Capitolo 20

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Ron ormai da qualche settimana iniziava a stufarsi del comportamento di Harry sempre uguale ogni mattina.
Era ovvio che qualcosa non andava, ma quando provava a parlarne con Hermione, che come sempre aveva capito tutto, lei gli consigliava di lasciar perdere.

"O Herm, non c'è proprio niente che possiamo fare?"

Domandó una mattina di Gennaio, il rosso alla sua ragazza, mentre Harry era ancora seduto su una roccia fuori dalla tenda nella stessa posizione di tre ore prima a fissare il nulla.

Lei scosse la testa sconsolata e lui si richiuse nel silenzio.

Quella missione era diventata un suicidio dei sensi.
Dovevano distruggere gli Horcrux.
Tre maghi di appena diciassette anni dovevano girare la Gran Bretagna cercando oggetti creati per essere nascosti.

Quell'esperienza li spossava tutti e tre, ma ad Harry era stato assegnato quel compito e loro l'avrebbero adempito con lui a costo della vita.
Erano o no il Golden Trio?

Ma un giorno andó tutto piú a puttane del solito: furono scoperti, trovati.
E, siccome sulle loro teste gravava il peso di un'ingente taglia, appena vennero riconosciuti come il Bambino Sopravvissuto e i suoi due amici dovettero darsi alla fuga.
Corsero nella foresta fino allo stremo schivando alberi, rami, cespugli, buche costretti a non cedere dai passi altrettanto affrettati, ma piú abituati al suolo e dalle grida dei Ghermidori.

Hermione si voltó a guardare Ron, era stato preso, attanagliata allo stomaco da una forte morsa d'angoscia che la spinse quasi alle lacrime dalla paura, mosse lo sguardo nella disperata ricerca di Harry.

Lo vide correre a poca distanza da uno di quegli uomini.
Come già molte altre volte era capitato fu costretta dalle circostanze a ragionare in fretta: Harry era quello da salvare e difendere e doveva dunque essere reso irriconoscibile.
Agile come un felino impugnó la bacchetta e scaglió una silenziosa fattura al moro un attimo prima che due braccia forti la immobilizzassero.

Harry sentì all'improvviso una scossa forte di dolore al volto, come una porta in faccia.
La distrazione causata da questo dolore improvviso fu il motivo che lo fece rallentare quasi impercettibilmente, ma abbastanza da essere preso pure lui.

Per un attimo, prima che il forte dolore al volto acuito da un pugno nello stomaco improvviso lo costringesse a perdere i sensi, si domandò se quella fosse la fine.

Quando il ragazzo si svegliò era in una cella buia simile a una grotta per l'umidità e l'odore pungente di muschio e roccia bagnata.
Era un sotterraneo di qualche edificio probabilmente di costruzione non recente.

Si mise a sedere e sentì il volto pulsargli.
Si tastó il naso e vi trovò una curvatura insolita, gli occhi erano gonfi, gli zigomi tumefatti e le labbra spaccate.
Poi sentì una flebile voce chiamarlo.
La riconobbe subito era Hermione.

"Harry sei sveglio?"

Sussurrava la ragazza con tono preoccupato.

"Si, Herm, dove sei? E Ron? Dove siamo ora?"

Sussurró il moretto di rimando brancolando nel buio alla ricerca dell'amica sulla quale inciampò quasi appena dopo aver parlato.

"Ahi!"

Gemette quella.
Harry si scusò e si sedette di fianco a lei appoggiando la schiena al muro.

"Dov'è Ron?"

Domandò nuovamente.
Hermione sbuffó.

"É qui. Sta dormendo..."

Harry inarcò un sopracciglio.
Possibile che anche in una situazione del genere il suo amico riuscisse a dormire tranquillamente.
Hermione sospiró scrollando le spalle strappando ad Harry una risatina tesa.

"Guardate che vi sento."

Fece la voce di Ron tanto contrariata quanto impastata dal sonno.
Il rosso si mise a sedere contro il muro liberando un sonoro sbadiglio.
Fece per parlare ma la sua voce sonnolenta fu sovrastata da un rumore più forte di ferraglia vecchia e arrugginita in movimento.

Si zittirono tutti e tre ascoltando i passi che risuonavano cupi in quella che forse era una cella.
Poi Harry sentì delle mani stringergli le spalle, immobilizzarlo e sollevarlo da terra.
Provò a divincolarsi ma fu tutto inutile.
Dalle voci di protesta di Ron e Hermione intuì che stesse capitando anche a loro.

Sentì di venire trascinato fuori dalla presunta cella e il pavimento sotto i suoi piedi che toccavano terra solo con le punte scorreva veloce.
Cercò di posare un piede dietro l'altro ma era troppo basso e chi lo trascinava, troppo imponente.
Poi finalmente in alto davanti a sè, scorse una flebile luce e concluse che dovesse essere la via di uscita da quella sorta di prigione in fondo a una lunga rampa di scale.

L'uomo che teneva Harry lo lasciò libero il tempo sufficiente per spostarsi alle sue spalle e spintonarlo in avanti su per le scale.
Harry incespicò e quasi cadde ma riuscì fortunatamente a mantenere l'equilibrio.
I tre iniziarono a salire le scale, gradino dopo gradino ed ogni loro passo rimbombava in quell'angusto corridoio in salita.

Il cuore del moretto batteva all'impazzata mentre percorreva quel breve tragitto.
Sentiva i battiti affrettati pulsargli sul collo, nel petto e nelle orecchie.
Strinse gli occhi per scacciare quella paura... era come se non riuscisse a fermare il mondo attorno a sè mentre quello correva inevitabilmente nell'unica direzione che si era prefissato fin dall'inizio dunque si constrinse a ragione ed analizzare ogni dettaglio di quella situazione apparentemente senza via d'uscita.
Ma quella brava in quei ragionamenti era Hermione e lui dovette sperare che lei avesse trovato un modo per uscire di lì.

Dopo un tempo che parve a tutti e tre interminabile durante il quale poterono sentire solo il rimbombo dei passi e il fiato degli uomini alle loro spalle sul collo e vedere la flebile luce in fondo alle scale farsi più forte, vivida e vicina, finalmente fecero capolino attraverso la porta da cui proveniva la luce.

La visione che si parava di fronte ai loro occhi era maestosa: le pareti della sala erano di pura ossidiana nera e rilucente alle flebili candele appese alle pareti animate da un fuoco verdognolo come quello che splendeva nel camino a uno degli estremi di un'enorme tavolata d'ebano scuro e lucido riccamente intarsiata sugli spigoli e sulle gambe con lo stesso motivo di molti mobili pregiati dello stesso materiale.

Ma non erano soli.
In quell'enorme salone c'era schierato un intero manipolo di Mangiamorte.
Saranno stati una quindicina in tutto.
Harry riconobbe Bellatrix Lestrange che sorrideva loro insanamente in prima fila dondolando sui piedi e mordicchiando la bacchetta, Fenrir Greyback il licantropo che regalava loro un'occhiata pallida e gelida come la luna piena, ma assetata di sangue e di vite come quello di un vampiro e i signori Malfoy, seduti sul divano come per una fotografia ottocentesca.
Allora Harry capì dove si trovavano e una folle speranza gli avvelenò il cuore.

I Ghermidori li avevano portati dritti nelle fauci del lupo, nel quartier generale del Signore Oscuro: Malfoy Manor.

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Ah, vi sembrerà stupido ma... ommioddio 394 voti. Sto impazzento. Non immaginate quanto. 394.
Ary❄

My Unspoken Vertigo //DrarryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora