Capitolo 17

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(NOTE IMPORTANTI A FINE CAPITOLO!)

Fissavo il soffitto, il colore del legno era sbiadito molto più di quel che avrebbe dovuto. E finchè lo facevo, rimanevo ad ascoltare il respiro leggero di Harry che dormiva al mio fianco. Mi ero svegliata poco prima ed ero rimasta lì stesa ad aspettare che si svegliasse anche lui.

Era diventata un'abitudine negli ultimi 3 mesi, rimanere nervosamente ad aspettare il suo prossimo incubo, così da poterlo dolcemente persuadere a svegliarsi. Era quella la parte peggiore.

Arrivavano così, nei momenti più disparati, risvegliandomi da qualsiasi oblio la mia mente si trovasse in quel momento. Dovevo poi aspettare che si girasse verso di me o che si muovesse ancora, così da assicurarmi che si trattasse proprio di un incubo, e poi potevo svegliarlo.

Mi sentivo sollevata quando finalmente apriva gli occhi. Il verde chiaro era di solito sostituito da uno più scuro, quasi smeraldo, e io mi ci perdevo continuamente. Così come mi perdevo in lui, e nel tempo che passavo quassù.

Ero totalmente persa.

Negli ultimi novanta giorni mi ero preoccupata della scuola, di Harry, occasionalmente anche di Dylan. Era fantastico, tranne per il fatto che dovevo per forza tenere alto il rendimento scolastico visto che usavo sempre la stessa scusa per salire nell'attico, tutti i giorni.

Stavo studiando.

Una scusa idiota, ma mia mamma e Conner mi lasciavano chiudere la porta a chiave solo per quel motivo, così io continuavo ad usarla. Mr. Turner non mi aveva dato altre punizioni dopo quella volta in cui conobbi Dylan e ne ero più che felice, Dylan invece ci era rimasto spesso.

Charlie era già partito per l'Arizona ed io ero sorpresa dalla velocità in cui se n'era andato. In appena tre giorni aveva svuotato la camera e caricato tutto in una macchina, che aveva comprato con i suoi risparmi. Un veicolo niente male, che mi aveva fatto venir voglia di guidarlo a prima vista.

Ora, comunque, riuscivo a percepire la mia faccia trasformarsi in una smorfia al pensiero. Avevo Harry e Dylan, tutto ciò di cui avevo bisogno. Harry era diventato la mia ancora e punto d'appoggio. Le sere in cui io e mia madre litigavamo, lui c'era sempre.

Di tanto in tanto si nascondeva tra le ombre che le travi inclinati dell'attico creavano, così che io potessi avere un pò di tempo per me stessa. Altre volte appariva come l'aria, seduto sul bordo del letto. Mi teneva tra le sue braccia o mi faceva i grattini sulla schiena con una delle sue possenti mani.

Ne ero più grata di quanto potessi esprimere.

Dylan, d'altro canto, era più come un migliore amico. Aveva cambiato due dei suoi corsi in modo da potersi letteralmente sedere affianco a me e sparlare dei nostri compagni, mettendoci continuamente nei guai perchè chiacchieravamo.

Non me ne importava, comunque. Ridere di qualche battuta che faceva suoi nostri compagni era l'unica parte divertente della giornata. Come quando faceva battute sulle cheerleader, o sugli studenti di recitazione che si sedevano in fondo all'aula e provavano anche quando non era necessario.

Erano fastidiosi e parlavano a voce alta, così quando aveva occasione di zittirli, anche subendosi uno sguardo killer da parte loro, ero felice di avere un pò di silenzio.
Mi aveva anche raccontato un pò di Harry e della sua famiglia.

Apparentemente erano benestanti, e non erano stati rapiti da tantissimo, come mi ero immaginata. Lo stereotipo del fantasma era talmente impiantato nella mia mente che avevo dato per scontato che fosse successo almeno cento anni fa, quando in realtà erano passati solo 12 anni.

Dylan non mi aveva detto tanto di più, tranne quando mi aveva descritto Harry molto precisamente, identico a com'era ora, solo con le guance più paffute e i capelli più lisci.
Il massimo che ero riuscita ad estorcergli era l'articolo che avevo visto in biblioteca quel giorno con Lisa.

The Boy In The Attic (Italian Translation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora