Capitolo 9

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Si allontanò ridendo, una risata carica di alcool, rauca e intensa.

«Mh, la tua espressione è meravigliosa» Barcollò e lo raggiunsi rapidamente, per evitare che cadesse.

«Piano, Jorge, piano» Deglutii, ancora scossa, incapace di liberarmi da quelle emozioni proibite.

«A me non piace andare piano, piccola, io vado veloce» Sorrise malizioso, portando una mano tra i miei capelli, facendomi sospirare e tingere le mie guance di rosso.

«Sei così ubriaco...» Sussurrai, respingendolo sul divano in pelle nera. Lo guardai, sembrava un bambino indifeso e sì, l'avevo già perdonato.

***

«Vediamo quei due che staranno combinando» Avvertii il rumore di una chiave girare in una toppa e delle voci.
Mugolai, muovendomi e tranquillizzandomi prontamente nel percepire qualcosa di morbido ed accogliente.
Sorrisi, ma un urlo pose fine a quella mia momentanea situazione di beatitudine.
Spalancai di colpo gli occhi, ritrovandomi stesa sul corpo dormiente del messicano, le nostre gambe unite e le sue braccia allacciate sulla mia schiena.
Cercai di svincolarmi da quella presa demoniaca, inutilmente per quanto era salda.

«NON È COME SEMBRA!» Sbottai, rifilando una sberla al ragazzo sottostante al mio corpo.
Mugolò, rafforzando la stretta e sollevando gli angoli della bocca in un sorriso.
Coglione di merda.
Iniziai a dimenarmi, scalciando e schiaffeggiandolo, riuscendo finalmente in quella faticosa impresa: svegliarlo.
Schiuse lentamente gli occhi, in dei secondi che sembrarono eterni, mirando la mia espressione corrucciata, prossima ad un omicidio.
Non appena capì che l'assassinio avrebbe riguardato la sua vita sgranò gli occhi, lasciandomi andare. Finalmente.
Sorrisi vittoriosa, raggiungendo la mia corvina e puntandole minacciosamente l'indice destro contro.

«Non azzardarti a dire una parola, è stato un caso» Mi soffermai ad ogni singola parola, utilizzando un tono serio.

«Ma...» Incurvò il labbro inferiore in basso, piagnucolando per finta e rispondendomi con un raffinato dito medio.
Sorrisi di rimando, incrociando le braccia al petto, rivolgendo -seguendo Ruggero e Lodovica- lo sguardo al messicano.

«Cazzo, che mal di testa» Sospirò occhi verdi, poggiandosi una mano dietro la nuca e massaggiandosela circolarmente.

Ruggero si avvicinò, dandogli una pacca amichevole sulla spalla.
«Hai bevuto come un maiale, ieri, bro'» Sollevò le sue gambe, per poi sedersi al suo fianco.

«Perlomeno mi sono fatto qualche culona-tettona?» Appoggiò il capo al divano, evidenziando la sua lunga gola e il pomo d'adamo rimbalzante.
Lo fissai per qualche attimo, scuotendo successivamente la testa con un'espressione inorridita per le sue parole. Un uomo senza dignità.

«Purtroppo no, amico, a meno che...» Sorrise maliziosamente, avvicinandosi a sussurrargli qualcosa ad un orecchio. Cercai di leggergli le labbra, ma fallii nel mio tentativo.
Jorge scoppiò a ridere, scuotendo il capo.

«Credo sia impossibile, Rugg... se lucida» Si passò una mano tra i capelli disordinati, giocando con le punte.
«Mi sembra di aver scopato, sono tutto sudato...» Si voltò rapidamente a guardarmi, sollevando un sopracciglio in modo sexy e facendomi arrossire.

«NON SFIORARE NEMMENO QUEL PENSIERO, BLANCO. NO!» La mia voce risultò acuta, e pure non stavo mentendo.
Sghignazzò, facendomi un occhiolino e ritornando a scherzare con l'italiano.
Grugnii, mi dava così sui nervi, da accendere qualsiasi parte di me. Mi sarei vendicata presto.

***

Sorrisi, afferrando il secchio d'acqua azzurro, pronta a dare vita al mio piano. Gliela avrei fatta pagare, e questa volta avrei riso io al suo posto.
Schiusi piano la porta, evitando di provocare rumori e camminai silenziosamente, a piedi nudi sul parquet freddo.
Rabbrividii, raggiungendo la sua camera ed entrandovi, lanciando quel liquido congelato sul corpo dormiente del mio nemico.
Jorge si svegliò di soprassalto: il lenzuolo gli cadde sulle gambe, rivelando il suo petto muscoloso grondante di goccioline, così come i suoi capelli. Gli occhi erano spalancati e la bocca ansimante.
Scoppiai a ridere, ma il timbro della mia risata diminuì quando scesi più in basso con lo sguardo, notando la forma del suo genitale maschile al di sotto del lenzuolo.
Era nudo.
Avvampai, risalendo nuovamente su.
Era grosso.
Cazzo. Non lo dovevo sapere. Non lo volevo sapere.
Deglutii, facendo per sgattaiolare via, ma venendo bloccata per il polso sinistro dalle sue dita.

«Dove credi di scappare, furbetta?» Il tono della sua voce era profondo, rauco siccome appena sveglio e forse anche un po' irato.

«I-In camera mia» Balbettai, timorosa di voltarmi.

Ridacchiò, rafforzando la presa.
«Non pensarci nemmeno, stronzetta» Con una mossa mi fece cadere su di lui, di spalle al suo petto bagnato.
Gemetti, avvertendo un calore diffondersi lungo il mio corpo nello stesso istante in cui percepii la sua erezione schiacciata contro il mio sedere.
Abbassò il capo nel mio collo, inumidendomi la maglietta a causa delle goccioline che precepitavano dalla sua chioma. Fremetti, deglutendo rumorosamente, rigida come un pezzo di legno.

«Ch-Che vuoi farmi?» Il cuore iniziò a spingere avidamente contro la gabbia toracica, mozzandomi il respiro.

«Tranquilla bambina, non ti stupro mica» Lo avvertii sorridere contro la mia pelle, graffiandola.
«Però... posso lasciarti un segno di vendetta»
Trattenni il respiro, udendo il dolce suono dello schiudersi della sua bocca, la quale si poggiò successivamente su un punto del mio collo.
Sussultai prontamente.
Il mio punto debole.

«Credo che Lodo dovrebbe parlare meno di te con Ruggero» Sorrise, circondando con le sue labbra malefiche e seducenti un lembo di pelle, tirandolo piano tra i denti.
Gemetti, stringendo le dita delle mani, incapace di oppormi a quelle emozioni piacevoli.
Avvertii subito la sua lingua inumidire quel punto, e una sensazione fastidiosa e al contempo eccitante al di sotto del mio addome pulsare con veemenza.
Schiusi la bocca, ansimando e percependo il suo pene in erezione schiacciarsi maggiormente contro di me. Inclinai il capo, la sua bocca continuava ad insistere lì, giocandoci, torturandomi.
Lo sentii mugugnare ed allontanarsi lentamente.

«Capolavoro..» Sussurrò, accarezzandomi il collo e provocando potenti scosse in quel punto. «Ora puoi andare, Martina»

Deglutii rumorosamente, e scossi il capo, eccitata.
«Fi-Finisci quello che-che hai iniziato» Balbettai, facendolo ridacchiare.

«Oh no, bambina, questa è la mia vendetta» Con un movimento mi sollevò, trasportandomi fuori la sua camera, scossa e tremendamente insoddisfatta.

***

«Martina, muoviti» Ascoltai mamma ripetere questa frase almeno mille volte ed innalzare di conseguenza il mio livello di ansia nell'accorgermi che quel fottuto segno violaceo non scompariva nemmeno con un chilo di fondotinta.
Sciolsi i capelli, e tentai di alzare la maglietta pur di coprire quel succhiotto. Dovevo indossare una sciarpa o qualcosa che nascondesse quel segno.
Maledetto messicano del cazzo.
Aprii la porta, col capo chino e corsi velocemente verso camera con le urla di mia madre per aver speso troppo tempo in bagno.
Afferrai un codino dal cassetto della scrivania, una sciarpa nera dell'armadio e il borsone per il cambio e tutto il necessario.

Raggiunsi velocemente la scuola, anche se con l'aspetto di un'anziana ottantenne. Nonostante fosse quasi inverno, indossare una sciarpa faceva ancora sudare.
Entrai a falconi, dirigendomi verso lo spogliatoio, ansimante e col cuore palpitante. Maledetto Rodrigo e maledette lezioni di ballo.
Mi appoggiai a una parete, per riposare qualche minuto e riprendere fiato. L'idea di correre non mi aveva molto giovato a quanto pare.

«No, no, lei non ha capito nulla signora!» Udii improvvisamente una voce disperata, da cui traspariva dolore. «Lei è mia figlia!» Mi affacciai a quell'affermazione, ansante.
La preside.

Angolo autrice
Ehiiii, buon anno HAHAHAHAH Scusate questo ritardo secolare, ma sono stata letteralmente travolta dallo studio e non avevo tempo per scrivere. Ma ehi, sono ritornata! Spero vi sia mancata questa storia e che il capitolo vi sia piaciuto. Alla prossima❤

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