Capitolo 6

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In quell'istante avvertii il mio cuore fermarsi di botto e la mia dignità scappare in un angolo remoto di quella stanza.
Deglutii quando il mio sguardo lo inquadrò interamente, indossava soltanto un paio di boxer rossi eccessivamente accentuati nella parte centrale e il petto era nudo ed umido, cosparso da una leggera peluria, così come le gambe lunghe e toniche. Le braccia muscolose erano contratte, mentre stringevano due pugni minacciosi, e il pomo d'adamo pulsava, scivolando su e giù lungo la sua interminabile gola. Anche la mascella era contratta e i capelli bagnati e scompigliati gli donavano un'aria da surfista.
Dovetti ammettere a me stessa che era realmente eccitante.

«ALLORA?! MARTINA PORCA PUTTANA, COSA CAZZO STAVI FACENDO NELLA MIA STANZA?!» Diede un pugno alla porta che mi fece sobbalzare, impaurita. Quello non era l'Jorge che avevo conosciuto.

«Niente J-Jorge, i-io...» Non mi fece terminare, perché mi sovrastò con il suo tono prepotente ed arrabbiato.

«TU COSA?! TI PIACE FREGARTI DEI CAZZI DEGLI ALTRI, EH? BEH, HAI TROVATO LA PERSONA SBAGLIATA» Mi afferrò il polso destro con violenza per avanzare e buttarmi fuori.

«E TU ALLORA COSA CI FACEVI CON QUESTO?!» Gli mostrai il pezzo di carta, delusa e ferita dal suo comportamento. «TU NON HAI VOLUTO FARTI I CAZZI MIEI, EH, NO?» Urlai con le lacrime agli occhi.
Lo guardò di sfuggita e una luce si accese nelle sue pupille.

«Non è colpa mia se è stato lasciato sulle scale e l'ho trovato. Inoltre è solo una stupida canzone» Borbottò, chiudendomi la porta in faccia.
Mi sembrò di percepire la mia vita stamparmi un forte schiaffo dritto al mio viso, crudele e spietato.

Solo una stupida canzone.

«STRONZO, STRONZO, STRONZO» Strepitai, e solo quando sentii lacrime calde ballare sulle mie goti, mi resi conto di star piangendo. «SEI UN BAMBINO, NON SAI NEANCHE DISCUTERE CON ME» Stavo gridando e sentivo la mia trachea bruciare, neanche lei aveva più il coraggio di seguire quell'inutile pagliacciata.
Mi asciugai le lacrime, accartocciando quello stupido foglio e strappandolo successivamente in pezzi minuscoli. Forse era meglio così. Forse non eravamo neanche adatti per essere amici. Forse non era destino.

                                 ***

Il giorno seguente il tragitto a scuola fu talmente silenzioso che un cane avrebbe parlato più di noi due, ma dovevamo tenere fede al gioco dell'orgoglio.
Chiusi con brutalità la portiera, assicurandomi una sua occhiataccia, sistemandomi strafottente lo zaino in spalla e raggiungendo l'istituto.
Sentivo la terra bruciare sotto i miei passi, segno che mi stesse guardando irritato e ciò mi provocò un sorrisino di soddisfazione.
In lontananza intravidi Lodo, appoggiata alle porte, che gesticolava contro un ragazzo più giovane. Risi, un nuovo pretendente poppante, come li aveva soprannominati la corvina.

«Oh, ecco, la mia amica, ciaooo» Mi afferrò, trascinandomi dentro e rischiando di farmi cadere.

«Oh!» La fermai, ridendo e riprendendo l'equilibrio. «Non devi mettere a rischio la mia vita per salvare la tua dai ragazzini braccio alle prime armi» La feci arrossire e risi più forte.
«Ma dai, Lodo, non lo senti tuo fratello la notte mentre guarda porno?» Spalancò la bocca e mi preparai a scappare, certa che avrei ricevuto una lezione dalla sua mano destra, sghignazzando.
Chiesi scusa un paio di volte scontrandomi con persone sconosciute, vittime incoscienti dell'ira della mia migliore amica.

«Tregua, tregua» Ansimai, ridacchiando e abbassandomi con le mani sulle ginocchia per riprendere fiato. «Possiamo anche dire a Rodrigo che già ci siamo riscaldate» Ridemmo insieme, consapevoli che per una cosa del genere ci avrebbe linciate e ci dirigemmo abbracciate in aula.

«Signorine, da quando in qua si balla con i jeans?» Ci guardammo entrambe contemporaneamente.
O cazzo.
Forse quella fu la corsa più rapida della mia intera esistenza e l'ordine del prof di tre serie in più rispetto al normale di certo non mi consolò. E allora perché non chiudere in bellezza?
Passati all'incirca cinque minuti lo vidi entrare dalla porta.
Mi aspettai che Rodrigo lo cacciasse via, e lo bandisse dal suo corso come se possedesse la peste, ma al contrario, lo accolse con calore ed un sorriso che non avevo mai avuto l'onore di mirare sul suo viso, invecchiato dall'età e dalla rigidità che lo costituiva.

Lascia che splenda la tua luceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora