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20 aprile, 2016 alternativo


Quella mattina Paul si era svegliato con largo anticipo rispetto ai giorni precedenti. Nei periodi abbastanza caldi era solito alzarsi presto per andare a passeggiare nel parco, situato a pochi metri dalla sua casa.
Tra un buongiorno e un sorriso, era convinto di poter iniziare la giornata al meglio.
Vivendo da solo, durante la stagione invernale, i suoi figli gli facevano spesso visita perché convinti che il povero Paul avesse sempre bisogno di assistenza medica o di supporto psicologico.
C'era un fondo di verità in tutto ciò.
Oramai, con l'avanzare degli anni, gli capitava spesso di dimenticare perfino le cose più semplici ed elementari. I parenti chiudevano un occhio quando si scordava di spegnere il fuoco, non facevano caso alle innumerevoli volte in cui Paul non ricordava di prendere le medicine e perfino quando, spesso, si rifiutava di mangiare perché convinto di averlo già fatto.
Ma quando, una mattina di Natale, aveva dimenticato il nome del primogenito(classico lapsus freudiano, probabilmente neanche dovuto alla vecchiaia) tutti si erano seriamente convinti che l'uomo non andasse lasciato solo per più di mezz'ora.
La sua casa era diventata una sorta di base spaziale dove ciascuno aveva il suo compito. La figlia si occupava della biancheria e dei piatti da lavare; il figlio minore, essendo cuoco, cucinava i piatti più sani possibili per suo padre. Ed infine, il figlio maggiore, che solitamente traduceva in termini semplici le conseguenze e le cause della malattia da cui era affetto Paul.
Per non parlare di medici, psicologi moltissimi altri specialisti che facevano capolino alla sua porta per chiedergli come si sentisse, se avesse voglia di parlare con qualcuno.
In tutto questo, Paul si domandava soltanto perché non lo lasciassero invecchiare in pace.
Essendo ormai sulla soglia degli ottant'anni, era piuttosto normale che iniziasse a perdere colpi.
Ma no, i figli non volevano assolutamente saperne.
La sua più grande mancanza era il non avere nipoti. A nessuno dei tre figli era venuta l'intenzione di sposarsi e Paul era fermamente convinto che con qualche bambino, ragazzo o adolescente che fosse stato, la vita sarebbe andata molto più serenamente.
Almeno, tra una flebo e una iniezione, avrebbe avuto la soddisfazione di leggere favole, cantare o disegnare con un nipote.
Ma no, questo lusso purtroppo non gli era stato concesso.
Fortunatamente, quel giorno tutti gli avevano promesso di lasciarlo tranquillo.
Niente visite, niente medici.
Sarebbe stato libero di uscire da solo, senza assistenza, partecipando alla funzione domenicale.
Quel giorno per lui era molto importante.
Si alzò dal letto spegnendo la sveglia, cercando di far leva sulle gambe stanche. Riusciva ad intravedere le vene violacee che quasi uscivano dal corpo.Si impressionò un poco, ma preferì non farci troppo caso.
Si lavò con lentezza, cercando di apparire il più curato possibile. Osservò il suo viso allo specchio del bagno, rendendosi conto di non essere messo poi così male. Il contorno occhi aveva da tempo iniziato ad ingrossarsi, la pelle si mostrava debole e tendente all'incavo sulle guance pallide.
Eppure, gli occhi vispi erano rimasti, i denti di sopra continuavano ad essere sporgenti.
In fondo, era sempre l'adolescente di una volta.
E quale giorno migliore se non questo, per festeggiare la giovinezza di una volta?
Il 20 aprile ricorreva l'anniversario di morte del suo compagno d'infanzia,Eddie. I due erano stati amici per moltissimi anni, neanche un banale litigio li aveva mai separati.
Ed non aveva mai avuto molti amici, questo perché il suo carattere ribelle ed aggressivo spingeva tutti a tenerlo alla larga.
L'unico che gli era rimasto sempre e comunque vicino era proprio Paul.
Se proprio bisognava trovare una spiegazione alla fine della loro frequentazione,il solo colpevole era stato lo scorrere incessante del tempo.
Paul si era maritato ed aveva messo su famiglia, mentre Eddie era rimasto chiuso nel suo vortice di giovinezza.
Di conseguenza, i due avevano smesso di vedersi.
Paul aveva avuto notizie di lui nel corso degli anni, dagli anziani del parco che lo conoscevano anche solo di vista. Probabilmente, gli stessi dai quali aveva sentito parlare della celebrazione che si sarebbe tenuta in suo onore, a dieci anni dalla sua scomparsa.
Eddie si era finalmente sposato, in tarda età, ed aveva avuto due figlie femmine a tre anni di distanza l'una dall'altra. Entrambe avevano trovato marito, ma Paul non sapeva se l'amico avesse avuto nipoti oppure no.
Nel maggio del 2004, Eddie aveva iniziato ad avere problemi di cuore. La malattia non gli aveva dato tregua e, in pochi mesi, quello che un tempo era stato un giovane loquace e discolo era passato dal letto matrimoniale a quello di morte.
Adesso, a dieci anni di distanza, il paese aveva organizzato una messa in suo onore, per tutti i familiari, amici e conoscenti, anche se Paul era convinto che in pochi si sarebbero presentati.
L'anziano si vestì più elegante che poté, indossando un antico abito da cerimonia donatogli da suo figlio maggiore. Si pettinò, si sistemò i pochi capelli bianchi rimasti e si apprestò ad uscire di casa.
L'aria era fresca e primaverile, il caldo non era eccessivo. I pettirossi cinguettavano allegramente, sereni di incominciare una nuova giornata tanto quanto lo stesso Paul.
Si reggeva ad un bastone per riuscire a stare ben dritto, una gamba gli scricchiolava e gli doleva non poco ma tentava, per quanto possibile, di non pensarci. Avrebbe preso le medicine adeguate una volta rincasato.
La chiesa del paese era piuttosto decadente, ma di bell'aspetto. Era resistita ad ogni intemperie, perfino alla tempesta di ghiaccio avvenuta diversi mesi prima.
Il vialetto ospitava poche persone. Molti adulti, diversi anziani e qualche bambino.
Messi insieme, non arrivavano neanche ad una ventina.
Paul passò in mezzo alla folla, sorridendo e facendo cenni con il capo ai presenti.
Attraversò la pesante porta di legno, sedendosi sulle panche centrali. Non troppo in fondo come gli estranei, ma neanche alle prime file come i parenti più stretti.
La funzione iniziò nel momento in cui tutti trovarono posto. Paul osservò i presenti per tutto il tempo, domandandosi se qualcuno di loro avesse realmente conosciuto Eddie.
In particolar modo, disprezzò i discorsi di chi sosteneva di essere un amico di vecchia data. Lo descrissero come un uomo di buon cuore, sempre pronto ad aiutare gli altri, di una sensibilità particolare.
L'anziano si domandò per quale motivo, alla morte di una persona cara, la si cercasse sempre di inquadrare come fosse la persona migliore del mondo. Era ben conscio del fatto che Eddie avesse molti più difetti che pregi e inventare certe sciocchezze significava, a parer suo, insultarne la memoria.
Giunti al termine, tutti si apprestarono ad uscire e Paul, osservando le prime file, notò due donne sulla quarantina che si alzavano rapidamente dai loro posti, con grazie ed eleganza, chiacchierando con chi stava al loro fianco.
Paul le riconobbe come le sue due figlie, avendo stampato in faccia il volto di Eddie, stupendosi nel non vedere scorrere sui loro visi una sola lacrima.
Una delle due gli passò davanti ed egli sorrise, costringendola a fermarsi di colpo. Ella portò due mani affusolate alle labbra, ricambiando lo sguardo d'intesa.
«Lei è sicuramente Paul, amico d'infanzia di mio padre. Lui mi parlava molto spesso della vostra amicizia, quando ero bambina. Mi ha anche mostrato una sua fotografia! Incredibile, nonostante il passare degli anni non è cambiato di una virgola.»
«Può darmi del tu, mia cara. Sono un uomo semplice, suo padre deve averglielo raccontato.»
«Oh, ma certo.» continuò lei «Stando ai suoi racconti, eri tu la mente del gruppo. Mio padre, come saprai, non ha mai avuto la testa sulle spalle. Nemmeno in punto di morte, devi credermi, si è preoccupato di mostrare a qualcuno quel suo lato del carattere che solo tu riuscivi ad intravedere.»
«Cosa intende?» Domandò lui, divertito.
«Beh, eri il suo unico amico d'infanzia. Devi averlo conosciuto davvero a fondo per poterlo apprezzare tanto, sbaglio?»
«Sbaglia, signora. Eddie non aveva misteri per nessuno, era esattamente come si presentava. Inizialmente non sono scappato perché spinto dal desiderio di cambiarlo e, alla fine, mi sono reso conto che era praticamente impossibile. Ho cercato di stargli vicino, per quel che potevo, aiutandolo a migliorare.»
Continuarono a parlare per una manciata di minuti, rimembrando i fatti dell'adolescenza dei due ragazzi e della successiva vita matrimoniale del giovane Eddie.
La donna era alta e magra, portava una pelliccia sintetica e aveva le labbra tinte di rosso, che risaltavano il castano dei suoi capelli.
Distolse l'attenzione dalla conversazione solo quando il suo sguardo ricadde sudi una ragazzina appoggiata al muro, a pochi metri da lui.
Paul immaginò che dovesse avere pressappoco tredici anni. Era difficile capirlo, a causa del viso pallido e fragile. Si reggeva su due gambe più gracili di quelle di Paul, le braccia parevano trasparenti tanto erano magre.
All'apparenza poteva sembrare esile e nulla di più, ma andando ad osservarla con più attenzione e leggendole negli occhi, Paul si rese conto che la giovane doveva essere gravemente malata.
La sola cosa che ancora risplendeva in quel corpo quasi morto erano gli accesi occhi marroni, che sotto la luce che penetrava dalla porta di legno apparivano quasi del colore del sole.
Tornando alla realtà, si rese conto che la figlia di Eddie era scomparsa nella folla, probabilmente catturata da qualche altro amico di infanzia di suo padre,desideroso di scambiare quattro chiacchiere.
Si rese poi conto che la ragazzina lo aveva notato. Il capo era rivolto verso di lui, gli sorrideva.
Paul le sorrise di rimando. Non si sentiva in dovere di provare imbarazzo.
La giovane si avvicinò all'uomo, scostando la gente che la circondava,mostrando uno sguardo confuso.
Egli la guardò mentre si fermava a pochi passi da lui ed iniziava a parlare.
«Mi stava osservando?» disse poi, con voce sottile.
«Stavo notando il tuo vestito elegante.» affermò Paul, guardandola da capo a piedi. Portava un lungo cappotto semi aperto, con grossi bottoni neri. Sotto si potevano intravedere un vestito scuro, gambe gracili e scarpe senza tacco.
«Non sono poi così elegante. Sa, mia madre sosteneva che avrei fatto meglio a restare a casa, nelle mie condizioni.»
«Hai la febbre?»
«No, signore.» disse lei, premendo le labbra «Sono ammalata, seriamente ammalata.»
«Non vorrei sembrare inopportuno, ma sento il bisogno di chiedertelo. Perché una giovane e bella ragazza come te deve ridursi all'anoressia?»
«Non dipende da me, glielo assicuro. Ad ogni modo, mi spiace, ma non sono anoressica.»
«Immagino tu non voglia dirmi il tuo malessere, di modo che possa aiutarti.»
«No, si lasci bastare questa spiegazione.» aggiunse la giovane, porgendogli la mano «Comunque io sono Liesel, piacere.»
«Paul.»
i due continuarono a parlare, uscendo dalla chiesa e sedendosi su una delle panchine del giardinetto che la circondavano. Si lasciarono trascinare dagli argomenti più vari; dal tempo alle vacanze estive, dai libri al cinema odierno. Scoprirono entrambi di avere passione per la letteratura ottocentesca, in particolare quella francese.
Paul sperò di vederla ancora per poter chiacchierare ancora con lei.
Nonostante Liesel gli avesse rivelato di avere appena tredici anni, l'anziano non poteva fare a meno di guardarla come fosse un'adulta.
Il modo di atteggiarsi e la sua goffaggine la dipingevano come un'adolescente a tutti gli effetti, ma nel momento in cui apriva bocca, quando scandiva le parole per formulare dei discorsi, ecco che la bambina si trasformava in una donna.
La donna ideale.
Liesel sentì qualcuno che la chiamava in lontananza e così, con la poca forza che aveva, si alzò e si apprestò ad andare nella direzione di quella voce. Si voltò un istante a guardare Paul e, avvicinando il viso al suo, gli scoccò un bacio sulla guancia, allontanandosi poi rapidamente da lui e salutandolo da lontano con la mano, sorridendo.
L'uomo si ritrovò a ridere senza saperne il motivo.
Si sentiva felice.
Non vi era alcun motivo logico, questo era chiaro.
Eppure, dopo tanti anni, quella giovane era riuscita, anche se per pochi istanti, a renderlo felice.    

Lolita non l'ha mai fattoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora