La volta in cui Levi smarrì il cappello di Kenny

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Kenny rientrò in casa sbattendo laporta. Sempre che di "casa" si potesse parlare: era più unastanza, alloggiata ai piani inferiori di una palazzina cadente. Eranogli unici inquilini, considerato che il tetto pericolante rischiavacontinuamente di crollare e che i muri ormai antiquati lasciavanopermeare sin troppa umidità.

La vita nel sottosuolo era difficileanche per il più rinomato degli assassini: sopravvivere in unatopaia del genere era impensabile, ma non aveva soldi per permettersinulla di meglio; d'altronde, quando sei un libero professionista, tidevi un po' arrangiare con il lavoro ed i periodi di magra capitanospesso: ultimamente, ben pochi mandanti sceglievano i suoi servigi,preferendo ricorrere a ladruncoli di strada o killer improvvisati.Pur di risparmiare qualche soldo, sfidavano la sorte commissionandoomicidi a principianti, che fallivano il più delle volte. Da quando,poi, la Polizia Militare aveva iniziato a pattugliare i bassifondi,il numero di richieste era drasticamente diminuito: probabilmente, introppi temevano d'essere colti in flagrante ed arrestati.

Si aggiunga a tutto ciò che il signorAckerman aveva un nipote da mantenere. Sua sorella era morta daalcuni anni e gli aveva lasciato, come unica eredità, un mocciosoimpertinente. Più di una volta, Kenny aveva pensato d'abbandonarlosul ciglio della strada e scappare; alla fine, però, quel briciolodi coscienza che ancora possedeva, lo aveva fatto desistere: quellapovera creatura era tutto ciò che Kuchel gli aveva donato. Ineffetti, Kenny avrebbe preferito di gran lunga ricevere una foto condedica "Al migliore fratello del mondo", piuttosto che unragazzino urlante. Ormai, però, aveva quel mostriciattolo in casa enon poteva farci nulla; di buono c'era, ovviamente, che Levi si davaun gran da fare con le faccende domestiche: rifaceva i letti,spazzava i pavimenti, lavava i piatti. Il pane, nel suo piccolo, sisforzava di guadagnarlo.

Era, comunque, una bocca in più dasfamare. Inoltre, gli stava facendo perdere credibilità: Kenny loSquartatore che gira con un bambino? Semplicemente ridicolo.

«Bentornato, zio»

La voce squillante di quell'infimo topodi fogna lo fece trasalire. Abbassò lo sguardo, incrociando gliocchi grigi del nipote. Quanti anni aveva, la sanguisuga? Boh, nonera sicuro di ricordarlo. Forse dieci, forse dodici oquindici...anche se ne dimostrava meno, vista la bassa statura, lespalle ossute e la faccia scavata; i pantaloni corti gli arrivavanoappena sotto il ginocchio, ma erano per metà coperti dall'orlo diuna lunga camicia, le cui maniche erano rimboccate più volte suigomiti.

«Hai lavato i piatti?» domandòbruscamente, slacciandosi l'impermeabile ed appendendolo alla grucciavicina.

«Certamente»

«Spazzato per terra?»

«Sì»

«Fatto il bucato?»

«L'ho anche steso»

«D'accordo...»

Kenny si tolse il cappello, ignorandole manine. Sapeva benissimo che stava cercando di fare, quell'ingratomoccioso: da qualche tempo, Levi aveva iniziato a far strane domandesul suo cappello. Perché usciva sempre con il cappello? Perché nongli permetteva mai di toccarlo? Perché non voleva che lo lavasseinsieme agli altri vestiti?

«Ti ho detto di tenere le tue manaccelontane dal mio cappello» ringhiò, avvicinandosi ad un basso comò.Sollevò una teca di vetro leggero, appoggiando il copricapo su uncentrino di pizzo bianco, prima di richiudere quel cubo trasparente.

La teca era la sola cosa in grado diproteggerlo dalle dita sudice del bamboccetto.

«Perché non posso toccarlo?»

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