Capitolo 23

796 91 31
                                    

Vivere ed amare sono le uniche cose che vale la pena fare nella vita.
Ti amo, ed è per questo che ho deciso di vivere.

***

"Harry," piansi con voce spezzata. Ma non importava quando piangessi, il suo petto non si alzava e non si abbassava, non respirava.

"Harry ti prego," singhiozzai ancora. Il mio corpo cadde debole su di lui, tutto il dolore che avevo subito fino ad allora mi piombò addosso, tutto insieme. Appoggiai la testa sul suo petto e mi stupii di trovarlo ancora caldo.

Piansi ancora, e ancora, e ancora. Il dolore era così forte da non poterlo più sopportare, non riuscivo più a respirare. Chiusi gli occhi, cercando di assaporare gli ultimi istanti di vita. Suoi e miei.

Sarà stato il pensiero che a breve sarei morta, o il cuore che mi si frantumava in mille pezzi alla realizzazione che non avevo potuto salvarlo, ma in quel momento avrei potuto giurare di aver sentito un ultimo battito di un cuore.

***


Mi svegliai per il dolore, che mi colpì come una coltellata.

Orbite buie incontrarono una luce troppo accecante per avere il coraggio di tenere gli occhi aperti, così li richiusi, sentendoli già bruciare. Rimasi, però, in ascolto. C'era movimento affianco a me.

Una sedia strisciò sul pavimento e sentii alcuni passi, prima che una mano calda si posasse sul mio braccio. Il contatto mi fece sussultare quasi più del dolore, che ormai era diventato più che altro un fastidio.

Provai a riaprire gli occhi, stavolta più esitante, e li strizzai per vedere chi mi fosse vicino ma era ancora tutto offuscato.

"Avevo ragione," disse la persona spostando lo sguardo verso destra. "E' sveglia, ha gli occhi aperti! Guarda Conner!"

Era una voce familiare ma non riuscivo ad identificarla. Capivo solo che era una voce di donna, e che era pure irritante. Finalmente riuscii a vederla meglio, un'altra persona si era piazzata al suo fianco.

Questa nuova persona era più alta e con le spalle larghe, capelli scuri in tinta con la barba. Teneva le braccia incrociate sul petto, facendogli risaltare i muscoli dalla t-shirt. Era intimidatorio.

"Rosie," chiese la donna con voce tremante.

Rosie? Così mi chiamavo?

Riuscii a percepire l'espressione confusa farsi spazio sul mio viso, e poi la vidi sul loro. La donna stava cominciando a piangere, l'uomo l'abbracciava dalle spalle per consolarla.

"L'avevano detto che poteva succedere..." sussurrò lei.

Avrei voluto chiedere 'cosa poteva succedere', ma mi resi conto che non riuscivo a parlare. Gola e bocca erano secchi come il deserto e ad ogni respiro sembrava come carta vetrata.

"Non lo sappiamo per certo," disse poi lui. "Vado a chiamare i dottori, ok? Resta qui e non spaventarla." Lo vidi andare via, la vista ancora offuscata agli angoli.

Non guardai più la donna fino a quando, nel tentativo di alzarmi, non solo lei mi rispinse giù, ma anche il dolore che mi pervase tutto il corpo. La testa sembrava pesare una tonnellata e mi faceva male ogni volta che cercavo di spostarla.

Le mani e le ginocchia mi facevano così male che tremavano quasi. Il petto mi bruciava, il fianco soprattutto, e qua e la sulle gambe e sulle braccia mi sembrava di andare a fuoco. Mi sembrava di essere morta.
Di essere morta ed essere finita nel posto sbagliato.

The Boy In The Attic (Italian Translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora