CAPITOLO 3
Apro gli occhi, sono in ospedale, nessuna novità. Ormai passo la maggior parte del mio tempo qui, per cosa? Per niente, non c'è una cura che mi tenga in vita e abbiamo già provato con il trapianto. Il cancro mi porterà via. Mi chiedo perchè continuare, capisco la motivazione delle continue cure, perchè mia mamma non accetterà mai l'idea di perdermi, però sa già quale sarà la mia fine. La chemio rende le trentasei settimane vere, se smettessi il tempo potrebbe diminuire... oppure no, ma nessuno della mia famiglia è disposto a verificarlo facendomi smettere le cure.
Lentamente mi metto a sedere, mia madre è intenta a disegnare sul suo blocco da disegno qualche modello, è seduta tutta storta sulla poltrona. Mi perdo ad osservarla, lo stress a cui è sottoposta non ha scalfito la sua bellezza, Il ciuffo castano le ricade sull'occhio destro che prontamente continua a spostare, mi chiedo come faccia a vederci bene. Si sta mordendo il labbro com'è solita fare quando è concentrata ed è comparsa la ruga di indecisione tra le sopracciglia, quello che sta disegnando non la convince. La sua mano continua imperterrita a ricalcare il contorno della gonna. Quando crea nuovi abiti è nel suo mondo, tutto il resto si spegne, scompare e lei sembra stare bene.
Non ho paura della morte, ho più paura di ciò che causerà, delle conseguenze, di ciò che resta. Non credo in Dio, anche se mia madre prega tutte le sere. Per me è più una questione di destino, ha scelto che non dovessi vivere e io l'ho accettato. Ma non accetto di non poter vedere i miei fratelli crescere, sposarsi, avere dei figli, non vedere i miei genitori invecchiare e giocare con i nipoti. Non poter innamorarmi e non avere dei bambini. Non potrò provare le esperienze più belle che la vita ti concede.
Ma la cosa che mi fa più paure è l'essere dimenticata, che loro con il tempo si dimentichino di me. Che di me rimanga un soffio, qualcosa che è esistito ma ora non c'è più. Dimenticheranno la mia voce, il mio volto, il mio modo di essere, i miei occhi verdi, le lentiggini sparse qua e la sul mio viso. Come io ho paura di cosa ci sarà dopo, avrò dei ricordi o mi dimenticherò di loro, li vedrò, potrò fare qualcosa per loro? Cosa c'è dopo?
Mia madre si gira verso di me percependo il mio sguardo su di lei. Mi guarda allarmata, solo ora mi rendo conto che dai miei occhi sono scese due lacrime.
" amore tutto ok? " mi chiede alzandosi per venirmi incontro. Annuì, apprestandomi a scacciare via le lacrime dalle mie guance.
" si mamma, tutto ok " le dissi per poi spostare le lenzuola dal mio corpo. Volevo andare a casa. Mia madre mi porse un bicchiere d'acqua poi mi aiutò a vestirmi. Quando notai l'orologio sul muro vidi che segnava le tre e venti. Non è che ci sperassi, non avevo nemmeno voglia di andare chissà dove mi avrebbe portata. Ma avevo avuto la conferma che era un'altra di quelle persone che acquisiva un determinato comportamento solo perchè ero malata.
Tolsi il pigiama per poi con l'aiuto di mia madre infilare i jeans neri, la felpa bordeaux e gli stivali. Mi mise il cappello sulla testa per poi stamparmi un bacio sulla fronte. Riuscivo benissimo a vestirmi da sola ma ogni volta che finivo una seduta di chemioterapia ero molle come uno straccio.
Quando feci per alzarmi dal letto fui invasa dalla nausea, mia madre notando il mio disagio afferrò la bacinella di fianco al mio letto per poi mettermela davanti alla faccia. Odiavo vomitare, ogni volta mi lasciava un bruciore in gola insopportabile, credo che nemmeno l'inferno bruci così tanto.
" signora Red " mia madre fu chiamata dall'infermiera. Così uscì, lasciandomi da sola. Strofinai gli occhi per poi alzare lo sguardo, feci un balzo a causa dello spavento. Sulla porta c'era Shane che mi guardava, con le braccia incrociate e la spalla appoggiata allo stipite, sperai non mi avesse visto vomitare.
" cosa ci fai qui?" gli chiesi confusa. Scesi dal letto con molta più calma, vidi il moro farsi un po' vicino
" hai bisogno di una mano " mi chiese gentilmente. Scossi la testa
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36 settimane - Be more wild #Wattys2019
RomantikNon ho mai vissuto per me stessa, ed ora che ho imparato a farlo non ho più tempo. Ho diciotto anni e faccio fatica ad accettare quello che mi sta capitando, faccio finta di essere forte, di port superare ed affrontare tutto da sola e che questa co...