Consigli e domande.

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Point of view Alyce.

Sono passate tre ore e mezza da quando quella brutta deficiente ha ricevuto il mio pugno, la mano inizia a farmi male e sto avendo dei problemi a lavorare al bar, ma tornassi indietro rifarei le stesse identiche cose. Come si permette? Penso di odiarla.
Vengo distratta dai miei pensieri quando nel locale vedo entrare Marco, non lo vedo da un sacco di tempo, esco da dietro al bancone per dargli due baci, lui mi abbraccia ed io mi irrigidisco.. Non tutti sono abituati all'idea di me che ancora non gradisco molto il contatto fisico, però se ne accorge e scusandosi si sposta, prendendomi una mano in segno di affetto senza però farmi stare male, apprezzo molto questa cosa.
"Come stai?" Gli chiedo guardandolo felice, in questo momento non c'è nessuna Serena, c'è soltanto il mio vecchio amico.
"Più o meno, ho bisogno di un tuo consiglio.. Riccardo non lo vedo mai e poi lo sappiamo tutti che parla poco." Quasi mi metto a ridere al pensiero che quando l'ho conosciuto lo chiamavano il senza voce, ma non lo faccio e lo lascio parlare: "Giada e Cristian ormai hanno la piccola a cui pensare."
"Puoi sempre parlare con Federico." Mi viene istintivo dirgli, intanto gli lascio la mano e gli faccio segno di sedersi sullo sgabello così che io possa tornare dietro al bancone.
"Eh.. Ma è proprio di lui che ti devo parlare."
Se si lasciano anche loro, io tolgo il grembiule e vado a suicidarmi. Sono troppo belli ed innamorati per poterlo fare, non sarebbe possibile.
"Non mi dire che non va tra di voi!"
"No.. Anzi, è tutto perfetto." Mi risponde.
"Ma?"
"Ma quella stronza di sua madre mi ha messo in difficoltà."
Gli chiedo di spiegarmi, ogni tanto lo interrompo per andare a prendere qualche ordine e consegnare qualche ordinazione, ma mi faccio raccontare tutta la storia, dettaglio dopo dettaglio e lo ascolto con molta attenzione, se devo dare un consiglio devo avere ben chiara la vicenda, altrimenti non sono in grado, quello è sempre stato il compito di Giada.
"Quindi lei è malata, non vuole dirlo a Fede però lo dice a te chiedendoti di non dirglielo?" Cerco di fargli un riassunto per vedere se ho compreso bene.
"In sunto sì."
"Non mentire al tuo uomo, ma sappi che lo distruggerai e che avrà bisogno di te."
Marco annuisce e mentre fa per rispondere la porta si apre facendo suonare il campanellino che segna l'ingresso di un nuovo cliente, quando ci accorgiamo che è Federico ho la prontezza di cambiare discorso inventandomi: "Sì, Giada l'ho vista ieri, sta bene ed è felice."
Che Federico lo debba sapere è chiaro, ma non è da me che deve venirne a conoscenza, per cui lancio la palla al mio amico , è lui che deve fare centro.
Comunque, saluto Federico ed ora che sono arrivati entrambi, faccio accomodare loro ad un tavolo per due portandogli il menù e delle noccioline, lascio del tempo per sfogliarlo e poco dopo vado a prendere l'ordinazione: una pasta asciutta con piccante ed una porzione di patatine, porto il foglietto in cucina e aspetto che preparino..
Mentre lascio intimità ai due piccioncini, ricomincio a pulire i bicchieri mettendoli in lavastoviglie ed è inevitabile, i pensieri arrivano come se non aspettassero altro, mi immagino Serena che lo tocca ancora chiedendogli di lasciarmi e soprattutto, la mia mente malata e sadica continua a pensare a quale fosse quel maledetto gioco con la lingua .. Perché io non so fare felice il mio ragazzo?
Il campanellino suona di nuovo ed io non sono mai stata felice di avere clienti, ma quando guardo verso la porta, mi trovo costretta a dover abbassare un po' il mio sguardo: entra un ragazzino che secondo me non ha nemmeno 15 anni, ha lo zaino in spalla, lo sguardo cupo fisso sul bancone ed è triste, lo capirebbe pure un cieco.
"Ciao, devi mangiare?" Gli chiedo gentile.
"No.. So che mia mamma è venuta a parlarti, dicendomi che sarei venuto dopo scuola e che ti avrebbe pagato mensilmente per darmi merenda e cose varie.. Sono in anticipo lo so.. Ma ho tagliato a scuola e non sapevo dove andare."
Quando parla mi torna alla mente una signora che mi chiedeva se fosse possibile, non più di un paio di giorni fa se non sbaglio.
"Ah.. Okay, be siediti pure dove vuoi..Ti porto subito il menù."
"Ti ho detto che non devo mangiare."
È scorbutico e maleducato, ma non riesco ne' ad arrabbiarmi ne' ad offendermi, dentro di lui sta passando la tempesta, è così evidente che quasi mi viene voglia di chiedergli  che cosa capiti nella sua vita, ma mi rendo conto che se ci provassi mi manderebbe a quel paese dicendomi di farmi i fatti miei.
"E niente menù allora, siediti soltanto dove vuoi, se ti viene fame o sete urla e ti sentirò." Gli faccio l'occhiolino, subito dopo mi volto e mentre lo faccio mi sembra di intravedere l'ombra di un sorriso in quelle labbra.
Sceglie il tavolo di fronte il bancone, da un lato mi consola sapere di averlo bene in vista, dall'altra un po' mi agita avere persone che vedono perfettamente il lavoro che faccio ed i movimenti che compio.
Tira fuori il telefono ed inizia a digitare tasti che ovviamente io non posso vedere, ma sta scrivendo qualcosa di lungo e questo è chiaro.
La gente entra ed esce dal locale, mangia, beve e fugge dai pensieri, anche Marco e Fede se ne sono andati e in quel momento il primo non aveva una faccia entusiasta ed il secondo non era distrutto, per cui deduco che non sia uscita fuori la verità.
Rimaniamo solo io ed il ragazzino nel locale, mi fissa come per capire che persona io sia ed io lo lascio fare, voglio che si senta al sicuro qui dentro.
"Puoi mentire a mia madre dicendo che sono arrivato per merenda?"
Mi chiede di punto in bianco lasciandomi un po' spiazzata.
Annuisco, per questa volta gli reggo il gioco adesso e mai più.
"Io sono Antonio, ma mi stai simpatica per cui puoi chiamarmi Tony."
Gli sorrido compiaciuta dalla sua frase: "Alyce..Ma puoi chiamarmi Aly, come tutti."
"Hai un nome diverso, non sei italiana vero?"
Diniego con la testa e rispondo:
"No, inglese, stavo a Londra fino ad un paio di anni fa."
I suoi occhi si illuminano come se avesse sentito le parole più belle della sua vita:
"Deve essere bellissima."
"Lo è."
Continuo a pulire gli scaffali con le bottiglie di alcolici appoggiate, così da non stare con le mani in mano ora che il locale è vuoto.
"Sono le 17.00 vero?" Chiede Tony, guardo l'orologio e confermo, poi lui continua:
"15 minuti e arriverà mia madre."
Non rispondo perché non so cosa dire:
"Scommettiamo che arriva coi capelli spettinati ed il fiatone?" Chiede ancora, ma lo fa con un' aria estremamente schifata e mi fa arrabbiare, sua madre non si gira le maniche per lui, dovrebbe esserne riconoscente .
"Lavora tanto.."
"Già.. Troppo."
Lo guardo un secondo e penso e ripenso a cosa poter fare con lui, mi viene in mente mia nonna che diceva: "One question today means one question tomorrow." *Una domanda oggi significa una domanda domani.*
"Ti va di fare un gioco?" Chiedo, lui si volta quasi arrabbiato.. Nella sua mente é passato *i giochi li fanno i bambini*, per cui mentre mi guarda male cerco di chiarirmi:
"Dato che anche tu non mi stai antipatico facciamo questa cosa, ogni giorno possiamo farci una sola domanda a testa, se però uno dei due ne fa due e l'altro risponde allora da quel giorno le domande obbligatorie sono due."
Mi guarda confuso..
"Quindi se io ti facessi tre domande e tu rispondessi le domande obbligatorie potrebbero essere tre?"
Annuisco e lui accetta , stabiliamo qualche regola, quindi che contano come domande solo le domande piuttosto personali, altrimenti non avrebbe senso il gioco..
"Dai partiamo!' Mi dice felice, ma veniamo interrotti dal campanellino, la mamma del ragazzo entra dalla porta: ha i capelli spettinati ed il fiatone.

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