Il mio corpo reazionò senza dar conto alla ragione e scattai, causando la disastrosa caduta del puré sulla minigonna in pelle dell'odiosa Melanie. Non tenni conto delle sue lamentele, ne ebbi tempo di lodare quel mio atto cavalleresco più che meritato, perché i miei piedi si mossero velocemente verso l'uscita che conduceva al giardino scolastico.
Il petto prese a gonfiarsi e sgonfiarsi ritmicamente e il respiro a velocizzare, mentre quell'immagine diventava sempre più nitida ai miei occhi.
Sembrò l'ultimo mio passo a farli sobbalzare, quasi come sorpresi con le mani nel sacco.«Ciao M-...» Lo bloccai prima che potesse dire altro. «Cosa ci fai tu qui, Carlos?!» Sbottai al fidanzato di mia madre, una maggiore causa alle mie pene. «E lui chi cazzo è?!»
Quando il mio sguardo si posò sul ragazzo al suo fianco, percepii un brivido attraversarmi la spina dorsale, come uno di quei segnali che ti avvertono di un pericolo prominente, distruttivo. Di quelli da cui devi stare distante, ma che al tempo stesso non puoi allontanare.
Schiusi le labbra, lasciando andare un sospiro.
La sua folta chioma brillava alla luce del sole, rendendola a tratti di un castano chiaro e ad altri bionda; il ciuffo era spettinato, senza un apparente ordine, diverso da quelli elaborati con lacca e phone dei ragazzi della mia scuola. Subito dopo lo sguardo si abbassò spontaneamente ai suoi occhi magnetici, di un verde quasi difficile da classificare. Attraenti, magici, intrappolavano il mio fiato nella loro gabbia invisibile, fissandosi nei miei.
Intensi.
Profondi.
Struggenti.
Cacciai un pesante sospiro, chinando lo sguardo sulle sue guance dipinte leggermente da un tenero rossore, bloccandomi alla vista delle sue labbra rosee e carnose. Rimuginai sul suo arco di cupido, su una forma così perfetta, scivolando al collo lungo, al pomo d'adamo e poi alle sue spalle larghe, e al petto. Quel petto delineato e scolpito, facilmente visibile grazie all'aderente maglietta nera a maniche corte. Anche se era quasi primavera, l'aria era ancora un po' fresca, ma lui di freddo sembrava non avere niente.
Arrossii nel mirare la patta incurvata dei suoi jeans, scendendo a guardare le sue gambe muscolose e i piedi che calzavano scarpette non molto costose, anch'esse nere.«Questo chi cazzo è, sono io, Jorge, piacere ragazza ciclata» Mi porse la mano ironicamente, e i suoi occhi assunsero una tonalità imprevidibilmente più scura.
Gli rivolsi un'occhiataccia e mi ripresi dalla mia situazione di trance. Bello sì, ma anche coglione.«Jorge, lei è Martina, la ragazza di cui ti ho parlato» Intervenne l'altro, che fino a quel momento era stato silenzioso.
Il ragazzo dagli occhi verdi lo guardò per un secondo, per poi scrutarmi ancora, spudoratamente.«Oh bene, Martina ciclata, suona bene» Rise, mandandomi il cervello in tilt, negativamente s'intende. «Se non la smetti ti rompo tutti i denti che hai» Ringhiai, stringendo due pugni e guardandolo minacciosamente.
«Ehi, ehi, calma ragazzi» Carlos ci divise, ponendosi nel mezzo e guardandomi, sospirando. «Jorge è messicano, ed è il figlio di un mio grande amico che mi ha chiesto di poterlo ospitare con noi, perché verrà a studiare nella tua stessa scuola. La musica è la sua passione come per te.» Non so perché, ma quell'ultima frase mi fece rilassare di poco. «È atterrato stamattina e ora siamo venuti per accertarsi dell'iscrizione, siccome già l'ha fatta via e-mail»
«Quindi anche caproni come lui possono studiare?» Incrociai le braccia al petto, sicura di me, sollevando un mezzo sorriso compiaciuto.
«Ed anche le psicopatiche ciclate? O avete l'infermiera personale?» Mi schernì il bel messicano, ricevendo prontamente un'occhiata micidiale.
Sapeva tener testa, ma io di più.
Mi alzai sulle punte, facendo per ribattere, puntigliosa, ma il mio patrigno mi bloccò con una sola parola.
La preside.
Scattai, quasi come un militare obbediente al segnale dell'arrivo del suo comandante e mi voltai.
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Lascia che splenda la tua luce
FanfictionMolto spesso le persone si chiedono come si possa colmare il profondo vuoto lasciato da una persona che ti abbandona, convincendosi che sia un'impresa impossibile. Ma non è più dura quando, nel momento della verità lui decide di rimanere, ma rimaner...