Capitolo 1: Michael

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Erano le sette di mattina quando la sveglia suonò. Un timido raggio di sole illuminava la stanza in cui dormiva Michael. Il ragazzo era ancora avvolto nella sua calda coperta, non aveva alcuna intenzione di alzarsi, ma doveva farlo. Alle ore 10 aveva un impegno di lavoro, una mostra fotografica di un artista emergente: "Ha la mia stessa età ed ha sbarcato già il lunario" pensò mentre si stiracchiava: "Non riesco a capire come fanno" e cercò gli occhiali posati sul comodino.

Michael aveva trent'anni, una laurea in legge che odiava a morte, una specializzazione in comunicazione, ed era anche un giornalista di arte, cultura e spettacolo, un giovane dinamico, un po' timido ma sempre pronto a mettersi in gioco. Eppure non aveva un lavoro fisso, pochi dollari in tasca e viveva ancora a casa con sua madre. Con 10 dollari ad articolo a stento riusciva a pagarsi l'abbonamento dei mezzi pubblici. Aveva uno stipendio da fame, un sogno nel cassetto che stava facendo la muffa e, in nessun modo, riusciva a trovare un lavoro, una collaborazione giornalistica che lo potesse soddisfare e al tempo stesso stimolarlo intellettualmente.

Si alzò di scatto dal letto prima che i pensieri lo soffocassero di nuovo, si legò con un laccetto i lunghi capelli castani e si guardò intorno. La stanza era immersa in un silenzio asettico anche se, in lontananza, si udivano i suoni di una città in eterno movimento. Era Aprile ed in quel di New York la temperatura si era fatta gradevole, eppure Michael non aveva ancora abbondano il suo piumone preferito, era come un'arma di difesa, un'arma che lo metteva a riparo dai mali del mondo. Però doveva alzarsi, azionare la sua giornata, prepararsi ed uscire, fare il suo lavoro, ma a quanto pare quella giornata era iniziata con il piede sbagliato.

Quel senso di insoddisfazione e quel latente peso in petto, gli impedivano di poter apprezzare le piccole gioie che la vita gli regalava. Michael si sentiva insoddisfatto, impotente, nervoso, voleva trovare la sua strada, voleva affermarsi in una realtà lavorativa che pareva ignorarlo, voleva vivere, voleva sorridere, voleva trovare l'amore.

Non aveva ancora sorseggiato il primo caffè della giornata quando accese il computer, la prima cosa che faceva ogni mattina era controllare la sua casella di posta elettronica. Sperava di poter leggere quella mail che gli cambiasse la vita, ma ogni volta, il risveglio era sempre lo stesso. Il suo momento era rimandato a data da destinarsi.

Collaborava per un piccolo giornale on-line di New York, Il New York City Post, un magazine generalista che si occupava di politica, economia, cronaca e spettacolo.  Era un giornale curato in maniera approssimativa sia dal punto di vista della grafica che dai contenuti. Si, perché l'editore, un uomo sulla cinquantina, paffuto e con la parlantina spedita, ha messo su questo magazine on-line principalmente per allenare le future penne del giornalismo web, peccato che i collaboratori facevano ancora errori di ortografia e molto spesso non controllavano le fonti.

Michael era l'unico che aveva la giusta esperienza, tanto è vero che lui stesso gestiva la sezione entertainment, e nonostante la sua fosse la sezione più aggiornata, gli articoli non avevano la visibilità che meritavano. Ecco perché la paga era misera ed il ritorno d'immagine era quasi nullo. Un colpo al cuore sempre più forte ogni qual volta che Michael controllava le viste a fine mese. In redazione nessuno credeva nelle sue vere potenzialità, era lì solo perché c'era una sezione da riempire e si dovevano rispettare alcune scadenze. Mai un grazie, mai un bravo, mai un "hai scritto un ottimo articolo", tutto passava inosservato. Eppure Il lavoro svolto era di un certo spessore; c'erano le recensioni delle serie tv più attese, approfondimenti e focus su i registi più celebri e tanto altro ancora, ma se gli articoli raramente venivano condivisi sui profili social del magazine, era logico che il lavoro veniva etichettato come un lavoro di serie B.

Il bonifico arrivava sempre in ritardo, la paga al netto delle tasse era pressochè inesistente e c'erano pochissime prospettive di avanzamenti di carriera, ma Michael nonostante tutto era contento lo stesso. "Almeno riesco a scrivere delle mie passioni" rammentava a sé stesso ogni volta. Amava le serie tv, il cinema, ma anche l'arte moderna e la fotografia, è stata sua cugina Annie – una ragazza estrosa che a quasi quarant'anni ancora non sa cosa fare nella vita – che gli ha trasmesso queste passioni.

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