Capitolo uno

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A Elisa, grazie per avermi fatto scoprire questo mondo, perché, alla fine, sei stata tu.

<<Ma', tra quanto arriviamo?>>
<<Una mezz'oretta e siamo arrivati.>>

Sbuffai alzando gli occhi al cielo sotto lo sguardo di mia sorella maggiore che mi stava guardando malissimo. Mi dispiaceva trattare male la mamma, ma proprio non riuscivo ad accettare tutto quello che stava succedendo.
Sono nata a Somma Vesuviana, un paesino sperduto a Napoli. A quattordici anni anni, però, oltre a dover avuto lasciare mio padre, dopo la sua morte improvvisa, ho dovuto lasciare anche la mia casa, la mia routine, le mie persone. Mia madre diceva di aver bisogno di cambiare aria, e quindi decise di trasferisti a Mantova. Quando finalmente, dopo quattro lunghi anni, riuscii ad ambientarmi, mia madre tornò a casa sorridente, dicendo di aver trovato una nuova casa a Somma, e il mondo mi crollò addosso. L'avevo implorata in tutti i modi di restare, dicendole che tornare lì mi avrebbe fatto ricordare troppe cose, eppure non era quello il vero motivo. Certo, tornare in un posto dove avevo vissuto con mio padre non mi rendeva la persona più felice del mondo, ma il problema era un altro, e aveva un nome: Alessio Iodice.
Lui non era solo il mio vicino di casa, lui era anche il mio punto di riferimento, la mia ancora, la mia persona. Eravamo migliori amici, eravamo inseparabili. Nessuno ci vedeva in giro l'uno senza l'altro, e sin da piccoli, una notte andavo a dormire io da lui, e l'altra lui da me. Anche le nostre madri erano molto amiche, e ad ogni festa come il Natale, stavamo insieme.
Quando gli dissi che mi sarei trasferita lui scoppiò in lacrime, e il giorno prima della partenza stemmo insieme, eppure, dopo una settimana che me ne ero andata, lui smise di scrivermi e di chiamarmi, mandando a fanculo tutte le promesse, tutte le cose successe.
Evidentemente lui non ci stava così male.
•••••
Arrivammo nella nostra nuova casa, e io già l'odiavo.
Entrai in camera mia con una faccia schifata, pareti bianche e parquet, sembrava una sala da danza classica. Era tutto troppo ordinato, tutto troppo puro, l'esatto contrario di ciò che ero io. Mia sorella invece era contenta della sua stanza. Anna era bella, femminile e ordinata. Andava bene a scuola ed era amica di tutti. Io invece ero un disastro ambulante.
Fortunatamente, i miei mobili erano neri, mia madre mi fece scegliere almeno quello. C'era una scrivania, un armadio e un letto con affianco un piccolo comodino. Era spoglia, troppo spoglia. Decisi di mettere subito i vestiti a posto, cercando di essere il più ordinata possibile, ma con scarsi risultati. Poi, appesi delle foto alle pareti. Erano poche, e la maggior parte erano di quando ero piccola, con Alessio o altri miei amici. Non volevo pensare ai vecchi tempi, ma era più forte di me.
A Mantova non mi ero fatta molte amicizie, erano tutti troppo diversi, e non mi ci trovavo.
Attaccai le ultime lucine alla stanza, qualche poster, e avevo fatto, eppure non mi sentivo a casa.
Sentii mia madre chiamare me ed Anna dicendo che erano arrivate le pizze. La mattina dopo avremo fatto la prima spesa.
Non mi ero neanche accorta che si era fatta sera, il tempo passava troppo velocemente. Durante la cena mi limitai ad ascoltare le conversazioni di mia madre e mia sorella. Stavano parlando del giorno seguente, avremmo fatto spesa e finito di sistemare e pulire la casa, o almeno, questo avevo capito.
Fortunatamente avevo finito la scuola, e non avevo intenzione di iniziare subito l'università, volevo almeno un anno di pausa.
Appena finito di mangiare corsi in camera mia, misi il pigiama, e mi fiondai sul letto. L'unico lato positivo di quella stanza era che avevo un letto matrimoniale tutto mio, e potevo dormire in pace. Mi coprii con le coperte fino al naso, eravamo a fine gennaio e faceva freddo.
Chiusi gli occhi e sospirai, era stata una lunga giornata ed ero già stanca. Ma era solo il primo giorno.
•••••••
Mia sorella venne a svegliarmi alle nove guadagnandosi le mie imprecazioni. Ero stanca, e non avevo dormito poi così bene. E poi, dovevamo uscire alle undici, era decisamente troppo presto.

<<Ti ho svegliata prima perché dobbiamo parlare.>>
<<Fa presto, ho sonno.>>
<<Non puoi tenere il broncio a mamma sempre okay, Sarah? Okay, non vuoi vedere Alessio, l'ho capito benissimo, ma non puoi farci nulla, è andata così. Sai che mamma inviterà la sua famiglia a breve a casa, lo sai meglio di me. Quindi, prendi coraggio, parlagli e digli che ci sei stata di merda, o, se proprio non riuscissi a cacciare palle, ignoralo, la non curanza è il maggior disprezzo, no? Tu sei forte, e supererai anche questo.>>

Non le risposi, semplicemente la strinsi forte a me. Avevo davvero un gran casino in testa.

Me.
Ciao a tutti, ehm, questa è la seconda storia che scrivo e ne sono più o meno convinta. Sarà sempre meglio di Beautiful Disaster che ho ancora lì e non ho eliminato solo perché era la prima, quindi un po' mi dispiaceva. Comunque, spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto,
Sarah💕

Dumb| Alessio Iodice. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora