CAP 49-soluzioni-

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CAP 49-SOLUZIONI-

*3 giorni dopo*

­- il mio sguardo finì al di fuori della finestra, il clima stava cambiando, e i giorni passavano.Capodanno ? Beh, lo avevo passato da sola, non avevo voglia di festeggiare. Ero chiusa in casada ben 3 giorni, per precisione in camera mia. Quell'anno avrei dovuto affrontare l'esame, ed era meglio non perdere le  lezioni, anche se l'esame sarebbe stato molti mesi più in là. Magari stavo diventando "asociale" ma ...non avevo proprio alcuna voglia di ritornare in quel carcere, ovvero la scuola, e di rivedere compagni e amici. Rientrai in camera mia con il pigiamone, delle pantofole a peluche e un pacco di patatine in mano, stavo male, male da morire; ma nessuno si interessava a me, neanche mia madre. Ormai mamma stava sempre al lavoro, ed io intanto tutto il giorno a mangiare patatine e nutella, sperando che mi sarebbero usciti così tanti brufoli e diventare così brutta che nessuno mi avrebbe voluto, così non mi sarei più innamorata e non avrei più sofferto. Magari sarei anche ingrassata, cosa molto difficile dato che molti miei compagni mi prendevano in giro perché secondo loro ero troppo magra. Ok, lo so... Era un piano più che stupido, ma io ci credevo con tutte le mie forze, ovvero quelle che mi rimanevano dato il forte mal di pancia che avevo già da alcune ore. D'un tratto la porta della mia camera s'aprii, mamma entró nella mia stanza camminando con passo svelto, facendo arrivare così alle mie narici aria "fresca" e "pulita", o almeno lo era di più di quella che c'era pochi secondi prima. Spalancò le finestre e io gelai dal freddo­-

M: anch'io alla tua età ho sofferto per amore, e per esperienza ti dico che stare chiusa in casa non serve a niente, quindi adesso ti vesti, ti lavi e scendi a fare un giro con le amiche.    -disse"rubandomi", o quasi, il cibo dalla mia scrivania per poi portarselo in cucina. Io quasi non la sentii neanche e afferrai un contenitore di gelato con un cucchiaio dentro,dal mio comodino, e iniziai a prendere gigantesche cucchiaiate che, dopo averle guardate con occhi pieni di gioia come una bambina, spalancavo la bocca portando la lingua fuori e mi ingozzavo di geleto. Ma putroppo il cucchiaio fu afferrato da mia madre come il resto del contenitore­-

Io: no no no no no !!! Il gelato no ! ­dissi mentre la rincorrevo giù per le scale­

M: ti fa male tutto questo gelato.

Io: non avevi detto che ero troppo magra ? Dammelo qui, devo mangiare ! ­-dissi facendo la faccia da furbetta­-

M: ma il gelato non è il modo giusto per prendere un po' più di peso -­disse sfilandomi nuovamente la vaschetta di gelato da mano. Feci una faccia da bambina arrabbiata, ma allo stesso tempo rassegnata.­-

*20 minuti dopo*

-mi ero  appena finita di vestire: un leggings nero con degli strappi lungo tutta la gamba, una maglietta stile basket  a maniche lunghe ma che  arrivava appena sopra l'ombelico, e le mie adorate converse all star nere e alte. Mi misi un mascara nero e eye­liner del medesimo colore per poi aggiungere la matita e un po' di fard leggero, non molto visibile, sulle gote. Ero pronta, presi una borsa nera con le borchie dorate e scesi al piano di sotto, dove aspettai l'arrivo di Serena.­

*2 ore dopo*

-eravamo andate al centro commerciale, abbiamo comprato e visto tantissime cose.  È stata una giornata stupenda, soltanto che... Ogni minima cosa mi ricordava Justin, ogni fottutissimo oggetto, ogni vestito... Mi ricordava lui, la sua personalità, il nostro passato...Noi.   Serena era tornata a casa  e a me toccava ritornamene da sola, ma sinceramente non avevo voglia di rinchiudermi nuovamente in camera mia. Decisi quindi di passeggiare nel parco da sola, magari per pensare. Arrivai al parco e il mio viso fu subito baciato dal fresco vento che soffiava, era gennaio, ma quel posto non perdeva mai il suo solito odore di fiori e mandarini. Mi sedetti su una panchina, il vento soffiò ancora una volta e strinsi a me il cappotto che indossavo. Mi fissai le mani per interminabili minuti, forse riflettevo, o magari avevo solo un po' di stanchezza; le mie nocche erano colorate di un bianco cadavere, probabilmente per il freddo, le fregai cercando di riscaldarmi, ma niente... Avevo lo stesso freddo. Strinsi a me nuovamente il cappotto per poi abbassare lo sguardo rassegnata e sopportare; mi rilassai, ma mi irrigidì appena sentì qualcuno prendermi le mani e riscaldarle sfregandole con le proprie. Avevo paura di alzare lo sguardo, e infatti lo tenni basso. Non riuscivo neanche a spiccicare una parola, o almeno a muovermi...niente, ero immobile, come una mummia.­-

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