André Silva

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André Miguel Valente Silva, Milan

Erano le undici passate ed era ancora seduta sul divano ad aspettarlo. Era stata tutto il pomeriggio incollata allo schermo, incredula di aver visto il ragazzo che amava segnare il suo primo gol in serie A, portando la sua squadra alla vittoria.

Sarebbe voluta andare anche lei a vederlo al Marassi, ma lui le aveva ordinato categoricamente di non volerla con lui. E non c'era nemmeno da stupirsi, dopo tutto quello che so erano sputati addosso tre giorni prima non poteva aspettarsi altro.

Stava male senza di lui, averlo in casa senza rivolgergli la parola, osservarlo di nascosto mentre mangiava in orari differenti dai suoi per non dover condividere lo spazio con lei, alzarsi tutte le mattine per andare a lavoro e trovarlo tutto rannicchiato sul divano per non dormire accanto a lei. Si sentiva una stupida, aveva una paura immane di perderlo che si espandeva ogni giorno di più nel suo petto.

Si era vista con il suo ex per prendere un caffè, chiarire un paio di cose lasciate in sospeso durante la loro relazione e soprattutto dirgli di farla finita di inviarle continui messaggi nonostante la loro relazione fosse finita più di un anno prima.

Lo sbaglio più grande fu nasconderlo ad André, che scoprì tutto leggendo per sbaglio un messaggio che lui le aveva mandato la stessa sera dopo l'uscita pomeridiana. Le aveva fatto una scenata, più che lecita, uscendo di casa subito dopo e lasciandola in preda alle lacrime. Si era presentato solo la notte passate le due, l'aveva spettato sveglia, ma lui non la degnò di uno sguardo e si trasferì momentaneamente sul divano, dove dormiva ancora.

Stavano insieme da poco, si erano fidanzati un paio di settimane dopo l'arrivo di André a Milano. Era stato amore a prima vista, amore che rischiava di finire da un momento all'altro.

Sentì ad un tratto girare la chiave all'interno della toppa, sentendo poi il suo borsone sbattere a terra e la porta chiudersi dietro di lui, mentre inseriva le chiusure di sicurezza per la notte.

Si girò verso di lei, fissandola un attimo mentre era seduta su quello che era il suo letto, non rivolgendole nemmeno un cenno di saluto ed iniziando a camminare velocemente verso il bagno.

Lei rimase un attimo impietrita davanti allo sguardo glaciale che le aveva rivolto, ma vedendolo andare via si riprese dallo stato di trance e si alzò velocemente dal divano per raggiungerlo.

Lo trovò intento a lavarsi i denti, mentre continuava ad ignorarla nonostante si fosse accorto benissimo della presenza della ragazza nella stanza.

Si sentiva usato, manipolato, deluso. L'amava come mai aveva fatto con qualcuno e leggere quel messaggio era stato come un calcio nello stomaco, un pugno sul naso quando meno te lo aspetti. Aveva bisogno di sbollire la rabbia, e dopo tre giorni non c'era ancora riuscito.

"André." Lo richiamò con un filo di voce la piccola Alice, che in confronto all'attaccante era davvero minuta. Ricevette in cambio il solito silenzio, che le faceva sanguinare le orecchie ogni giorno di più. "Parlami, non ignorarmi."

"Non ho voglia di litigare anche stasera, esco con gli altri." Sentenziò freddo mentre si ripuliva la bocca bagnata con l'asciugamano azzurro.

"Ti prego, non ce la faccio più." Il suo tono era abbastanza supplichevole, odiava sentirsi in colpa, e in quel momento odiava anche se stessa. "Mi dispiace, te l'ho detto un milione di volte, avrei dovuto dirtelo. Sono stata una codarda."

"Perché ci sei uscita? Qual'era lo scopo?" Disse allargando le braccia il portoghese. "Perché davvero, non mi sembra di farti mancare niente."

"Volevo solo dirgli di smetterla, ma come al solito ha capito l'esatto opposto." Cercò di prendergli la mano, ma lui la ritirò con un gesto rapido e schietto.

"E parlarne con me no? C'era bisogno di nascondermi tutto?" Non era arrabbiato perché c'era uscita, ma perché glielo aveva nascosto. "Un rapporto dovrebbe basarsi sulla fiducia reciproca, ed io come posso fidarmi di qualcuno che mi nasconde di essere uscita con il suo ex?"

"Ho sbagliato lo so, ma non mi sembra il modo di mandare tutto a quel paese. Si possono commettere errori, l'importante è risolverli insieme. Io mi sono scusata André, mi sembra di aver dimostrato quanto tengo a te. Ora, per favore, possiamo archiviare tutto e tornare come prima." Chiese avvicinandosi di nuovo, e quella volta non venne respinta dal moro fermo in piedi davanti a lei.

"Mi prometti che non mi nasconderai più niente?" Disse avvicinandosi a sua volta, posandole le mani sui fianchi.

"Te lo prometto." Gli sorrise, mostrandogli tutto l'amore che provava per lui.

André sorrise a sua volta, lasciandole un bacio sulla fronte, poi sul naso, sulla guancia e solamente dopo tutto quel tempo, che sembrava eterno, posò nuovamente le labbra sulle sue, capendo solo in quel momento quanto gli erano mancate.

"Ma che gol hai fatto?" Chiese retorica con la fronte appoggiata a quella di André, portando le braccia legate dietro il suo collo, mentre quelle del Portoghese le stringevano saldamente la vita.

"Era tutto per te." La fece indietreggiare e le fece appoggiare la schiena sulla porta del bagno chiusa, non staccando mai le due fronti. "Me lo merito un piccolo premio?" Sorrise con una punta di malizia nella voce. Dopotutto era pur sempre un ragazzo.

"Dritto al sodo Silva?" Lo prese in giro mentre lo spingeva a sua volta verso il vetro della doccia. "Non sei stanco?"

"Di te? Mai." Prese a baciarle il collo lentamente, mentre allungava il braccio verso la manopola dell'acqua per aprirla.

"Non sei molto originale." Disse facendo la finta difficile. "Devi trovare una scusa migliore."

"Trova te una scusa per fermarmi." Si allontanò di poco da lei, togliendosi la polo con lo stemma rossonero, lasciando in bella vista tutto il ben di Dio che teneva nascosto li sotto. "Sicura che non vuoi fare una doccia con me? Sai, credo di non essermi lavato bene i capelli." Fede il finto tonto, togliendosi anche i pantaloni e restando in boxer.

"Sai, anch'io avrei bisogno di una bella doccia." Stette al gioco, togliendosi l'enorme felpa che gli aveva rubato, restando in reggiseno, ed iniziando ad abbassare i leggins grigi con estrema lentezza.

"Se vuoi ti aiuto." La sollevò e la fece sedere sul lavandino, alzandole le gambe per sfilarle i pantaloni, mentre lei se la rideva tranquillamente.

"Sei sempre così impaziente." Con un balzo scese dal mobile, avviandosi verso il box doccia ed entrandovi con ancora l'intimo addosso. "Non volevi fare la doccia?" Chiese fingendosi spaesata.

"Arrivo, non potrei mai farti aspettare." Entrò anche lui nel box, iniziando a baciarla ed ad accarezzarle i capelli sotto il caldo getto dell'acqua. "Come faccio a non amarti?" Le chiese mentre le sue mani grandi percorrevano la sua schiena.

"Ti amo anch'io, André." Indietreggiò verso le mattonelle ormai bagnate, schiacciandosi tra di esse è l'imponente corpo perennemente abbronzato le suo fidanzato.

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