprii la bocca per dirgli quanto mi dispiacesse, ma lui alzò una mano e mi bloccò. "Non dirmi che ti dispiace, non ce n'è motivo. Non me lo devi, comunque."

Non seppi più che dire. Nessun suono uscì dalle mie labbra quando le aprii. Rimasi lì ad aspettare qualcosa, qualsiasi cosa.

Invece che parlare, Dylan si mosse verso l'entrata sul pavimento, che portava al mio armadio. "Trovo da solo la strada per l'uscita, se non ti dispiace." disse lentamente, per capire se io mi fidassi.

Annuii soltanto, insicura che la mia voce contenesse abbastanza potenza per formare delle parole. Lui copiò il mio gesto e poi sparì giù per le scale, ed io rimasi ad ascoltare i suoi passi echeggiare per la casa vuota. 

All'inizio erano più forti, quando ancora si trovava nella mia stanza, poi diventarono via via più deboli, fino ad essere dei meri sussurri quando attraversava il salone e raggiungeva la porta. Si chiuse con un tonfo forte. 

The Boy In The Attic (Italian Translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora