La nostra avventura

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Tiro un sospiro di sollievo quando scendo dall'autobus, ancora qualche minuto e mi sarei sciolta dentro quel forno; una vecchietta mi guarda male mentre la spingo un attimo per scendere ma la ignoro: la prossima volta non pianta le tende davanti all'uscita. Mi incammino verso casa mia, schiacciata dal peso dello zaino e dal sole che batte incessantemente in questo periodo; non mi mancava affatto il sole, sono una tipa piuttosto per il freddo e l'inverno, sarà la magia del natale, sarà per le mangiate abbondanti, ma mi sento a casa nel gelo.
Imbocco la piccola stradina alberata che porta a casa mia e saluto la vecchina che ogni volta che torno è sulla sua piccola terrazza, ad accarezzare il gatto o a rappezzare qualche pantalone dei suoi nipotini; quando arrivo davanti al cancelletto noto che la serratura è rovinata e la porta di casa è aperta; "È entrato qualcuno?" Chiedo alla vecchietta
"Solo l'elettricista per un piccolo controllo"
Alzo le sopracciglia, non mi ricordavo dovessimo ricevere un'elettricista oggi.
Entro in casa e vedo una figuta strana venire verso di me e mia madre legata e imbavagliata, con gli occhi pieni di lacrime; in un attimo mi giro e inizio a correre verso dove sono arrivata, seguita a ruota dall'aggressore: per fortuna ho fatto un po' di atletica da piccola e riesco a mantenere la distanza.
Supero la casa della vecchina, non voglio preoccuparla e comunque non riusciremmo a fermarlo.
Arrivo sulla strada principale sperando di vedere una macchina o qualcuno ma niente, strada deserta e sento prendermi dai fianchi; sento il suo respiro sul collo e la sua voce che mi chiede dove volevo andare; rimango paralizzata dal terrore mentre mi trascina piano piano indietro, verso quella che è diventata una casa degli orrori.
Quando stiamo per passare davanti alla casa della signora mi prende sotto il braccio, per far finta di giocare con me: noto che ha dei jeans strappati ma delle scarpe nuovissime che riconosco essere quelle di mio padre. Stringo i denti e cerco di dimenarmi inutilmente metre entriamo nel giardinetto davanti a vasa mia.
Quando stiamo per entrare sento che allenta un po' la presa prima di cadere a terra;
Mi giro per vedere cosa sia successo e vedo un ragazzo alto e muscoloso che si massaggia le mani, probabilmente dopo aver dato un cazzotto al mio rapitore; quando mi vede i suoi occhi cambiano e diventeno emotivi e pieni di compassione mentre mi chiede:"va tutto bene?" Con una voce talmente calda e rassicurante da farmi dimenticare per un attimo ciò che è appena avvenuto.
Gli rispondo un si tremolante mentre mi rialzo aiutata da lui:"ok, ho chiamato la polizia, arriveranno tra poco" mi dice con voce sempre più rassicurante e fa per andarsene.
"Come ti chiami?" Gli chiedo, non so sperando in cosa ma comunque avida di risposte; lui si gira un attimo, mi sorride e io divento rossa in viso prima che lui riprenda a camminare, come un supereroe con un'identità segreta.
In quei giorni riesco a pensare solo a lui, al suo viso, al suo sorriso, alle sue dolci parole e a come forse mi sia lasciata sfuggire uno dei più bei ragazzi dalla città.
Ritorno a scuola dopo una settimana e noto che tutti hanno il dizionario di latino...porca miseria, oggi c'è la versione, me ne ero del tutto scordata; durante la ricreazione vado in tutte le classi a chiedere un dizionario, e l'unico che ce l'ha indovinate chi è... proprio lui: non credevo andasse nel mio stesso liceo ma comunque gli sussurro:" è già due volte che mi salvi la vita, prima o poi ti dovrò ringraziare"; di tutta risposta lui mi sorride, costringendomi angelicamente ad uscire per evitare troppo imbarazzo.
Le ultime settimane di scuola volano, ogni giorno è più caldo ma ciò che mi da un bellissomo fastidio è vederlo: nei corridori, nel cortile, all'uscita della scuola...
Per lavare la sua immagine dalla mia memoria vado al mare due settimane con le mie amiche, staccando totalmente dalla scuola prima della festa di fine anno, una tradizione per la nostra scuola: a me non piace molto andare alle feste, troppo casino in troppo poco spazio, ma le mie amiche mi costringono ad andarci.
In quelle due settimane che aspetto tutto l'anno non abbiamo niente da fare se non divertirci, ciò che ci riesce molto bene, ma tutto il tempo, in tutti i posti, a tutte le ore il mio pensiero fugge e arriva al viso del ragazzo, le mie orecchie alle sue parole, il mio corpo alle sue delicate mani.
Il giorno prima della festa andiamo a fare un giro in centro a cercare un vestito elegante che cambi dalle mie felpe larghe e ne troviamo uno nero che a me pare fin troppo attilato, ma che alle mie amiche piace e che quindi mi porto a casa.
Prima di uscire per il "grande evento" lancio un'ultima occhiata allo specchio e un piccolo sorriso mi scappa dalle labbra mentre noto che in effetti il vestito mi sta d'incanto.
Subito dopo essere entrate andiamo in pista a ballare, o meglio dire saltare a ritmo di musica e a muovere i fianchi, mentre una serie di spintoni mi sballotta quà e la.
Dopo una decina di minuti esco fuori dal locale e noto una piccola collinetta con un albero in cima verso il quale m'incammino. Mi siedo ai piedi dell'albero e contemplo un attimo la vista della mia città, accesa da mille piccole luci, mille lucciole in un prato di cemento; sento una mano toccarmi dolcemente la spalla e vedo il mio incubo angelico sedersi accanto a me.
Sorrido e rimaniamo li tutta la sera, nel silenzio e nell'ammirazione del paesaggio e della persona al nostro fianco, finalmente riuniti dopo tanto patire.

Ciao ragazzi, rieccomi di nuovo con un nuovo testo creato con l'aiuto prezioso di una mia amica. Spero vi piaccia e noi ci sentiamo la prossima settimana.
Come al solito potete scrivere critiche e consigli quì sotto.
Bella per voi,
Leo

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