N° 54 BAGNO SOTTO UNA CASCATA

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CAPITOLO 10

Quando la macchina dei miei genitori si fermò davanti a casa, mi presi del tempo. Non mi ero arrabbiata con Shane, non ce l'avevo con lui. Non mi era venuto a trovare nei tre giorni di ospedale, ma potevo benissimo capirlo. Non era semplice, mi aveva visto in un bagno di sangue ed era semplicemente rimasto spaventato. Ci poteva stare. O meglio, ci stava. Avevo terrorizzato la mia famiglia, come potevo anche solo pensare, che un estraneo che non sapeva cosa volesse dire vivere con continue nausee o emorragie, non si spaventasse. Nei suoi occhi avevo letto, sorpresa, paura, disagio, incertezza. Non mi piaceva.

Scesi dall'auto insieme a mio padre, che prese la mia borsa per poi avviarsi verso casa. Mamma era al cellulare con la dottoressa Ottavi. Questo episodio aveva messo a repentaglio la mia possibilità di fare un viaggio in auto, non solo perché mia madre ora non si fidava più del mio stato di salute, ma anche perché non sapevo se avrei rivisto Shane.

Papà mi tenne la porta di casa aperta, non mi ero proprio rimessa del tutto, ero ancora leggermente debole, ma il tutto si sarebbe risolto con una bella dormita, dopo tutto erano solo le otto del mattino, avevo in mente di dormire fino a mezzogiorno.

" mamma io vado a dormire " le dissi una volta che staccò la chiamata con la dottoressa Ottavi

" ok amore, se hai bisogno di qualcosa chiama, sono in camera di Nicolas per cercare di metterla in ordine " mi disse per poi posarmi un bacio sulla fronte. Non so perché cercava ogni volta di metterla in ordine, tanto nel giro di un paio di ore ritornava un porcile.

Prima di dirigermi in camera mia, mi fermai nella camera dei miei per salutare papà. Lo vidi intento ad aggiustarsi la cravatta allo specchio, mio padre amava il lavoro che faceva e anche se gli portava via tante ore dalla sua famiglia, lavorava sempre con il sorriso. Anche se sapevo che era un peso e aveva tante responsabilità, ma lui riusciva a fare tutto benissimo.

" cucciola " disse quando vide la mia immagine dal riflesso dello specchio. Si girò verso di me e mi sorrise, ecco i sorrisi di mio padre sarebbero stata una delle cose che mi sarebbe mancata di più, trasmettevano tanto calore e amore.

" Ero venuta a salutarti prima che andassi a lavorare. Siccome volevo andare a dormire " gli dissi per poi sedermi alla base del loro letto. Papà mi guardò preoccupato, così si inginocchio davanti a me e mi guardò negli occhi.

" cosa c'è cucciolotta?" mi chiese posando le sue mani sulle mie ginocchia. Feci un grosso respiro per poi guardare dietro di lui. La mia immagine era riflessa allo specchio, mi chiedevo cosa ci facessi ancora al mondo. Ritengo che quando ormai la tua vita non ha più senso, quando ormai sei inutile per tutti e diventi un peso, non ha più senso vivere. Eppure io sono qui, ma per poco. A volte penso che sarebbe meglio finirla subito, tanto morirò comunque quindi perché aspettare e soffrire. E vedere e far soffrire gli altri.

" non lo so papà, so solo che sono stanca " gli dissi riportando i miei occhi a livello dei suoi

" è per questo che devi seguire i consigli della Ottavi – disse alzandosi in piedi - forza a dormire " mi disse indicandomi con la testa la porta. Sorrisi a mio padre. Sapevo che aveva capito a cosa mi riferissi, ma lui era fatto così, sdrammatizzava sempre. Mi alzai dal letto, per poi raggiungere la mia camera, ma non prima che mio padre mi abbracciasse e mi riempisse di baci.

Siccome sono l'ultima di sei fratelli, la mia camera era all'ultimo piano, ma dopo la malattia avevo fatto cambio con Tino e quindi avevo preso la stanza sullo stesso piano di quella dei miei genitori e dei gemelli. Nicolas aveva la stanza al piano terra, mentre Tino e Travis le avevano all'ultimo piano.

Quando entrai in camera mi limitai a scalciare le scarpe in un angolo remoto della camera, per poi intrufolarmi sotto le coperte, spegnere la luce e coprirmi fin sopra la testa.

36 settimane - Be more wild #Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora