Capitolo 1

610 41 20
                                    

Mi appoggiai trafelata alla mia compagna di banco, Lodovica, respirando affannosamente.

«Stamattina hai fatto di nuovo tardi nel leggere qualche libro, vero?» Mi rivolse una non proprio gentile occhiataccia.
Ops, volevo dire migliore amica, peggio di una madre e che conosce più cose di me che io stessa.

«Ma Lodo, volevo arrivare a quando scopavano, non è colpa mia se l'autrice ha descritto il loro amore alla fine del libro, ah!» Sbottai indispettita come una bambina, continuando a starle accostata.
Sospirò, lo sapevo che mi voleva troppo bene per rimanere arrabbiata con me per tutto il giorno.
Sorrisi dolcemente, la mia arma distruttiva.
Uno, due, tre.

«E va bene, ma non farlo più che già dormi poco!» Mi ammonì con un tenero sorriso steso sulle labbra.
Annuii -anche se entrambe eravamo consapevoli che presto avrei ricevuto una nuova ramanzina- e la strinsi, mugolando.

«Ma la smettete di fissarvi e prendete coraggio almeno a salutarvi?!» Esclamai esasperata, guardandoli non togliersi gli occhi di dosso l'uno dall'altra. Erano sguardi così puri, limpidi, di un gentile amore che andava evolvendosi. La mia bocca sorrise, ma il mio cuore perse un altro pezzo.

«Non-Non ci stiamo fissando!» Quasi lo urlò, passando l'attenzione sul mio viso, ma guardando Ruggero di sottecchi. Avvampò quando si rese conto di averlo urlato, reazionando in me una fragorosa risata.

«Zitta, zitta stronza del cazzo. Non ridere, non ridere» Sussurrò con eccessiva disperazione nel tono della voce, facendomi ridere più forte. «Oh, ma la sme-.. CAZZO, CAZZO, STA VENENDO QUI, ODDIO!» I suoi occhi si spalancarono come quelli di un gatto dinanzi i fari di un auto, e le unghia strinsero il mio polso. Mugugnai dolorante, Lodovica e la sua ossessione per le unghia lunghe. Alla fine della conversazione avrei avuto un mastodontico graffio sul braccio, ma ne valeva assolutamente la pena se era per darle un appoggio.
Il ragazzo avanzò lentamente e forse un po' impacciato, verso di noi, senza distogliere l'attenzione dalla mia migliore amica. Indossava dei freschi jeans stracciati sul ginocchio e una semplice polo rossa che esaltava il suo lavoro fisico, esercitato con molte probabilità in una palestra. Infine, ai piedi calzava delle scarpette bianche con rifiniture sul nero.

«Oh cazzo, ora vengo» Mi sussurrò la corvina, facendomi ridacchiare silenziosamente.

«Ciao Lodovica» Mormorò, e un leggero e dolce rossore si dipinse sui suoi zigomi.
La mia italiana schiuse le labbra, ma senza spiaccicare singola parola. Sorrisi imbarazzata, regalandole un paio di gomitate nei fianchi di nascosto. Sveglia, Comello.

«Martina, che caz-.. » Le morirono le parole in gola, ritrovandosi lo sguardo di lui nel suo. Intenso. «C-Ciao Rugge... Cioè Ruggero... Cioè ti posso chiamare Rugge, vero? Tutti ti chiamano così» Balbettò, per poi spalancare la bocca e coprirsela con le mani. «Cioè, cre-credo... Non è che io ti segua dove vada o senta le tue conversazioni? Noo» Sorrise innocentemente, rossa come la maglietta del ragazzo.
Scoppiai a ridere, ricevendo un'occhiata fulminante dalla mia migliore amica, che avrebbe potuto ridurmi in cenere se avesse posseduto poteri magici.
Ruggero rise, non di scherno, ma intenerito da quel suo modo di fare, innamorato.

«Ciao, volevo chiederti, insomma... Se vuoi, qualche volta potresti passare l'intervallo con me... Conosci il mio tavolo, no?» Continuò a sorridere, questa volta ammiccante. «Ovviamente può venire anche la tua amica» Mi indicò con un cenno del capo, degnandomi per la prima volta di uno sguardo, anche se sfuggente.
Lodovica restò interdetta, sorpresa da quella richiesta.

«I-Io... S-Sì, lo conosco e-e certo, ci farebbe molto piacere» La presa sul mio polso si strinse eccessivamente, strozzai un gemito in gola e la corvina mi guardò. I suoi occhi sprigionavano uno tsunami di sorpresa, eccitazione, confusione, amore. «Vero, Martina?» Annuii vigorosamente. «Ma certo!»

Lascia che splenda la tua luceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora