Capitolo 2

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Lo conoscete il blackjack? Se non sapete nemmeno le basi, dovete sapere che è un gioco abbastanza semplice. Questo gioco si svolge tra il banco – ovvero il rappresentante del casinò – e i giocatori. Per vincere bisogna solo realizzare un punteggio più alto del banco e non superiore a 21. Bene, ora che lo sapete, potete capire che è quasi impossibile riuscire a trovare proprio il 21, fare Blackjack e vincere senza problemi. Beh, questo è quello che è appena successo al moccioso davanti a me. Io sono letteralmente caduto a terra quando ho perso. Non perché oltre al gioco ho perso anche quella stupidissima scommessa, ma perché questo ragazzino ha distrutto anche il mio orgoglio. Non avrò raggiunto il mio obiettivo di diventare capo della sicurezza, ma cazzo, almeno ero il migliore in quello che facevo. Ora non ho più niente. Ho ancora lo sguardo piantato a terra quando il moccioso che mi ha appena battuto al mio gioco si piazza davanti a me. Alzo di poco lo sguardo, abbastanza da poterlo guardare, e noto che mi sta porgendo la mano. La afferro con fermezza e riluttanza. Ho perso, quindi devo tenere fede alla mia parola: una scommessa è una scommessa. Mi alzo in piedi rivolgendogli uno sguardo infuocato. Questo non solo perché mi ha umiliato, ma anche perché – come ho appena notato – è più alto di me.

-Allora. Adesso, mentre io vado a ritirare i soldi, tu vai a prenderti la serata libera. Okay? Ci rivediamo all'entrata. Ah, e non cercare di scappare perché ti troverei subito, nanerottolo- spiega, posando un dito sotto il mio mento e con un rapido gesto sollevandomi la testa di qualche centimetro. Mi allontano di scatto e, prima di girarmi per andare dal mio capo, faccio un cenno di assenso. Aspetta, come mi ha chiamato? Nanerottolo? Ma come si permette? Mi appunto mentalmente di dirgliene quattro non appena sarò di ritorno. Rapidamente mi dirigo verso l'ufficio di Erwin, il mio capo. Busso un paio di volte e, senza ulteriori cerimonie, spalanco la porta. All'interno della stanza trovo Erwin che legge qualche stupido documento. Se ne sta seduto comodamente sulla sua poltrona di pelle e, non appena faccio il mio ingresso, mi guarda con fare annoiato.

-Che succede, Levi?- mi domanda. -Hai qualche problema con una delle tue scopamiche?- A quel commento sarcastico io sospiro, scocciato.

-No- replico, irritato. -Sarebbe stato meglio così. Stasera un moccioso è venuto qui e ha svuotato tutti i tavoli, anche il mio. È per questo che sto cercando di capire come ha fatto, e per riuscirci intendo seguirlo.- Erwin mi rivolge uno sguardo freddo, proprio come le sue iridi. Si alza in piedi e compie qualche passo verso di me.

-Levi, con chi credi di parlare? So già tutto, esistono le telecamere di sicurezza. So che ti sei fatto coinvolgere in quella scommessa. Ti ricordi qual è l'unica regola qui?- Perfetto. È incazzato nero, avrà forse avuto una discussione con qualcuno?

-Mai farsi coinvolgere- replico io -Lo so, ma quel ragazzino mi ha provocato!- spiego, ormai in preda all'ira. Tiro un pugno alla parete accanto a me, per poi massaggiarmi le nocche doloranti. Faccio dei respiri profondi e, dopo essermi calmato, il mio sguardo si posa sugli occhi di Erwin.

-Ascolta- riprendo, dopo qualche attimo. -So che non dovrei, ma quello usa qualche trucco per vincere, ne sono certo. Quindi, anche se non avrei dovuto accettare quella scommessa, adesso so che potrei usarla a mio vantaggio e ottenere informazioni su di lui- spiego, tutto d'un fiato. Erwin mi squadra per due secondi, per poi prendere un profondo respiro e fare un cenno di assenso con il capo. Senza dire altro, mi giro ed esco dalla stanza.

***

Non mi ci vuole molto per ritrovare il moccioso. Se ne sta appoggiato a una delle colonne dell'ingresso principale fumando una sigaretta. Alcune signore si rigirano a guardarlo dopo essergli passate accanto, altre tentano persino di parlarci. Ma lui, da ragazzino superbo e altezzoso qual è, le ignora completamente. Ma... esattamente, perché lo sto di nuovo fissando come un idiota? Scuoto la testa un paio di volte come a voler rimuovere quel pensiero, chiudo gli occhi e mi massaggio lentamente le palpebre. Le riapro dopo qualche secondo e sussulto quando due grandi occhi verdi si piantano nei miei. Quel ragazzino si è piantato velocemente davanti a me e ora si trova a pochi centimetri dal mio viso, con uno sguardo talmente infuocato da mettermi i brividi. Dallo spavento ho quasi perso l'equilibrio. Sarei caduto se proprio lui non mi avesse preso al volo, circondandomi con le sue braccia muscolose e portandomi inevitabilmente a contatto con il suo petto scolpito. Accidenti, questo ragazzino è davvero fastidioso e snervante... anche se, devo ammetterlo, il suo corpo non è affatto male. Cerco di allontanarlo portando le mani al suo petto e facendo pressione su di esso, ma la sua presa sulla mia schiena, in risposta, si fa ancora più salda.

-Io sono Eren Jaeger- mi dice, riducendo poi la voce a un sussurro. -Qual è invece il tuo nome, nanerottolo?- aggiunge, soffiandolo sul mio lobo. Una rabbia incontrollata prende il sopravvento su di me e, proprio grazie ad essa, riesco a liberarmi dalla sua presa per poi farlo cadere a terra.

-Non chiamarmi nanerottolo- sibilo con sguardo tagliente.

-Okay!- esclama lui, ridacchiando. -Allora dimmi il tuo nome, oppure ti chiamerò così per il resto della tua vita!- aggiunge, con un ghigno. Non lo sopporto. Giuro che non lo sopporto.

-Rivaille Ackerman. Ma mi chiamano tutti Levi.- Eren mi guarda per qualche istante, sorridendo.

-Perfetto! Ora che ci siamo presentati per bene, andiamo- esclama, afferrando la mia mano e trascinandomi fuori dal casinò. Io lo strattono con forza fino a liberarmi e, una volta all'aperto, gli domando "Allora, moccioso, dove stiamo andando?" con fare annoiato. Il suo sorriso assume una curva maliziosa e mi pare di vederlo ammiccare quando dice "Ti sto portando in un posto". A quel punto ne ho la conferma: oltre che irritante, affascinante, maleducato e alto, deve essere anche stupido perché cosa può non aver capito della frase "dove stiamo andando?" No, io voglio una risposta sensata e "un posto" e fin troppo generico per essere una risposta accettabile.

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