21Chelsea

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21 Chelsea




Afferro la gabbietta con entrambe le mani e la sollevo fino al mio viso.

Il piccolo dorme sereno e le strisce, che ricordano quelle di una tigre, si muovono ad ogni respiro. Ha una rampina fasciata.

Poggio la gabbietta in terra per non farlo svegliare e mi giro verso Adrian, che mantiene tutt'ora l'espressione impassibile.

"Che cosa è successo? Perché c'e l'hai tu? Ero così preoccupata!"

Lui distoglie lo sguardo e ho come l'impressione che sia a disagio. Si passa una mano sulla nuca e poi si gira, trafiggendomi con quegli stranissimi occhi dal colore indefinito. Non sono mai riuscita a capire se siano grigi o blu. L'ultima volta che ci siamo visti, i nostri visi erano così vicini e i suoi occhi mi sono sembrati blu, ma ora sono sicura che siano grigi.

"È una lunga storia!"

Sembra restio a parlarne, ma non so cosa dire per convincerlo a spiegarmi. Eppur il mio silenzio è evidente che lo mette a disagio, perché inizia a spostare il peso da un piede all'altro. Di nuovo non mi guarda. Sembra che le scale abbiano un'enorme attrattiva.

"Non guardarmi così, non gli ho fatto nulla."

Sono perplessa e non capisco che cosa intenda. Perché ho l'impressione che si senta colpevole?

"Di che cosa stai parlando?"

Lui si passa nuovamente la mano tra i capelli, poi torna a guardarmi.

"L'altro giorno sono passato al locale, ma non ho fatto a tempo ad entrare. Io, ecco, volevo parlarti e prima di tutto ho guardato nel vicolo. Tu non c'eri, ma il gattino, non appena mi ha visto, mi è venuto incontro zoppicando."

Mi guarda attentamente e posso leggere quello che sta cercando di dirmi. Non riesco a capire perché per lui sia così difficile ammettere di aver fatto qualcosa di buono.

"Lo hai portato da un veterinario?"

Lui annuisce e sono stupita che ancora mi stia guardando. Sembra così a disagio, imbarazzato, come se questo suo gesto disinteressato potesse farlo apparire debole.

"Ha detto che qualche macchina deve averlo investito, anche se solo di striscio. La zampa non è rotta e si rimetterà, ma il veterinario non poteva tenerlo ancora."

Per cui l'ha portato da me.

Non so cosa dire. Sono estremamente sorpresa di questo suo gesto. Non perché creda non ne sia capace, ma perché non me lo aspettavo.

"Io... Non so cosa dire. È una fortuna che abbia incontrato te!"

Lui rimane estremamente sorpreso dalle mie parole e un po' di contegno svanisce dal suo viso. Non capisco perché sia così distante.

Lui solleva le spalle con noncuranza, ma distoglie lo sguardo, evidenziando il suo disagio.

"Non potevo lasciarlo lì."

Non dovrebbe farlo, sminuire il buono che ha appena fatto.

"Non eri obbligato a portarlo da un veterinario. In molti, al posto tuo, si sarebbero girati dall'altra parte e lo avrebbero lasciato dov'era. Grazie!"

Lo sento a malapena bofonchiare un grazie prima di vederlo dirigersi verso le scale.

"Aspetta!"

Assoluta Perfezione. The Colorado Series #4 (COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora