Di fiamme, salvezza.

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 Urla di terrore.
Tonfi sordi.
Movimenti concitati.
Aggressivi passi sempre più vicini.
Una terrorizzante spirale di caos dilagante al cui calmo occhio stava, stravaccato su di un lungo divano in pelle nera, intento a mordere un lembo di cioccolata fondente.
Freddo e lucido.
Solo vagamente sorpreso che Kira avesse agito tanto in fretta.
Ma pur sempre lucido e ben deciso a non perdere il Death Note e soprattutto il vantaggio che aveva acquisito su quel miscredente di Near.
- Roy, Skiar state attenti a non farvi rubare il quaderno! Portatelo nella sala monitor!- ordinò secco lanciandosi di colpo alla scalinata in metallo che portava al piano superiore del covo.
La situazione che i computer trasmettevano non era esattamente rosea.
Un gruppo di uomini armati e coperti da pesanti passamontagna aveva fatto irruzione nell'edificio e puntava dritto verso la sala monitor eliminando ogni singolo ostacolo, agenti della mafia inclusi.
Lui però era ancora freddo e lucido.
Bastò un istante e una potente esplosione chiuse tutte le uscite trasformando il rudere in una spropositata trappola mortale.
Comando.
Fondamentalmente ciò che Mihael prima e Mello più tardi avevano sempre desiderato e che avevano fatto di tutto per non perdere, nemmeno in un momento critico come poteva essere quello.
- Ho fatto esplodere entrambe le uscite. Non riuscirete ad uscire facilmente.- la sua voce risuonò paurosamente metallica al di là della pesante porta blindata.- Questo era solo un avvertimento. La prossima farà saltare in aria l'intero edificio. Se non volete esplodere con lui, dovrete seguire le mie indicazioni... vi sto osservando... con le telecamere di sicurezza!
Folle.
Tale era l'aggettivo che molti, durante la propria incredibilmente rapida scalata delle gerarchie mafiose, gli avevano più o meno direttamente affibbiato.
E in alcuni, luminosi istanti Mello ci aveva anche creduto, di essere impazzito.
Pazzo per aver abbandonato l'unica persona sulla faccia di quello schifoso pianeta che lo aveva mai amato.
Pazzo per essere giunto persino ad uccidere pur di battere Near.
Pazzo perché più volte aveva rischiato di rimetterci la pelle senza battere ciglio.
Pazzo perché ora, la parte ancora umana di lui lo sussurrava senza posa, si era cacciato in un vicolo cieco.
Ma determinato.
Ecco la dea che mai aveva abbandonato Mihael e altrettanto benigna si era rivelata con Mello.
Determinazione.
La ferrea volontà di tirare avanti anche con le gambe atrofizzate dal peso che sentiva ogni giorno trascinarlo sempre più a fondo nel bruciante rogo, accesosi non appena aveva varcato le soglie in ferro della Wammy's senza Mail.
Proseguire anche se la situazione sembrava disperata.
- Prima istruzione: rompete quelle dannate telecamere sui vostri caschi.
E lo fecero, obbedirono, drogandolo ancora di quella sensazione di assoluto potere con cui aveva cercato di colmare l'inammissibile vuoto creato dalla mancanza del proprio piccolo rosso a righe.
- Adesso buttate giù dalle scale tutte le vostre armi. Tutti facciano un passo indietro, tranne quello che ha il quaderno.
I monitor lampeggiarono delle immagini inebrianti dell'ennesima dimostrazione di obbedienza e, come ormai accadeva quasi giornalmente, Mello venne invaso dall'alcolica sensazione che ce l'avrebbe fatta ancora una volta, nonostante tutto.
- Bene, avvicinati alla porta col quaderno e poi togliti il casco.
La soglia blindata si aprì lentamente permettendo di entrare nell'angusto androne ad un uomo non più giovane come un tempo, ma che nello sguardo sfoggiava la stessa solidità di un neo arruolato.
La sicura produsse uno scatto secco quando venne pericolosamente tolta dando libera via d'uscita ai proiettili e producendo un suono così alieno e al contempo così quotidiano...
- Porta qui quaderno e casco, tanto sei di nuovo mio prigioniero.
Tranquillamente beffardo con la tavoletta di cioccolata incastrata tra i denti perlacei ormai Mello sentiva di aver vinto quell'ennesima partita.
- Mihael Keehl. Il suo vero nome è Mihael Keehl.
Un unico, solitario ma raccapricciante brivido gli scosse la schiena ma qualcosa, qualcosa lo bloccava.
Era come se ci fosse un muro tra Mihael e Mello che andava costruendosi istante per istante.
Fin dal primo giorno si erano sempre sentiti una cosa sola mentre in quel momento, in quel preciso, oscuro momento era come se una pallottola li avesse scissi.
- Lo sapevamo già da prima... Arrenditi Mello! Se rimani qui e ti fai arrestare non verrai ucciso.
Arrestato?
Una risata scosse Mello dalle profondità della gola schiacciando sotto il proprio disilluso peso amareggiato il più fragile Mihael.
- Forza butta l'interruttore.
- E tu pensi che io mi possa arrendere per delle minacce simili?
- Avanti Mello arrenditi, se vuoi rimanere vivo l'unica tua possibilità è quella di farti arrestare. Getta l'interruttore.
Ma era proprio quello il punto.
L'asso nella manica che Mello aveva sempre avuto e che gli aveva permesso di giungere dov'era molto più rapidamente di qualunque altra persona.
La morte.
A Mello morire durante l'impresa di superare Near era sempre parsa la morte più onorevole che potesse toccargli in sorte.
Perché sopravvivere, ma essere sconfitto da quel bimbetto asettico sarebbe stato l'equivalente di un coma e a quel punto avrebbe puntato ad occhi chiusi sull'eutanasia.
Lui.
Sconfitto.
Due parole che non potevano convivere nemmeno sullo stesso rigo tanto erano impensabili.
Lui avrebbe vinto o sarebbe morto nel tentarci.
Essere arrestato o arrendersi erano concetti che non aveva neanche mai lontanamente accarezzato.
E non avrebbe mutato idea nemmeno in quello che sentiva sarebbe stato il proprio ultimo istante su quel pianeta di merda.
Per un attimo, mentre almeno una decina di uomini gli puntava contro i proprio fucili d'assalto, pensò a Mail.
Lo rivide allegro, felice e sorridente e poi in lacrime, inginocchiato a terra e ferito a morte dalle parole crudeli che gli aveva rivolto prima di abbandonarlo.
Qualcosa in Mihael tremò.
Mello però non cedette.
Alzò rapidamente l'interruttore e dopo aver lanciato uno ultimo vuoto sguardo alle armi puntate contro il proprio petto premette l'interruttore.
L'intero edificio esplose in un terribile boato piegandosi minacciosamente su sé stesso.
Muri e pavimenti si inclinarono sotto il peso dell'onda d'urto collassando in un'unica voragine infinita che sembrava pronta ad inghiottire il mondo intero.
L'intera mobilia s'incendiò di colpo partorendo un possente rogo che iniziò famelico a divorare il covo intero che, in pochi istanti, divenne un inferno di cemento e carbone.
La maschera ovviamente non resse a lungo.
Mello lo sapeva ma al momento la cosa non gli interessava molto.
Steso sul paradossalmente gelido pavimento piastrellato cercava affannosamente il poco ossigeno rimasto, inutilmente.
Era finita.
Glielo urlavano le gambe, bloccate da una pesante trave precipitata dal nulla.
Glielo urlavano i polmoni ormai privi del fiato della vita che, dopo i tanti maltrattamenti a cui l'aveva sottoposta, sembrava essersi finalmente decisa a piantarlo in asso.
Il destino però, con cui da ormai anni Mello aveva intrapreso una pericolosa partita a scacchi, giocò ghignando il proprio scacco matto.
I computer, sottoposti all'inumano calore di quel rogo incontrollato, esplosero a propria volta nutrendo la furiosa belva di fiamme che iniziò a percorrerne i circuiti come un predatore alla ricerca della propria indifesa preda.
E Mello in quel preciso istante rispondeva perfettamente a quei macabri requisiti.
Fu un attimo.
Una lingua di fuoco attecchì al legno della trave sospesa precariamente sopra la sua testa facendone cedere le giunture.
L'enorme pezzo di metallo fuso si abbatté al suolo con uno schianto mortale ad un soffio dal suo viso cadaverico portando a terra legno marcio e fiammante.
Fu in quel momento che per Mello l'Inferno salì in terra.
Le fiamme, non paghe ancora di distruzione, e così vicine ad altro a cui potevano attecchire, si avventarono sul suo gilet di pelle nera iniziando a divorare l'indumento e tutta la carne circostante.
L'urlo di infernale dolore gli si strozzò in gola mentre il demoniaco fumo si divertiva a strangolarlo con i propri impalpabili tentacoli di nebbia.
Sarebbe morto.
Ormai ne era convinto.
Questa volta Mello si era sbagliato, non sarebbe riuscito a cavarsela.
Quella era davvero la propria ultima mossa sulla scacchiera di fango e petrolio che portava al trono di L.
Il viso gli andava letteralmente a fuoco così come la spalla e parte del braccio ma ormai lui non sentiva più nulla.
Il dolore era passato, ora c'era soltanto qualcuno che lo chiamava...
Qualcuno che lo chiamava?
- Mihael!
Com'era possibile?
Mail?
No, non poteva essere.
Dopo tutto quello che gli aveva detto, sicuramente Mail non avrebbe più mosso un dito per lui.
Sicuramente lo aveva già... dimenticato.
Un rantolo strozzato gli uscì di bocca mentre la prima lacrima che avesse mai versato gli solcasse il viso in fiamme bruciandolo di nuovo fuoco.
Il dolore si ripresentò crudele e vendicatore come pochi attimi prima ma Mihael non era abbastanza forte da sopportarlo stavolta e svenne.
Poco prima di potersi accorgere di due soli di smeraldo che presero a brillare vitali in quel cielo di morte e delle due amorevoli braccia di un angelo infuocato che lo riportavano in Purgatorio.

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