Capitolo 15

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"Non ti vedo da un po'," Harry finse di mettere il broncio quando chiusi la porta dell'attico a chiave dall'interno. Era una precauzione per assicurarmi che mia madre impicciona non venisse quassù. Nei giorni precedenti aveva provato a riavvicinarsi a me.

Il perchè? Non lo sapevo proprio.

"Si chiama scuola," rimarcai al precedente commento di Harry. Mi guardò con un sorrisetto divertito prima di cadere di peso sul letto, facendo cigolare il vecchio materasso e probabilmente facendo un suono così forte da poter essere sentito dal piano di sotto.

"Fà piano," mi lamentai mentre mi incamminavo verso la finestra e non verso di lui. Sospirò ma mi ascoltò, non facendo altri rumori. Gliene fui abbastanza grata, poi mi sedetti accanto alla finestra e guardai il bellissimo paesaggio.

Il terreno su cui era stata costruita la casa era assolutamente meraviglioso. Lunghi, ampi terreni di erba verde, dove i fiori autunnali stavano adesso crescendo, si estendevano per miglia su tutti i lati della casa tranne il retro, circondato dal bosco.

Le foglie stavano diventando di tutte le sfumature dell'autunno e i toni scuri mi fecero sentire a mio agio. Per quanto odiassi ammetterlo, mi sentivo quasi a casa. Ultimamente, i piccoli ricordi che mi erano rimasti di mio padre sembravano scivolare via così velocemente che non potevo fare niente per riaverli indietro.

E per migliorare la situazione cercavo di non pensarci, il che mi faceva sentire ancora più depressa ed arrabbiata con me stessa per aver dimenticato delle cose così importanti. Comunque, dovevo ricordarmi che avevo solo otto anni ed era già un miracolo che mi ricordassi qualcosa.

"Stai bene?" chiese Harry, la voce piena di preoccupazione.

Sbattei le palpebre, cercando disperatamente di mandare via le lacrime in superficie. Odiavo essere così, soprattutto davanti ad Harry. Lui sapeva sicuramente cosa si provava a morire, e io non sapevo neppure come vivere.

"Sì," risposi dopo una lunga pausa.

Fu abbastanza lunga da fargli capire che quell'unica, piccola parola era una grossa e grassa bugia. Lo sentii sospirare, frustrato, dietro di me. Il letto scricchiolò di nuovo ma non così forte come quando ci era saltato sopra ed io immaginai che si fossi mosso di un po'.

Mi sbagliai, comunque, perchè sentii due braccia calde chiudersi da dietro intorno alla mia vita. Saltai un po' al contatto ma non mi scostai. Pensando all'ultima volta in cui le sue braccia erano state intorno a me, non potei sopportare il pensiero di allontanarlo.

"S-sta succedendo di nuovo?" Balbettai, ripensando alla volta precedente, in cui l'avevo visto cadere a pezzi di fronte ai miei occhi.

Il suo respiro caldo soffiò contro le punte dei miei capelli, che erano legate in una crocchia forse troppo disordinata, e mi solleticarono l'orecchio. Ignorai l'istinto di spostarmi i capelli, presa dall'impazienza che mi stava crescendo dentro mentre aspettavo risposta.

"Sì," sussurrò.

Mi sentii mancare un battito e automaticamente volli consolarlo, il mio cuore troppo pieno di compassione e premura per fare qualsiasi altra cosa. Cominciai a girarmi tra sue braccia per dirgli che sarebbe andato tutto bene ma lui mi fermò, la forza che usò per tenermi dov'ero mi sorprese.

"No, sta succedendo a te."

"Cosa?" chiesi, volendomi girare e guardarlo, ora più che mai.

Rilasciò un altro sospiro, la frustrazione che teneva dentro stava ovviamente crescendo. Intrecciò le dita che erano sul mio stomaco e mi attirò così incredibilmente vicina a lui che riuscì ad appoggiare la sua testa sulla mia spalla.

The Boy In The Attic (Italian Translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora