Capitolo 4

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Una parte di questo capitolo è stata scritta da @empitzu quindi la ringrazio e per correttezza ogni scena scritta da lei sarà segnata con ### all'inizio della scena e alla fine (questo vale anche per i prossimi capitoli) e questo tipo di messaggio sarà aggiunto all'inizio di ogni capitolo in cui lei ha collaborato. Grazie per l'attenzione.

***


Il The Palm è uno dei dieci casinò più famosi di Las Vegas, sia per i tre altissimi palazzi che lo compongono, sia per i ricchissimi casinò che si trovano all’interno di ogni palazzo. Oh, e non dimentichiamo un’altra famosa qualità del The Palms che Eren mi ha appena ricordato: le sue discoteche e, naturalmente, le prostitute.

In questo momento ce ne sono proprio tre che si strusciano su Eren, scatenato in mezzo alla pista tra queste donne che gli sbattono in faccia le proprie scollature.

La cosa mi irrita. Ovviamente capisco che è il loro lavoro, ma cazzo, ci sono almeno centinaia di altri ragazzi. Perché ben tre di loro devono addossarsi a Eren? Non ne basta una?
Le uniche persone che si sono avvicinate a me sono due maniaci sessuali, ubriachi fradici, che ho letteralmente steso con un solo pugno.
Ora, mentre il moccioso è intrattenuto al centro della pista da quelle tre belle signore, io sono seduto al bancone con una tazza di tè nero fumante.
Non ho mai particolarmente apprezzato i dolci. Ho sempre preferito i cibi che ti fanno rimanere l’amaro in bocca… un po’ come quello che mi ha lasciato mia madre. Anche se come ho già detto non è stata nulla per me, a volte mi ritrovo a pensare a quegli attimi in cui mi trattava con gentilezza, amore… per poi rigurgitarmi il suo veleno nella gola. Ricordo chiaramente le sue urla verso di me quando tornava a casa ubriaca fradicia, quando mi incolpava della scomparsa di papà, o quando mi diceva che sarebbe stato un sogno se fossi sparito dalla sua vita. C’è una cosa, però, che ricordo a fatica: il suo sorriso. Forse, l’unica volta in cui l’ho resa felice è quando me ne sono andato per venire qui.
Improvvisamente ridestato dai miei pensieri, prendo un lungo sorso dalla tazza e sposto per l’ennesima volta lo sguardo su Eren. Si muove a ritmo di musica, i suoi fianchi seguono provocanti una danza sensuale che sembra dedicare al mondo. Sì, è come se stesse cercando di sedurre l’intera umanità con quel semplice movimento del bacino e, dannazione, credo ci stia riuscendo… o almeno sta funzionando con me perché Eren mi sta guardando divertito.
Lo vedo ridere e ricomporsi, prima di sedersi accanto a me. Ordina una vodka con ghiaccio, senza togliermi gli occhi di dosso. È a quel punto che, poggiando le mie labbra accaldate sulla tazza, gli rivolgo uno dei miei sguardi trucidi.
-Allora, Eren,- inizio, sottolineando il suo nome. -Perché siamo qui?-
-Non l’hai ancora capito?- mi domanda lui, come se fosse la cosa più evidente del mondo. -Siamo qui per divertirci!-
In quel momento il barista posa un piccolo bicchiere di vetro davanti a lui e Eren lo ringrazia con un semplice cenno del capo.
-Io in realtà credevo che avresti giocato a Black Jack- gli rivelo, con una nota di irritazione nella voce.
-Io? Oh no, io non gioco. Non quando arriva uno nuovo- spiega, buttando giù con un solo sorso il contenuto del bicchierino.
Si volta rivolgendo nuovamente la sua attenzione verso la pista. Prende dalla tasca una sigaretta e ne avvolge la base con le sue labbra.
-Cosa stai facendo?- mi domanda Eren, ridendo. Lo detesto.
- Vado a ballare. È forse proibito?- gli rispondo a tono.
-Certo che no- ribatte lui, scuotendo la testa senza togliersi dalla faccia quel sorrisino strafottente. -Solo… ricordati di muovere i fianchi- Conclude, finalmente accendendo la sigaretta.
È in quel momento che lo fulmino con lo sguardo.

###

La musica è talmente forte che quasi faccio fatica a dar retta ai miei stessi pensieri. Eren, che fino a poco fa era seduto tranquillamente al bancone, ora è di fronte a me. Lo intravedo ballare immerso nella luce dei fari intermittenti che rendono la discoteca un luogo quasi psichedelico. Lo devo ammettere, questo non è esattamente il mio genere di posto, e mi sorprende che il moccioso invece riesca a trovarsi completamente a suo agio in mezzo a questa ammasso di corpi sudati. Anzi, sembra addirittura divertirsi.
Lo osservo, mentre alza una mano per passarsela tra i capelli, portandoli all’indietro. Il mio sguardo scivola sulla giacca aperta e la cravatta allentata, prima di incontrare i suoi occhi che, nel frattempo, si erano posati su di me.
La bocca gli si piega in un sorriso che io non ho nessuna intenzione di ricambiare. Ancora non capisco come abbia fatto a trascinarmi qui. Mi muovo a disagio, cercando di schivare le persone che mi si strusciano addosso ogni due per tre.
Dio solo sa da quanti germi sono circondato... cerco solo di pensare ad altro, reprimendo una smorfia di disgusto. Non voglio pensare alla folla, all’odore asfissiante dell’aria, o all’uomo dietro di me che se non erro mi ha appena sfiorato un fianco con una certa prepotenza. Di colpo, un paio di mani forti mi afferrano per i polsi.
Vengo strattonato, inciampo sui piedi degli altri, ma quella forza non sembra voler rinunciare a trascinarmi all’altro capo della pista; solo quando ci fermiamo alzo lo sguardo per ritrovarmi di fronte Eren, non più troppo sorridente.
-Che diavolo stai facendo?!- urlo, cercando di sovrastare il rumore assordante delle casse. Lui mi guarda, poi si abbassa all’altezza del mio orecchio.
-Quello ti stava addosso!- replica, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
-E allora?- alzo le sopracciglia, e concedo ad un sorrisetto divertito di fare capolino sulle mi labbra. Eren mi osserva ancora, ma non dice altro. Poi, con mia grande sorpresa, torna ad afferrarmi per i polsi. Per un attimo, il mio sguardo confuso incontra il suo. Mi ritrovo a fare una piroetta su me stesso, prima di venire guidato dal ragazzo sulle note della canzone che stanno facendo suonare.
-Forza, muovi quei fianchi!- sento una vampata di calore invadermi il viso, quando le sue mani si posano sui miei fianchi facendoli ondeggiare al ritmo della musica.
Troppo. Contatto. Fisico.
Lo spingo lontano da me, riconquistando il mio spazio vitale. Fulmino Eren, che sta ridacchiando tra sé e sé.
Poi, improvvisamente, mi ricordo del perché sto sprecando il mio tempo prezioso con lui. Quando ho accettato quella scommessa, non avevo considerato un sacco di cose. Che avrei potuto perdere, ad esempio; ma soprattutto che non sarei stato affatto, assolutamente, per niente psicologicamente pronto ad affrontare tutto questo.

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Eren prende dalla tasca il suo cellulare, facendomi capire che qualcuno gli aveva mandato un messaggio.
Legge velocemente il contenuto e mi trascina via. Ci fermiamo davanti a un ascensore.
-Cosa ti è preso?- chiedo irritato per l’improvviso comportamento del moccioso.
-Gli altri hanno vinto abbastanza, quindi stiamo andando a prendere una stanza- spiega con fare ovvio. Questo non premette nulla di buono.

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