Álvaro Borja Morata Martín, Chelsea
"Alvaro, leva quel muso lungo e vieni a ballare!" Mi urla Eden dall'altra parte del tavolo. Lui e i miei compagni mi hanno trascinato, letteralmente, in discoteca. Dicono che ho bisogno di svagarmi, ma tutto ciò che vorrei solo stare a casa, da solo.
"Non ho voglia. Non ho voglia di stare qua!" Gli urlo io di rimando, questa maledetta musica è talmente alta che mi sta scoppiando il cervello.
"Eddai Alvaro, sono due mesi che non esci di casa!" Mi si siede accanto Marcos, decisamente brillo, con un bicchiere di qualcosa in mano. Puzza di alcool in maniera impressionante.
"Scusa se mia moglie mi ha piantato in asso dopo solo due mesi di matrimonio, per avere la divisione dei beni e scappare con un altro a Torino!" Gli urlo incazzato. Loro la fanno facile, non sono stati sfruttati dalla ragazza che credevano essere quella della loro vita, per poi rientrare a casa e trovare una stupida lettera con scritte un mare di cazzate.
"Se ti piangi addosso fai il suo gioco. Devi dimenticarla, come lei ha fatto con te. Basta fare il finto tonto Alvaro, non tornerà." Taglia corto Eden, specificando in poche parole coincise la situazione. Ero stato letteralmente preso per il culo.
"E adesso non pensare a ciò che ti ho detto, muovi il culo e balla!" Marcos mi afferra per un braccio e mi lancia in mezzo alla folla di persone poco distante da noi, facendomi schiantare contro un povero malcapitato, che sicuramente mi starà maledicendo in tutte le lingue del mondo.
"Oddio scusa, non volevo. Ho solo degli amici scemi." Chiedo scusa mortificato, a colei che sono andato addosso. Si gira e mi guarda un attimo storto, per poi sorridermi, tranquillizzandomi. "Ti sei fatta male?" Le chiedo gentilmente, è la metà di me, e di certo non ci sono andato leggero.
"No tranquillo, sto bene." Si lascia sfuggire una piccola risatina. È davvero carina, non c'è che dire.
"Devo farmi perdonare però." Mi gratto la nuca imbarazzato. "Insomma, ho rischiato di farti fare un bel volo."
"Penso che se mi offri un drink va più che bene." Mi sorride di nuovo, per poi afferrarmi il braccio e trascinandomi al bancone.La osservo mentre cammina davanti a me. Non è altissima, non raggiunge il metro e sessantacinque, e non indossa nemmeno i tacchi, solo gli anfibi neri. Mi stupisce la sua semplicità, di solito le ragazze si mettono chili di trucco in faccia, vestitini striminziti e tacchi vertiginosi, mentre lei ha un semplice vestito nero che le arriva poco sopra al ginocchio, si sarà messa si e no due passate di mascara e un po' di lucidalabbra, che luccica sotto le luci stroboscopiche. A pensarci bene, non so nemmeno come si chiama. Si siede al bancone, invitandomi a fare lo stesso sullo sgabello di fianco.
"Cosa vi porto?" Chiede gentilmente la barista.
"Io un sex on the beach, tu..?" Chiede non sapendo il mio nome.
"Io passo, grazie." Le rispondo con un sorriso. "Allora, come ti chiami?" È imbarazzante chiedere ad una persona con la quale stai parlando da più di cinque minuti come si chiami, dovrebbe essere la prima cosa che si conosce.
"Emily. Tu invece?" Mi sorride ancora. Che sorriso.
"Alvaro." Le sorrido di rimando, mentre la barista le lascia il suo drink, per poi farmelo pagare.
"Sei il nuovo attaccante del Chelsea, vero?" Chiede senza un minimo di imbarazzo o secondo fine.
"Si.. sono io." Mi gratto la testa imbarazzato, non è il massimo sapere che tutti sanno tutto di te semplicemente scrivendo il tuo nome su Google.
"Ho saputo della tua ex." Mi dice con tono più serio dei precedenti, guardandomi negli occhi. "È solo una stronza." Strabuzzo gli occhi, non credevo fosse così diretta. "Andiamo, non dire che non puoi biasimarla. Che razza di comportamento è?" Asserisce tranquilla, portando le labbra sulla cannuccia del bicchiere. "Meriti di meglio, sei una brava persona."
"E tu come sai che sono una brava persona?" Le chiedo guardandola storto, mi conosce da un quarto d'ora se va bene.
"Su capisce anche dal fatto che ti sei scusato dieci volte per una cosa che non era nemmeno colpa tua. Lo si capisce dai tuoi occhi." Parla tranquilla, lasciandomi senza parole.
"Grazie.." Sussurro quasi, sperando che non mi senta per la forte musica, ma sembra avere l'udito di un pipistrello.
"Non devi, è solo la verità." Lascia il suo bicchiere, ormai vuoto, sul bancone, per poi alzarsi dallo sgabello e porgermi una mano. "Ero qui con delle amiche, ma credo si siano intrufolate nel bagno con qualcuno a quest'ora. Ballo tu con me?" Come prima, la sua schiettezza mi colpisce più di quanto dovrebbe. All'apparenza sembra timida, ma se ci parli anche solo per poco, capisci quanto l'apparenza possa ingannare.Annuisco solamente, scendendo dallo sgabello e intrufolandomi tra la folla con lei che mi tiene la mano. Si sceglie il posto che vuole lei, un po' lontano dal centro, così che ci siano meno persone e più spazio per ballare. Mi porta le mani dietro il collo, iniziando a muovere i fianchi, non eccessivamente, a tempo di musica. Vedendo che io rimanevo immobile, più per imbarazzato che per altro, afferma le mie mani per le metterle sui suoi fianchi, per riallacciare le sue intorno al mio collo. Mentre balliamo perdo la cognizione del tempo, mi sta letteralmente stregando. Non credevo di riuscire a parlare con una ragazza così presto dopo la rottura con Alice, credevo di non riuscire a togliermela dalla testa per un bel po'. Ed invece ora sono qui, a ballare con una ragazza bellissima, carismatica e soprattutto VERA, dopo appena due mesi. La guardo negli occhi, profondi come un burrone, come il mare, che dicono tutto e niente. Lei fa lo stesso, ha lo sguardo perso nei miei, o almeno credo. Senza volerlo la stringo di più a me, sempre di più fino a sfiorare la sue labbra, senza nemmeno accorgermene. Ho una mezza idea di indietreggiare, non so sei lei lo vuole o meno, ma i miei dubbi si azzerano quando è lei ad annullare la distanza tra di noi, scatenando in me sensazioni strane, mai provate, ne con Alice ne con nessuno. Ci stacchiamo dopo poco, era un semplice bacio a stampo, ma valeva più di mille buttati al vento.
"Devo andare.." Mi sussurra piano all'orecchio.
"Va bene.." Dico io dispiaciuto, la serata è sicuramente finita anche per me. "Senti.. non è che.. se ti va.. mi lasci il tuo numero?" Balbetto un po', è tanto tempo che non ci provo con una ragazza, avendone avuta una fissa per molto tempo.
"Certo."Le passo il telefono ed osservo attentamente il suo viso focalizzato su di esso, per poi riprendermelo, lasciarle un altro bacio sulle labbra, non so con che coraggio, per poi vederla sparire tra la folla. Torno dai miei amici, ancora seduti al tavolo mentre ridono e scherzano. Mi fissano sornioni, e non appena mi siedo partono con l'interrogatorio.
"Allora, come si chiama?" Chiede Cesar, alzando ripetutamente le sopracciglia
"Perché credi sia una ragazza?" Domando retorico.
"Perché, uno, hai il lucidalabbra sulla bocca, e due, sorridi come un ebete."