Earth, August 23th 2731

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Chapter 8 - Earth, August 23th 2731


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Almeno una volta nella vita, tutti pensano a cosa faranno quando arriverà la fine.

Cosa prenderò da casa?
Dove posso scappare?
Chi porterò con me?

Ci si pensa senza un motivo preciso, in una serata malinconica, o dopo aver visto un film di guerra, pensando distrattamente a cosa faresti tu, se la fine del mondo arrivasse.
Prendere i soldi magari, armi, i ricordi più importanti, come il premio vinto al liceo, le foto di famiglia, il pelushe di tuo figlio...
Riunire la famiglia e salire in macchina, per scappare in un posto lontano dal disastro.
Passare a prendere il nonno, cercare il cane.
Telefonare ai propri cari, fare scorta di benzina e di cibo.
Poi la bottiglia di vino finisce, la sigaretta si spegne, e tutto torna com' era prima.
Smetti di pensare a cosa faresti e ti concentri su cosa devi fare, lavare i piatti, mettere a letto i bambini, telefonare ad un amica...
Ma cosa accade quando quel giorno arriva davvero?
Riesci a ricordarti il tuo piano? Mentre le bombe cadono e le persone urlano, mentre tutto il tuo mondo ti crolla addosso, riesci a ricordarti di prendere l'album delle foto di famiglia?
Mentre il cielo prende fuoco, mentre la tua casa si capovolge, riesci a ricordarti di prendere il cane? Di telefonare ai tuoi cari?
Riesci a pensare a qualcosa, oltre a sopravvivere?
A Castiel fischiavano le orecchie, non riusciva a sentire niente.
Tutto intorno a lui era crollato, ricoperto di terra, mattoni, mobili.
Aveva perso il senso dell' orientamento, dov' era la sua stanza?
E quella dei suoi genitori?
Cercò di mettersi in piedi, aggrappandosi al bordo del divano.
Davanti a lui una voragine, dove una volta c' era il tavolo da pranzo.
"Mamma? Papà?" Urlò spostandosi a tentoni tra le macerie.
Non riusciva a capire cosa fosse successo, ricordava solo che stava guardando la televisione, poi improvvisamente aveva sentito un boato enorme e si era ritrovato a volare nella stanza.
Continuò a camminare, tenendo una mano sulla testa sanguinante, zoppicando a causa della ferita alla gamba.
Si guardò il polpaccio, per capire da dove provenisse quel dolore.
Sbarrò gli occhi, osservando il grande vetro conficcato nella sua gamba.
Poi sentì un urlo, era la voce di un bambino.
"Gabriel? Michael?" Gli chiamo più forte che potè, voleva andare a cercarli in cucina, solo che non c' era più una cucina.
Solo macerie.
Salì le scale traballanti, mentre tavole di legno cadevano dal soffitto accanto a lui.
Che era successo? Che diavolo era successo? Continuava a chiedersi terrorizzato.
Stava bene, andava tutto bene un momento prima.
Guardò verso la finestra del corridoio, fuori la città stava bruciando.
Camminando inciampò su qualcosa di morbido, e cadde a terra dolorante.
Si rialzò a fatica e si voltò per capire cosa ci fosse per terra.
All' inizio non riusciva a mettere a fuoco, a capire.
Non sembrava possibile.
Eppure era suo padre. O almeno ciò che rimaneva di lui.
Metà del suo corpo era stato portato via dalla caduta del tetto, precipitando al piano di sotto.
Guardò il suo viso, aveva gli occhi aperti.
Sapeva che era morto, ma non gli sembrava possibile.
"Papà?" Sussurrò toccandogli una guancia.
Sentiva la testa scoppiargli, il cuore esplodere, sembrava che si fosse dimenticato come si faceva a respirare.
Rivide il volto sorridente del padre porgergli il piatto a pranzo.
Un urlo lo fece sobbalzare, riportandolo alla realtà.
Gattonò verso la stanza dei suoi fratelli, con gli occhi vitrei.
Cercò di non pensare a suo padre, di pensare solo a trovare i suoi fratelli e sua madre.
Si fermò di scatto. Dean.
Sentì assalirgli il panico, se a loro era successo questo, che poteva essere successo a lui?
Stava bene? Era vivo? Doveva esserlo!
Corse verso la stanza, deciso a cercare tutti il più in fretta possibile.
Vide i suoi fratelli abbracciati ai piedi del letto, in quello che rimaneva della loro stanza.
C' era fuoco ovunque, e tutto era ricoperto di cenere e polvere, anche i suoi fratelli.
"Venite qui, presto!" Gli disse andandoli incontro a braccia aperte.
I piccoli corsero verso di lui piangendo, Castiel li prese in braccio, gemendo per il dolore alla gamba.
Doveva portarli subito fuori di li, non riusciva a pensare ad altro.
Quando uscì dalla stanza però gli tornò in mente il padre.
Non poteva permettere che loro lo vedessero così.
"Chiudete gli occhi finchè non ve lo dico io!"
"Cosa? Perchè? C'è qualcosa di brutto? Ci sono i mostri?" Chiesero loro spaventati, stringendolo più forte.
Castiel fece un profondo respiro.
"No, c'è solo tanta polvere, vi fa male agli occhi... Chiudeteli ok? Ci penso io a voi, andrà tutto bene..."
Loro annuirono, lentamente chiusero gli occhi e posarono le testoline sulle sue spalle.
Castiel scavalcò le macerie, scavalcò il corpo di suo padre, scavalcò i resti della sua vita ed entrò nella stanza di sua madre.
Tirò un sospiro quando la vide, viva.
Era intrappolata sotto una trave, ma era viva.
"Castiel! Porta via i tuoi fratelli, presto!" Disse lei appena lo vide.
"Non ti lascio qui!" Rispose lui.
"Che succede? Dov'è la mamma?" Chiese Michael aprendo gli occhi.
Castiel gli mise tempestivamente una mano sul viso.
"E' tutto ok, è qui la mamma! Ma devi tenere gli occhi chiusi ok? Senno ti bruciano!"
"Castiel, portali via subito!"
"Non posso lasciarti qui!"
"Ti prego!"
Castiel guardò la madre, poi i fratelli.
Che doveva fare? Cosa era giusto? Qual' era la cosa più importante?
Non riusciva a pensare, la mente era come vuota, soffocata da tutta quella cenere.
"Cas! Cas!" Era la voce di Dean.
Castiel uscì dalla stanza per andargli incontro, voleva vederlo, sapere che stava bene.
Lui di sicuro avrebbe saputo cosa fare.
"Gesù Cristo!" Urlò Dean, quando si trovò davanti i resti di Robert Novak.
"Dean! Aiutami!" Disse Castiel, guardandolo terrorizzato.
Dean corse verso di lui, abbracciando forte lui e i suoi fratelli tra le sue braccia.
Diede un bacio veloce sulla fronte a Castiel, poi lo guardò.
Castiel sapeva cosa voleva dire quello sguardo, ma non poteva pensare ora a suo padre, non c' era tempo.
"Mia madre è li dentro, non so come tirarla fuori!"
Dean diede una rapida occhiata all' interno, valutando la situazione. Che era senza dubbio pessima.
"Esci da qui, vai a casa mia ok? Penserò io a tua madre!" Gli disse spingendolo verso le scale.
"Cosa? Dean non puoi farcela da solo!" Rispose Cas, bloccandosi.
"Stanno arrivando Sam e mio padre, andrà tutto bene hai capito? Ma tu devi portare loro due fuori da qui, prima che crolli tutto!"
"Ma non posso lasciarti qui! E se crolla tutto? No, non ti lascio!"
Castiel si strinse a lui, appoggiando il suo viso a quello dell' amico.
Dean gli prese il viso tra le mani, accarezzandogli la guancia con il pollice.
"Andrà tutto bene ok? So cavarmela, e tra poco arrivano i rinforzi. Non succederà niente, tra poco ti raggiungo a casa ok? Ma ora tu e i tuoi fratelli dovete uscire di qua!"
"Ma Dean io non posso..."
"Castiel o esci di qua da solo o prendo in braccio tutti e tre e vi faccio uscire io, intesi?"
Castiel non voleva andarsene, non voleva lasciare li lui e sua madre, ma sentiva i suoi fratelli piangere e singhiozzare tra le sue braccia, non poteva lasciare nemmeno loro.
"Torna subito ok? Prendi mia madre e torna subito da me!"
Dean annuì, gli diede un bacio sulla guancia e lo spinse via, tornando velocemente nella stanza della madre.

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