Manuel Locatelli, Milan
"Pronto?"
"Bea sono Manuel. Vieni a casa mia."
"È una richiesta o un ordine?"
"Ordine."
"Che succede?"
"Ti ricordi Martina, ecco mi servirebbe qualche consiglio."
"Ehm... okay arrivo tra 15 minuti."Beatrice sospirò a quelle parole. Il fatto che Manuel le chiedesse sempre di aiutarlo con altre ragazze le faceva male, pareva accorgersi di tutte tranne che di lei. E ci stava male. Ci stava male perché per lei, da qualche mese a quella parte, Manuel non era più solo il suo migliore amico, ma era anche il ragazzo che le aveva rubato il cuore. Lui però sembrava non accorgersi di niente.
Con l'umore pessimo e l'autostima sotto le scarpe si fece forza, e si preparò mentalmente a spingere un'altra ragazza tra le braccia del suo migliore amico, che sembrava dovesse rimanerlo per sempre.
Bussò al portone della villetta, e ad aprirle fu proprio il riccio, con un sorriso raggiante il volto. Si sforzò a ricambiarlo, ma le uscì solo un sorriso tirato e finto. Entrò all'interno dell'abitazione, e dopo aver preso il suo giaccone, Manuel le diede un forte abbraccio.
Lei si fermò un momento a contemplare il buonissimo profumo del ragazzo, facendosi cullare da quell'abbraccio che era solito darle, e che a lei piaceva tanto. Sciolse quell'abbraccio controvoglia, guardandolo qualche istante negli occhi, per poi essere presa per mano da Manuel ed essere trascinata il camera del ragazzo. Beatrice prese posto sulla sedia, mentre Manuel sul letto.
"Allora.. cosa ti serviva?" Chiese Beatrice un po' a disagio.
"Dai è presto, ne parliamo dopo, ci guardiamo un film?" Chiese lui speranzoso.
"Manu.. io dovrei studiare.."
"Ma dai su, non stiamo insieme mai!"
"Lo so Manu, però.."
"Però cosa?" La interruppe visibilmente arrabbiato. "Non ci sei mai, non ti fai sentire. Dio, solo per parlarti devo fare i salti mortali! Sembra che non ti importi più niente di me."
A quelle parole Beatrice iniziò a veder nero. Come poteva dire che non le importava più di lui? Ogni volta che ne aveva bisogno lei c'era, e se non si faceva sentire più di tanto era a causa dell'imminente arrivo della maturità ed anche se non voleva ammetterlo, al fatto che finissero sempre, in un modo o nell'altro, a parlare delle conquiste di lui.
"Ma come puoi solo dire una cosa del genere?!" Sputò acida contro il riccio.
"È così, devi sempre studiare, studiare e studiare!" Continuò lui urlando.
"Scusa tanto se io a differenza tua devo studiare per avere un lavoro! Mi dispiace, non sono un calciatore professionista, a me non basta prendere a calci un pallone per potermi garantire un futuro. E come puoi dire che non ci sono mai? Ogni volta che hai bisogno io ci sono: corro sempre da te, sia a casa sia a Milanello, quando sei in trasferta mi tieni ore al telefono, vieni a casa mia quando e come ti pare." Si alzò dalla sedia con le lacrime agli occhi che minacciavano di uscire e fece per andarsene, quando si fermò sull'uscio della porta, ormai con le lacrime che le rigavano le guance si girò verso di lui. "E scusa ancora se non sopporto i discorsi sulle tue conquiste. Stai sempre a parlare di loro e di te. Non mi ricordo nemmeno l'ultima volta che mi hai chiesto come stavo, come andava la scuola, la vita in generale. Non ti sei nemmeno mai chiesto come mi sentivo mentre ascoltavo i tuoi discorsi su di loro, non hai nemmeno fatto mai caso a quanto stessi male quando ti accorgevi dell'interesse di tutte tranne che del mio, non ti sei mai accorto che mi faceva male ogni santissima volta perché quella ragazza non ero io? Te lo sei mai chiesto? No! Non lo hai mai fatto. Ti servivo solo per potermelo sbattere in faccia ogni singola volta! In quante le hai portate alle tue partite, è? Ho perso il conto. Mentre a me quante volte me lo hai solamente chiesto? Mai, non me lo hai chiesto mai! Ma tanto che importa di Beatrice, lasciamola a casa a piangere davanti alla TV mentre non può starti vicino, tanto che importa di lei."