Ha i tuoi stessi occhi

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Guardai spaventato Catherine mentre un calore estremo inondava il mio corpo e l'aria intorno ad esso, e poi buio.
Tutto iniziò in un freddo giorno invernale, uno di quei classici giorni parigini in cui il freddo ti trapassa fino ad arrivare alle ossa, costringendoti a fermarti ogni oretta in uno dei tanti caffè riscaldati e accoglienti; erano le ventuno e dodici quando entrai nella piccola e scura stanzetta dove di li a poco si sarebbe svolto "l'evento", o almeno era così che lo chiamavano tutti. Mi accomodai vicino a due distinti signorotti con cappelli a dir poco stravaganti, davanti al quale il mio vestito mal stirato e abbastanza economico faceva una pessima figura.
Poco prima che gli addetti spegnessero le luci si sedette alla mia sinistra una ragazza, tutta trafelata e col fiatone, un'eredità dalla corsa sfrenata appena conclusa, immaginai.
La proiezione (questo, mi dissero in seguito, il nome tecnico) iniziò con un piccolo conto alla rovescia seguito da una foto di una stazione; la foto poi prese vita e le persone iniziarono a muoversi e ad agitarsi e in lontananza si intravide il treno che si avvicinava sempre di più a noi. Quando sembrava ci stesse per investire molte persone urlarono e la signorina alla mia destra, fino a quel momento molto seria e conposta, sprofondò la faccia nel mio cappotto, tremando; dopo qualche secondo si accorse del malinteso e, guardandomi, mi disse:"pardon". Per il resto della proiezione non riuscii a pensare ad altro che al suo viso, alle sue poche eppure magnifiche sillabe.
Uscendo corsi per raggiungerla e le chiesi un appuntamento; lei rispose:"Certo! Ci vediamo domani al caffè degli artisti, mr. Nowak".
Rimasi un po' fermo, cercando di capire come avesse fatto a scoprire il mio cognome.
Il giorno dopo ci vedemmo al bar, e da quel momento tutti i giorni passammo ore e ore insieme, scoprendo di essere entrambi artisti: lei scrittrice e io pittore, e arrivò, come un fulmine a ciel sereno, l'amore che distrugge tutte le basi per ricostruirne di nuove, e più belle e forti.
Un anno dopo il nostro primo incontro, il tredici Gennaio, ci sposammo in una chiesetta vicino a Parigi e solo dieci mesi dopo il piccolo frutto del nostro amore, Nicolas, era nato.
Lo stesso tredici Gennaio avevo prenotato per noi due un volo panoramico sopra Parigi in zeppelin, una novità assoluta; poco prima di uscire di casa vidi Chatrine davanti alla culla di nostro figlio, guardandolo giocare con un piccolo sonaglio. Andai dietro di lei, prendendola delicatamente dai fianchi e dandole un bacio sulla guancia.
"Ha i tuoi stessi occhi, due bellissimi smeraldi incastonanti nel suo viso".
Sorrisi e la spinsi dolcemente verso la porta, lasciando il nostro bambino a una balia.
Salimmo sullo zeppelin verso le nove e per un'oretta i nostri occhi furono riempiti dai mille colori di Parigi, fino a quando sentimmo uno scoppio sopra di noi; ci voltammo appena in tempo per vedere una fiammata imponente fuoriuscire dalla fiancata. Il rumore ci trapassò i timpani, squarciando la notte serena parigina, rendendoci quasi sordi.
Guardai spaventato Catherine mentre un calore estremo inondava il mio corpo e l'aria intorno ad esso, mentre le fiamme inondavano la cabina piena di gente disperata e urlante. Noi non urlammo, ci abbracciammo soltanto, stando insieme fino alla fine, sorridendo tranquilli. Lo schianto fù terribile ma noi non lo sentimmo, avevamo già esalato i nostri ultimi respiri insieme, sereni come la prima volta.

La balia entrò nella camera sentendo il piccolo bambino piangere, lo prese in braccio per calmarlo e notò che i suoi occhi erano diventati neri, rapiti di ogni forma di vitalità.

Ciao ragazzi, questo è un testo che avrei dovuto scrivere con un'altra persona, ma abbiamo optato per una strada diversa, non vi dico altro.
Spero vi piaccia e noi ci risentiamo la prossima settimana,
Leo

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